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La forza del team con Elio Zoccarato

Il lavoro aziendale non può essere un one man show. La psicologia organizzativa e del lavoro ci suggerisce che i risultati migliori si raggiungono sempre in squadra.

Che cos’è il Team Building e perché è importante nelle piccole e medie imprese?

«Partiamo con il concetto che in una azienda il team di lavoro è importante, così come lo è negli sport di squadra.

In altri sport individuali, come per esempio l’automobilismo, il driver delle automobili è invece da solo. 

Il lavoro del team in azienda è quindi molto importante, deve essere fatto bene e deve essere efficace.

Il Team Building nasce dall’esigenza di aiutare un team di lavoro a stare insieme, a fare squadra e a conoscersi, sia nelle occasioni più ludiche che in quelle formative o di risoluzione di alcune criticità condivise dal cliente. 

Di fronte alle esigenze che vengono espresse dall’azienda-cliente noi, con le nostre attività, proviamo non dico a risolvere, ma a tirar fuori le problematiche e le esigenze dei partecipanti, per renderli consapevoli.»

Qual è la differenza tra Team Building, Team Working e Team Coaching?

«Il Team Building è l’attività di costruzione della squadra, cioè tutto ciò che si fa quando la squadra non è ancora formata.

Bruce Wayne Tuckman, già nel 1965, definì le fasi di sviluppo di un team all’interno dell’articolo Developmental Sequence in Small Groups:

  • Forming (fase della formazione);
  • Storming (fase del conflitto: emergono violente contrapposizioni per far valere le proprie idee);
  • Norming (fase della coesione, si definiscono regole, valori, aumenta l’identità e la motivazione e coesione del gruppo);
  • Performing (fase della prestazione: i compiti sono compresi dal gruppo che agisce); 
  • nel 1977 ha aggiunto anche la fase dell’Adjourning (fase della sospensione: svolte le mansioni, il team viene disciolto).

All’inizio ovviamente la squadra si sta formando, quindi un Team Building fa sì che le persone si conoscano di più, imparino a stare meglio insieme e fuori dal contesto del lavoro. Nella metafora del Team Building, questo può risultare più facile.

Il Team Coaching è invece l’attività in cui il Team Coach, osservando la squadra come un’entità unica, fa emergere le potenzialità di ogni membro al fine di raggiungere un obiettivo finale condiviso.

Il Team Working invece non è un semplice gruppo di lavoro ma un vero e proprio sforzo collaborativo da parte di un gruppo per completare un’attività in maniera più efficiente possibile, così che tutti si sentano responsabili delle decisioni prese e parte attiva del gruppo.»

Come si pianifica un’attività di Team Building? In base a quali criteri vengono scelte alcune attività o una location di Team Building piuttosto che altre per uno specifico team?

«Tutto dipende dalla domanda del cliente. Più il cliente (o l’agenzia che fa da tramite) ci dice quello di cui il cliente ha bisogno (sia logisticamente che come obiettivo finale) più noi siamo facilitati nel nostro lavoro, perché una volta che si conosce un chiaro obiettivo si sa allora dove andare. Una barca che va nel mare ma non ha un porto e non sa in che porto andare, continua a girare.

Conoscendo la direzione in cui andare, noi proponiamo con cognizione di causa quelle che sono le attività più giuste per quel tipo di obiettivo. L’obiettivo è il punto di partenza, sempre.»

La mentalità delle piccole e medie imprese italiane è ancora un po’ restia al concetto di Team Building. Come mai?

«In realtà da alcuni anni c’è stata un’inversione di tendenza. Ci sono ancora molte aziende che non credono nella forza delle attività di Team Building, ma ultimamente, dopo la pandemia, è scattato qualcosa: la voglia di vedersi, di stare insieme e di starci in maniera più consapevole. Quindi c’è molta più richiesta di formazione o comunque di coaching all’interno dell’attività, proprio per entrare dentro le dinamiche delle squadre che ci chiamano e con cui lavoriamo, e per avere qualcosa che rimane dopo l’attività del Team Building

Quanto costa realizzare un’attività di Team Building e perché questo strumento viene utilizzato maggiormente dalle imprese più grandi?

