Ann Tilman è un HR Business Partner con un’esperienza ventennale nel settore delle risorse umane.
Esperta in tutti gli aspetti della materia: organisation, development, recruiting & selection, culture building, performance management e value creation.
Ann, durante la sua carriera, è stata in grado di portare alla luce un binomio davvero interessante, ancora troppo poco indagato e approfondito dalle organizzazioni aziendali, ossia il benessere psicofisico mentale degli impiegati e la tecnica del mindfulness in natura.
È infatti una MBSR Trainer (Certified Mindfulness Based Stress Reduction) ossia un’insegnante di tecniche di Mindfulness, volte a ridurre lo stress quotidiano.
Fondatrice di Foresterra, il suo scopo è quello di incoraggiare le persone a riconnettersi con la natura per ritrovare relax ed equilibrio.
Una delle sue frasi-motto è:
«Sono convinta che le persone siano capaci di più di quanto pensino. La mia sfida principale nella vita è stimolare le persone a esplorare e usare il loro pieno potenziale.»
Ann, tu vanti un’esperienza davvero lunga e una grande carriera nel settore HR. Cosa ti ha affascinato di questo mondo tanto da farne il lavoro della tua vita?
«Ho da sempre avuto una passione per le lingue e per l’Italia. Ho infatti studiato lingue, tra cui l’italiano, e ho fatto un Erasmus a Firenze, il quale mi è piaciuto molto. Fu proprio da quella esperienza che ho iniziato a fare ricerche sul mercato dell’HR. In quel periodo insieme ad altri due partner ho fondato la nostra società nella quale uno di questi era il responsabile del settore vendite, l’altro si occupava di consulting e io mi sono dedicata fin da subito alle persone che ci lavoravano. L’azienda si è ampliata fin da subito, passando da una decina di persone fino ad arrivare a circa 50 dipendenti. In quel momento è stato necessario creare una vera e propria gestione del personale e da quel momento mi sono formata sempre di più nel settore, focalizzandomi soprattutto sul benessere degli impiegati.
Negli anni ho lavorato in diversi settori, tra cui anche quello culturale; ad oggi mi occupo principalmente dei bisogni dei lavoratori.»
Quale è stata la maggiore criticità che hai dovuto affrontare nella gestione organizzativa delle risorse in azienda?
«La difficoltà maggiore è stata soprattutto essere il ponte tra la direzione e i dipendenti che lavorano nell’organizzazione perché tutto dipende dalla cultura dell’azienda. Se il responsabile del personale è coinvolto nella gestione dell’organizzazione della società o no. Ho lavorato in sette organizzazioni, tutte con culture diverse e talvolta la direzione prende delle decisioni che il responsabile del personale deve trasmettere o mettere in pratica anche se non totalmente d’accordo.
Attualmente un’altra difficoltà è la collaborazione intergenerazionale: ci sono tante generazioni coinvolte nell’organizzazione e cooperare con tutti rimane una sfida abbastanza importante.»
“Look deep into nature and then you will understand everything better”, Albert Einstein. Questa è una delle citazioni che troviamo all’interno del tuo sito Foresterra. Abbiamo detto che tu sei la fondatrice del concept Foresterra e mentor del FTI (Forest Nature Institute). Qual è stata la tua fonte d’ispirazione per la creazione di Foresterra e da dove è nata la tua necessità di questa partnership con la natura?
«Inizialmente volevo occuparmi di ecoturismo, attraverso l’organizzazione di viaggi in Italia. Ho fatto quindi una ricerca di mercato e ho scritto un business plan. Nel 2017 però ho scoperto il mondo del Forest Bathing, una pratica chiamata Shinrin Yoku, proveniente dal Giappone. Era proprio l’inizio e ho da subito cercato un’organizzazione, un istituto dove potevo formarmi. Ho quindi cominciato la mia formazione presso la ANFT, American Association of Nature and Foresterra, perché in Giappone non c’erano scuole in inglese.
