Le cellule tumorali hanno bisogno di energia, molta più delle cellule normali. Perché devono crescere velocemente e spesso in un ambiente che per le cellule sane sarebbe ostile, povero di ossigeno o poco irrorato dal sangue. Per procurarsi l’energia di cui hanno bisogno, molte cellule tumorali riorganizzano il proprio metabolismo: così sono meno dipendenti dalle risorse fornite dall’organismo e possono crescere più in fretta.
Una ricerca dell’Istituto di biologia e patologia molecolari del Cnr ha scoperto una molecola che va a colpire proprio questa dipendenza energetica, bloccando i meccanismi di riciclo delle proteine e di riproduzione delle cellule tumorali. Ne abbiamo parlato con Francesca Degrassi, la ricercatrice che ha coordinato lo studio pubblicato su Autophagy.
Come è nato il suo interesse per questo campo di ricerca?
«Sono una genetista di formazione, laureata alla Sapienza. All’inizio della mia carriera mi sono occupata di studiare gli effetti degli agenti ambientali sul genoma. Poi mi sono spostata a studiare i meccanismi della mitosi, il processo che distribuisce i cromosomi al momento della divisione cellulare.»
Quale è il legame tra mitosi e tumori?
«Un’alterazione nella mitosi può portare allo sviluppo di un tumore.
Nei tumori, HEK1 è fortemente alterata e questo la rende un possibile bersaglio terapeutico: noi siamo partiti da questa idea e abbiamo identificato una piccola molecola, SM15, che interagisce con questa proteina.»
Come funziona questa nuova molecola?
«In un primo lavoro abbiamo visto che SM15 blocca la segregazione dei cromosomi durante la divisione mitotica. Avevamo anche notato, però, che alcune delle cellule trattate morivano durante l’interfase, cioè la fase precedente alla mitosi, in cui le cellule duplicano il DNA e aumentano la propria massa. Abbiamo cercato quindi di capire meglio il perché.»
E cosa avete scoperto?
«SM15 va a bloccare uno dei processi fondamentali dell’interfase, l’autofagia. È un processo cellulare ubiquitario nelle cellule, deputato al riconoscimento e al riciclo delle proteine invecchiate o alterate, grazie al quale i componenti vengono riutilizzati per produrre nuove proteine funzionali.»
Quindi le cellule mangiano se stesse?
«Possiamo dire che le cellule riciclano i componenti delle proteine che non gli servono più: in questo modo, possono crescere in maniera regolare e mantenere l’omeostasi. Ma questo meccanismo è anche fortemente attivato nelle cellule tumorali che hanno un metabolismo veloce e richiedono molta energia.»
La vostra molecola riesce a bloccare l’autofagia?
«Abbiamo visto che SM15 agisce sulla proteina SNAP29, la quale fa da ponte tra il materiale da degradare e i lisosomi, gli organelli che smantellano le proteine. La nostra molecola quindi ha una duplice funzione: in interfase blocca l’autofagia, in mitosi blocca la segregazione dei cromosomi e quindi la divisione cellulare.»
Non dovrebbe avere un effetto tossico anche sulle cellule sane?
«No, per due motivi. Il primo bersaglio di SM15, la proteina HEK1, è espressa nei tumori in misura maggiore rispetto alle cellule sane. Per quanto riguarda l’autofagia, invece, dobbiamo considerare che nelle cellule normali esistono meccanismi multipli per regolare l’omeostasi, che possono supplire temporaneamente al blocco dell’autofagia. Nei tumori la situazione è molto diversa: alcuni dipendono esclusivamente da questo processo per sopravvivere. come il glioblastoma e gli adenocarcinomi duttali pancreatici.»
Quali esperimenti avete fatto finora?
«La molecola è stata testata su modelli cellulari, ma anche su topi. Abbiamo impiantato le cellule tumorali sotto la cute degli animali e queste hanno formato una massa tumorale che abbiamo misurato nel tempo. La crescita del tumore era molto evidente nei topi non trattati, mentre in quelli trattati con la molecola le dimensioni rimanevano stabili nel tempo.»
Questo tipo di ricerca potrebbe portare a una nuova terapia contro il cancro?
«Noi siamo ancora in una fase preliminare, ma grazie a questo lavoro abbiamo fatto sì che la comunità dei ricercatori potesse avere questa informazione e speriamo che qualcuno possa raccoglierla e approfondire con nuovi esperimenti.
Dobbiamo però ricordare che la discrepanza tra il numero di molecole identificate come potenziali antitumorali e quelle che poi vengono realmente approvate è enorme.»
Un commento sul ruolo delle donne nella scienza.
«Penso che formalmente non ci sia una preclusione nei confronti delle donne. Ma per come è strutturata la società italiana spesso è molto difficile portare avanti una carriera impegnativa e in parallelo una vita familiare. Nelle coppie più adulte resiste ancora una mentalità di tipo tradizionale secondo cui sono le donne a occuparsi dei figli e della casa molto più dei compagni, anche avendo tutti e due lavori impegnativi e coinvolgenti.»