«Dipende, perché se ti chiedono di organizzare grandi eventi, come ci è successo con un’azienda che per il suo cinquantenario ci ha richiesto di fare una regata velica con due barche transoceaniche per due giorni a Santa Teresa di Gallura, quello ovviamente ha un costo elevato. Per un’altra azienda abbiamo realizzato un escape game con powerboat e canoe e abbiamo finito il tutto con l’approdo su un’isola, sempre in Sardegna, avvalendoci di guide e survivor.

Quindi se c’è questo tipo di Team Building, ovviamente la spesa di investimento si alza. Ma ci sono tanti range possibili, dipende dalla richiesta del cliente. 

Ad esempio, un Team Building di improvvisazione teatrale o un Team Coaching che possa sfruttare delle small technique per trovare quelle che sono le dinamiche di squadra, anche per squadre piccole, ha un costo molto inferiore.»

Quali sono i principali motivi per i quali le aziende si rivolgono a te?

«Stare insieme, trovare la fiducia tra i partecipanti, trovare un senso di responsabilità verso gli altri e verso il proprio ruolo, superare la paura del conflitto.

Che poi sono tutte cose che si trovano nella Piramide di Patrick Lencioni in cui sono elencate le cinque disfunzioni della squadra, che partono, alla base, dalla mancanza di fiducia, per poi arrivare alla paura del conflitto e alla mancanza del senso di responsabilità. Il fatto di non sentirsi tutt’uno con l’azienda dà grossi problemi, anche nella relazione con gli altri.»

Quali sono i benefici di un percorso di Team Building e dopo quanto se ne colgono i frutti? 

«Se l’obiettivo dell’azienda committente è la fiducia, il Team Building adotterà un format tale per cui i partecipanti siano stimolati nell’avere o nel dare fiducia agli altri. Se l’obiettivo è il feedback, i partecipanti saranno stimolati a dare, ricevere o chiedere feedback agli altri. Quindi dipende sempre dall’obiettivo, di conseguenza dalla domanda e quindi da quello che noi possiamo dare in stretta relazione a ciò che ci viene chiesto.»

Qual è la durata media di un’attività di Team Building? Sono percorsi strutturati da far svolgere con continuità al team o anche one spot?

«Il più delle volte si tratta di due, tre, quattro ore al massimo. Si arriva poi anche ad una giornata intera, nel caso per esempio di un Team Building preparatorio e formativo, dove si utilizzino queste small technique, con un debrief a caldo per far scaturire quelle che sono le dinamiche della squadra e per poi accedere ad un Team Building più strutturato, più articolato. Vuoi il painting, vuoi il film, vuoi realizzare un video, vuoi… Tanti sono i format, ne abbiamo più di 100!

Quindi si parte da una mezza giornata di solito, per arrivare ad una giornata intera fino a più giornate. 

Per un cliente abbiamo addirittura schedulato un appuntamento a settimana per ogni settore dell’azienda e ogni settore ha preparato anche al suo interno, con appuntamenti organizzati solo tra di loro, oltre che con noi coach, quello che poteva essere il lavoro del Team Building. Questo lavoro è durato mesi ed è stato poi presentato all’interno di quello che è stato il meeting dell’azienda, anche qui con dei video illustrativi, ovviamente realizzati molto bene, nei quali hanno lavorato loro in tutto e per tutto, inclusi il montaggio e la scelta della colonna sonora. Quindi più si lavora e più sicuramente il prodotto finale è soddisfacente, perché più articolato, pensato e studiato. 

Però anche la mezza giornata accende quella fiammella sulla quale poi, se soffiamo e disponiamo di abbastanza legna, può accendersi un bel fuoco.»