Ero già un’appassionata di yoga, una pratica che come sappiamo coinvolge anche il mondo della respirazione e della meditazione. Non avevo uno scopo specifico come nel mio lavoro di responsabile del personale, anche questo è stato un processo abbastanza naturale che si è sviluppato pian piano in modo sempre più pragmatico. In quel periodo ho riscoperto anche la natura. Sono nata e cresciuta in mezzo alla natura ma sono già una trentina di anni che vivo ad Anversa, in città, con un bel giardino.
Quello che ho scoperto camminando in mezzo alla natura, in solitudine e nel silenzio, rallentando i ritmi, è un mondo nuovo, ed è proprio questo seme che ho cercato di coltivare insieme ai partecipanti delle sessioni di Forest Bathing o con gli impiegati della mia azienda con i quali lavoro.»
Su Foresterra si parla di Mindfulness, una pratica buddista per risvegliare la nostra coscienza e osservare il presente senza dare giudizio. La tecnica che viene utilizzata è la MBSR: Mindfulness Based Stress Reduction. Ci spieghi in cosa consiste? Possono praticare tutti il Mindfulness?
«Ci sono tante definizioni su che cosa siano il mindfulness e la meditazione.
Siamo tutti in modalità autopilot, cerchiamo sempre il conforto ma anche il disagio. Possiamo imparare molto dal concetto di resilienza.
Può essere molto bello scoprire e praticare il mindfulness in un contesto sicuro, come per esempio a casa o in natura, in modo da riuscire a fronteggiare le difficoltà in momenti di stress e poter ritornare in questo stato di tranquillità.
Le parole chiave sono tirar fuori e praticare. Quando guido delle persone in una passeggiata di Forest Bathing, ad esempio, non è che io gli spiego come devono fare mindfulness, non è un concetto di tipo cognitivo. In realtà abbiamo tanta saggezza dentro di noi, si tratta solo di imparare a praticare l’arte, di tirarla fuori ed è questo che succede durante un corso di mindfulness o di Forest Bathing. Io posso spiegare e dire come si fa, ma il processo si arresta poi non quando non si pratica: più si pratica e più se ne sentono i benefici.
Si può fare ogni cosa in modo mindful: mangiare, caricare la lavatrice, passeggiare in bici, camminare, ecc. Ci vuole del tempo, è vero, ma si tratta di fare delle scelte e dopo un po’ si scopre anche una specie di libertà di scelta, o per lo meno questo è quello che vedo io.»
Qual è stata la scintilla da cui è partita la tua rivoluzione, il tuo cambiamento, Ann?
«Ad un certo punto della mia vita credo di aver ritrovato la mia voce e di aver riscoperto me stessa. Prima pensavo troppo a dare sempre la risposta giusta e ho passato un paio di anni nei quali vivevo tutto in modo molto result oriented, con un risultato fisso o uno scopo fisso di fronte a me.
Devo dire che sono anche rimasta sorpresa di aver scoperto questo potenziale dentro di me e sono anche convinta che esso si trovi in ognuno di noi! Sono quindi convinta che, con un po’ di aiuto, questa rivoluzione possa accadere in ogni persona, poiché è una dimensione che è già dentro di noi, si tratta solo di sperimentare, di prendersi il rischio di fare qualcosa in un modo diverso.
Si scoprirà che anche il mondo reagirà in modo diverso a noi, si aprirà una nuova dimensione molto ricca.»
Sul tuo sito parli anche di Resilienza, letteralmente la capacità di subire un urto senza rompersi, ossia riuscire a superare un problema o un trauma mantenendo la propria integrità psicofisica. Come si riesce a metterla in pratica?
«Non so se conoscete il libro Full Catastrophe Living, di John Kabat-Zinn: lui è il fondatore del MBSR, del Mindfulness Based Stress Reduction, ed ha una forte impronta di tipo buddista. L’autore racconta la situazione di una catastrofe completa, dove, guardando le difficoltà negli occhi, si impara e si cresce. Si tratta di non voler correggere troppo velocemente tutto quello che non ci piace, ma di osservare, di imparare e di guardare quali potrebbero essere i vantaggi di questa piccola o grande crisi che si sta vivendo.
Lui parla di sette attitudini.
- La beginner’s mind, la mente del principiante, ossia, avere di fronte ad ogni situazione, un’attitudine di apertura, come se fosse la prima volta che ci si trova a d osservare quel momento: in questo modo si vedranno sempre le situazioni con occhi nuovi, scoprendo diverse possibilità.
- Il no-striving: la pazienza di non voler direttamente arrivare alla fine per vederne il risultato, il non non voler correre, la costanza di vedere come le cose si svolgono.
- Il no-judging, ossia il non essere giudice, né degli altri e né di se stessi.
- Acceptance & Letting-go: forse sono termini un po’ difficili da proporre ad una persona che sta soffrendo, ma se si prova ad affrontare quello che sta accadendo in questa maniera si avrà la possibilità di guardare quello che succede in un modo diverso e non subito, ma col tempo, si scoprirà che esiste un caleidoscopio composto da diversi lati colorati e possibilità.
Ed è bello sentire una specie di libertà, la libertà di vivere e di scegliere, ecco.»
“The forest is the therapy, the forest opens the door”, per riportare una delle frasi presenti sul tuo sito Foresterra.
Ann, tu hai introdotto in Italia la pratica del Forest Bathing, aka Shinrin-yoku, termine giapponese sviluppatosi nel 1980, che significa “immergersi nell’atmosfera della foresta”. Come avviene un “bagno di foresta” e qual è il tuo ruolo come guida ANFT (Association of Nature and Forest Guide)?
«La guida apre la porta alla natura che fa poi il suo lavoro. Io, in qualità di guida, non voglio intervenire troppo in questo processo, l’importante è l’introduzione, ossia far sentire i partecipanti a proprio agio spiegando loro bene di che cosa si tratta.
È molto difficile descrivere che cos’è un bagno di foresta perché è un’esperienza molto personale, soggettiva, dove lo scopo non è ottenere un risultato o un sentimento specifico alla fine. Per ognuno dei partecipanti è un’esperienza diversa, non posso neanche garantire che sarà un successo ma che sicuramente sarà un’esperienza un po’ diversa da quello che tipicamente facciamo quando andiamo a camminare nella natura con gli amici, dove si parla del lavoro e dei figli, ma non ci si guarda intorno, non si contempla in silenzio, non si ha neanche la possibilità di rallentare.
Nell’introduzione al bagno di foresta, oltre a parlare delle caratteristiche del rallentare, del silenzio e della contemplazione, spiego anche che sono secoli, migliaia di secoli, in cui la gente sta benissimo a contatto con la natura, e che tutto ciò è stato perso a causa della nostra società molto tecnologica e cittadina. Dopo questa introduzione non intervengo più, alla fine c’è sempre la possibilità di poter discutere l’esperienza ma durante il percorso, che dura più o meno tre ore, io propongo degli inviti: non sono esercizi o compiti, ma sono degli inviti poiché niente è giusto o falso e si ha la facoltà di scegliere se accettare l’invito o no. Se la proposta che faccio non piace, si può anche semplicemente fare una passeggiata, fa parte del self-care, della cura di se stessi che molte persone devono riscoprire o addirittura imparare. Dopo ogni invito il gruppo ha la possibilità di comunicare, di scambiarsi opinioni e osservazioni su cosa è successo e che cosa viene osservato.
Ecco, questo è più o meno come un bagno di foresta si sviluppa in natura.