Quali sono le principali criticità che hai incontrato in un’attività di Team Building? Ti è mai capitato, durante la tua carriera, di dover gestire un team “difficile”, in cui le persone facevano fatica ad amalgamarsi e a cooperare? 

«Sì, capita senz’altro. Il tutto dipende anche da noi e dalla nostra capacità di coinvolgerli nelle attività. Purtroppo, devo dire, che questa cosa, quando capita, dipende spesso dal fatto che il committente voglia fare, per forza, un’attività perché gli piace. Ad esempio: sceglie il tiro con l’arco perché lui è un amatore del tiro con l’arco, o il softair perché a lui piace e così via.

Spesso il committente non ha comunicato bene con chi lavora per lui. Magari i suoi dipendenti vogliono tutto tranne proprio quello che lui ha chiesto.

Quindi innanzitutto è importante come prima cosa che l’azienda committente abbia un obiettivo, come abbiamo già detto, che parli con i propri dipendenti e che faccia il brief iniziale con noi.

Nel brief iniziale infatti noi poniamo al committente delle domande: Qual è il vostro obiettivo? Cosa avete già fatto come attività di Team Building? Volete un’attività indoor o outdoor?

Avere solo queste e molte altre informazioni dal committente porta ad arrivare nel momento del Team Building in una situazione in cui tutti possano essere felici di partecipare alle attività fin da subito.»

Il gioco è una cosa seria, anzi, tremendamente seria, questa una delle citazioni presenti sul sito di Sunny Way.

Qui viene sottolineata l’importanza del gioco e della didattica esperienziale, con esso le attività si imparano più in fretta ed in maniera più piacevole, anche in età adulta.

Perché il gioco è quindi una parola chiave?

«Innanzitutto partiamo dal presupposto che in ognuno di noi vivono ancora il bambino o la bambina di un tempo, vanno solo riscoperti!

I bambini, quando giocano, sono molto seri, al contrario di molti adulti che, a volte, prendono sottogamba o ridicolizzano le attività del Team Building.

Una volta che si prende sul serio il gioco, ci si mette in gioco. Il mettersi in gioco vuol dire andare verso gli altri, essere disponibile a vivere questa avventura e questa attività insieme.

Non a caso noi facciamo molti Team Building anche con LEGO®, disponendo di trainer certificati LEGO Serious Play®. Fate attenzione al nome LEGO Serious Play® che sottolinea l’importanza della serietà del gioco. Perché i LEGO® sì sono mattoncini, ma dal mattoncino si può arrivare a tantissime dinamiche interessanti.

Non a caso gli inventori del LEGO Serious Play® dicono che si parla con le mani. Quindi pensate a quante cose può far scaturire un gioco fatto seriamente.»

To kick off vuol dire calciare. Che cos’è il Kick Off Team Building e come si svolge?

«Il calcio è proprio la metafora di un lancio. E quindi il Kick-off Team Building è il Team Building che si fa nei casi in cui il cliente ha un lancio di prodotto o lancia i nuovi pillar e i nuovi valori della propria azienda. Oppure spesso e volentieri all’inizio dell’anno annuncia con un meeting quelli che sono i propositi dell’anno nuovo.

Quindi è anch’esso un’attività di Team Building e noi offriamo un tipo di attività che possa essere “energizzante”, che possa dare anche uno sprint e una “spinta” a quelli che sono i partecipanti.»

Che qualità desideri abbiano i tuoi collaboratori? Immagino sicuramente una buona dose di creatività ma anche di psicologia…

«Sicuramente sì, ognuno con dinamiche, abilità e soft skill diverse rispetto a quello che è il suo ruolo.

Quindi, per esempio, alle persone che lavorano nel settore delle vendite chiedo una certa abilità “psicologica” nel capire che cosa vuole il cliente, perché, come ti dicevo prima, la direzione di alcune aziende magari ci chiede delle cose che poi il gruppo non vuole fare. Quindi è importante capire se le domande sono fatte dalla direzione o da lei a nome di tutti. 

La stessa profondità psicologica è richiesta nel settore della produzione, perché quando vai a lavorare devi avere l’empatia giusta per rapportarti con i partecipanti nel modo migliore per far sì che cresca questa voglia di stare insieme.

E quindi chi meglio di noi può innescare questa scintilla? Siamo tutti un po’ coach, un po’ formatori, un po’ psicologi, ma come penso tutti, nella vita normale e giornaliera, dovrebbero esserlo.

Un piccolo consiglio che vorrei dare è quello di essere più disponibili a conoscere l’altro, di osservare e ascoltarlo di più e sicuramente saremo più psicologi proprio perché avremmo capito di più l’altro che ci sta davanti.

L’ascolto è una qualità molto importante che arricchisce soprattutto l’ascoltatore stesso.»

Break the ice vuol dire rompere il ghiaccio. Cosa sono gli Ice Breaking?

«Attività nelle quali si “rompe” il ghiaccio. All’inizio delle attività il gruppo è ancora un po’ intimorito o addirittura infastidito perché non sa quello che andrà a fare e ha paura di scoprirsi e mostrarsi.

Gli Ice Breaking sono esercizi classici che servono per sciogliersi, per stare insieme. Infatti non a caso noi abbiamo un format che ha diversi Ice Breaking e diverse small technique.

Le small technique sono dei mini Team Building di 20 minuti in cui i partecipanti cambiano sempre squadra e quindi hanno modo di conoscere praticamente tutti. Una volta sono in squadra con una persona, una volta con altre, una volta con altre ancora. E quindi si crea un affiatamento corale, un affiatamento di gruppo e questo fa sì che poi, una volta che si sia creata questa dinamica di gruppo, si possa andare a fondo con un’attività più articolata.»

Elio, ci fai un esempio di attività di Ice Breaking?

«La Marshmallow Challenge: è un Ice Breaking molto semplice in cui si hanno 20 spaghetti, un metro di spago, un metro di nastro carta e un marshmallow.

L’esercizio è creare una costruzione autoportante, quindi che non sia attaccata a nulla, non attaccata al tavolo. La costruzione deve essere realizzata con gli spaghetti, lo spago e il nastro di carta e deve essere più alta possibile. C’è un un solo vincolo: che il marshmallow sia in cima alla costruzione.

Questo che sembra un giochino semplice ma è stato un oggetto di studio di una persona, Tom Wojcik, che ha fatto questo studio in tutto il mondo e si è reso conto che alcuni sono riusciti ad entrare bene nell’atmosfera di questo gioco, altri, molti altri no.

Volete sapere chi è uscito molto male da questa sfida? Gli studenti dei Master, ebbene sì, che hanno fatto delle torri di spaghetti molto corte e molto basse.

Sapete invece chi sono stati quelli più brillanti di tutti? I bambini dell’asilo, e qui ritorniamo al concetto di gioco “serio”. I bambini dell’asilo non hanno sovrastrutture, vanno avanti a prototipi, e quindi a tentativi e prove.

Invece, il più delle volte, le squadre di adulti perdono tempo a parlare tra di loro, perché stressati dalla paura del tempo che scorre, avendo solo venti minuti a disposizione. Parlano, parlano e parlano e solo alla fine mettono il marshmallow. Il marshmallow pesa e quindi fa crollare tutta la torre.

Questa è un po’ l’essenza di quello che è l’Ice Breaking, che in pochi minuti ti fa capire se la dinamica della tua squadra è funzionale o disfunzionale.»

Elio, raccontaci uno dei casi di successo più eclatanti e più interessanti che hai sperimentato in Sunny Way.

«Direi la prima volta, perché ormai l’abbiamo fatto tante tante volte, la prima volta che abbiamo fatto un call to painting, quindi un Team Building di pittura. Era un bel gruppo, di circa 600 persone.

Abbiamo diviso le 600 persone in 60 squadre da 10. Abbiamo messo a disposizione delle tele da pittore da due metri per due. Ogni squadra aveva all’interno un pittore professionista selezionato da noi: artisti validi e capaci di essere empatici, per poter comunicare il relativo discorso artistico in quel poco tempo che avevano per farlo.

Le tele avevano già dei tratti pre-disegnati e noi abbiamo consegnato loro i colori. I nostri pittori li aiutavano a giocare e a mescolare i colori primari: blu, giallo e rosso. Le squadre avevano precedentemente visto dei fogli con dei colori e dovevano riprodurre, con i colori primari, quei colori, creando dei quadri astratti e rimettendo il colore all’interno di questi spazi.

Alla fine del Team Building abbiamo fatto loro i complimenti per i bellissimi quadri dipinti e li abbiamo spediti a godersi il meritato coffee break, dandogli appuntamento dopo una mezz’oretta. Dopo ci saremmo rivisti per assistere ad una grandiosa galleria d’arte con l’esposizione di tutte le loro tele.

Quando sono tornati non hanno visto nessuna galleria d’arte, ma solo un grandissimo telo con il logo del cliente. A quel punto ho detto loro: voi tutti avete fatto una bellissima opera d’arte, ma insieme avete creato un capolavoro. 

Musica in sottofondo, luci d’effetto, il telo scende: davanti a loro vedono un Picasso di 120 metri quadri. Ognuno di loro aveva dipinto un tassello de “Le Donne di Algeri” di Picasso.

Ogni singolo componente di ogni squadra era stato necessario e importante affinché il quadro fosse completo. Ogni squadra aveva contribuito a creare solo un piccolo pezzo della tela, e solo insieme alle altre squadre recuperava tutta la sua importanza, solo insieme a tutti gli altri creava un capolavoro perfetto e integro. Il momento in cui è sceso il telone a mostrare il quadro è stato il momento più emozionante per tutti, ci sono persone che hanno pianto anche dalla commozione. 

Tutti a fotografare, tutti a dirsi ma che cosa abbiamo fatto? 

Subito dopo il CEO ha fatto il suo intervento, raccontando quanto fosse evidente l’importanza di sentirsi parte di un team, nonostante fossero tutti rappresentanti di agenzie assicurative, quindi ognuno lavorava per sé, anche se per lo stesso brand.

Qui il CEO ci aveva comunicato un chiaro obiettivo: un team building che accomunasse tutti i dipendenti, che li facesse sentire tutti piccoli grandi tasselli di un’entità più grande di loro, il brand aziendale, che proprio da loro era composto.»

Parliamo di futuro: trend di Team Building 2024: verso quale direzione stanno andando i nuovi Team Building? Quali format più innovativi e più richiesti?

«Con grande fierezza ti parlo di due tendenze dell’ultimo periodo. 

Una è la CSR, ossia la Corporate Society Responsibility: le società si rendono conto di avere una responsabilità sociale, quella di aiutare chi è più sfortunato, e quindi da qui nascono volontà come quella, durante un meeting,  di costruire biciclette da regalare a bambini che non hanno la possibilità di acquistarle.

Noi di Sunny Way, per conto di Solar Buddy, un’associazione no profit, organizziamo dei workshop in cui facciamo costruire lampade solari ai nostri partecipanti, che vengono bendati e aiutati da altri in questa impresa.

Queste lampade solari non servono per futili motivi, per una gita fuori porta o per la barca a vela, queste lampade solari sono lampade che si caricano di giorno e di sera e di notte aiutano gli studenti dei paesi più poveri del mondo a vedere, poiché ci sono tantissimi paesi dove di notte non c’è luce e regalare una lampada solare vuol dire regalare dieci ore di luce ogni sera e ogni notte a una famiglia.

Questo per dirti cosa vuol dire avere una responsabilità sociale.

Sempre più aziende aderiscono a questo progetto, sempre più aziende vogliono donare.

Anche il Green è un elemento molto importante: la settimana scorsa abbiamo piantato 250 piante al Parco Nord a Milano che fa un lavoro fantastico per far rivivere dei pezzi di terreno incolti e abbandonati con questa nuova piantumazione.

Questi sono solo due esempi per dirti quanto le aziende tendano sempre di più alla sostenibilità e al sociale.»

Dove si trova l’ispirazione per creare questa attività di Team Building e di squadra?

«Come dicevo prima è centrale il discorso dell’importanza dell’ascolto, del vedere, dell’essere curiosi, del non finire mai di studiare: osservare quello che è il mondo intorno a noi, le necessità di esso e delle aziende. Ora che per esempio nelle aziende è forte la spinta al movimento verso l’inclusione (razze, sesso, colori, politica, sociale), noi già proponiamo Team Building che abbiano questo obiettivo, questo tema. Diciamo che da buoni ascoltatori ed osservatori teniamo sempre ben dritte le “antenne” per captare queste necessità. Ed è l’osservazione del mondo intorno a noi che ci aiuta a decifrare quali sono i nuovi format da proporre.»

Elio Zoccarato è un Coach professionista qualificato AICP: ha infatti frequentato la Scuola di Coaching FYM approfondendo il metodo strategico di Giorgio Nardone.
Come coach è in grado di valutare le esigenze di performance organizzative relative alla formazione e allo sviluppo di competenze.
È un costruttore di squadre, un motivatore e un mentore con solide capacità di comunicazione e public speaking.
Esperto nella progettazione e realizzazione dei programmi di sviluppo e crescita del personale, è in grado di progettare e realizzare un programma di coaching e team coaching, chiamato a intervenire nei momenti difficili delle aziende, nella gestione del cambiamento, nelle fusioni o acquisizioni, nelle crisi dei team di progetto.
Un professionista energico e coinvolgente, con un tocco imprenditoriale e un talento per la risoluzione creativa dei problemi. La sua abilità più forte risiede in un concetto chiave: non si smette mai di imparare.
Le sue specializzazioni sono: Coaching, Team building, Team Working, Team Growing, Leadership, Progetti di crescita, Problem solving, Public Speaking Trainer.

Elio Zoccarato è inoltre founder dell’azienda “Sunny Way”, nata nel 2000 come specialista della formazione esperienziale dove vengono offerte consulenze ad hoc per le aziende, con proposte di formazione e Team Building. Dalle attività virtuali a quelle outdoor, offre format unici che uniscono innovazione e coinvolgimento, progettando ogni dettaglio per rendere ogni team building un successo.

Cover: “Donne di Algeri (“Le femmes d’Alger”)”, versione “O”, dipinto a olio su tela (114×146 cm) realizzato nel 1955 dal pittore spagnolo Pablo Picasso. Appartiene alla Ganz Collection di New York.

Antonella D'Amato
Una giovinezza passata al liceo Classico, tra il profumo delle pagine dei libri di greco e latino; ad oggi una laurea in Comunicazione Spettacolo & Media, e attualmente un Master in Gestione delle Risorse Umane. Fin da piccolissima appassionata di moda e di tutto il suo indotto, lavora da sempre per una casa di moda milanese. Si definisce una donna poliedrica, dall’anima profonda ma dal cuore leggero, in continuo fermento. Amante della scrittura, della psicologia e del canto; le sue passioni riguardano tutto ciò che sia capace di generare conoscenza, emozioni e connessioni. Crede che nella vita il dono più grande di cui far tesoro sia la possibilità di esprimere se stessi, che non sia mai troppo tardi per farlo, e che la scrittura sia uno dei più potenti e meravigliosi mezzi per riuscirci. Si definisce una ”scrittrice tradizionalista”, ancora non troppo convinta di cedere la penna in favore della tastiera. Il suo mantra è una fusione tra due detti di personalità d’epoche diverse: “Always be curious” (Manolo Blahnik, stilista spagnolo) e “Sic itur ad astra” (Virgilio, Eneide).

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