Si può anche fare un bagno di foresta al mare per esempio! Ci sono le dune di sabbia, c’è il mare, c’è il vento, e attraverso i nostri sensi si possono scoprire i diversi suoni e gli odori. Tutto ciò aiuta le persone a entrare in connessione con la natura in modo strettamente personale perché ogni individuo ha un modo di sentire differente, con i propri cinque sensi: c’è chi vede in modo più acuto, c’è chi invece ha un olfatto molto più sviluppato.
Ci sono anche degli inviti con i quali chiudiamo gli occhi e torniamo all’interno di noi stessi. Beh, sarebbe bello un giorno venire in Italia e poter offrire un bagno di foresta perché c’è tanta bella natura nel vostro paese!»
Tu sei già stata qui in Italia se non sbaglio Ann, vero?
«Sì, certo, ho visitato l’Italia sia del Nord che del Sud. Inoltre ho tenuto dei corsi di formazione come guida del Forest Bathing e ho anche organizzato un ritiro di tre giorni di Forest Bathing e mindfulness in Puglia.»
Quali sono i benefici di un bagno di foresta? Alla fine dell’esperienza si sentono già i benefici di questo percorso o arrivano dopo? Come funziona?
«Secondo me i benefici si sentono già alla fine della giornata. lo chiedo sempre ai partecipanti, alla fine dell’esperienza, per chiudere il cerchio, di esprimere con una parola come si sentono o che cosa si portano a casa.
Gran parte delle persone dice di sentirsi rilassata, altre che sono stanche, altre ancora che sentono grande energia e vitalità, o ambedue le cose.
Si parla di un vero e proprio effetto boost per il nostro organismo e per il sistema immunitario.
Qui in Europa si mette soprattutto l’accento sui benefici mentali e psicosociali del Forest Bathing.
In Belgio, la mia terra madre, c’è una grande vicinanza tra il settore naturale e quello medicinale. È la cosiddetta medicina naturale. L’uno non esclude l’altro, sono complementari.»
Ann, hai mai applicato la tecnica del Forest Bathing ad un team aziendale? Hai mai cioè connesso l’ambito del Forest Bathing all’ambito delle Risorse Umane?
«Dietro alla mia azienda abbiamo trasformato un terreno incolto e arido in un terreno di biodiversità: ora è un posto molto bello per poter stare un po’ all’ aperto o poterci mangiare durante le pause lavorative. Ad oggi non ho fatto un vero e proprio Bagno di Foresta o Minfulness Course al mio team ma ci sono parecchie organizzazioni che mi hanno contattato.
L’importante è che le persone vengano volontariamente, perché è successo che io abbia fatto un Forest Bathing per un’attività di team building in cui il dirigente l’abbia organizzato per il suo gruppo senza informarlo su cosa avrebbe fatto: c’era qualcuno a cui non piaceva, altri che non riuscivano ad aprirsi o altri ancora che ridevano.
I parametri più importanti per far sì che sia una bella esperienza sono il venire volontariamente e la curiosità. Queste occasioni di gestione di team così difficili durante i Bagni di Foresta sono state per me una grande sfida da cui ho imparato tanto. Se il team dei partecipanti era composto da 20 persone e 3 di queste non erano interessate, tutta la mia attenzione andava su queste ultime tre perdendo dal mio sguardo le restanti 17. Questo approccio è tipico di una guida o di un docente. Da queste diverse esperienze ho imparato quanto sia importante dare quante più informazioni possibili all’inizio, in modo tale che i partecipanti possano scegliere se partecipare o meno all’esperienza sulla base di tanti elementi.
Gli obiettivi che il committente si pone sono diversi: si va dal brainstorming ad una giornata di self-care al team building.
Circa due settimane fa per esempio ho tenuto un Forest Bathing per alcuni care-giver del Centro psichiatrico dell’Università di Lovanio, in un bell’albereto a Bruxelles. Persone che di professione si occupano di curare gli altri in questi giorni sono stati curati da me e dalla natura.»
Ann, ti strappo una promessa: quando vieni in Italia la prossima volta ci organizziamo per video-documentare un’esperienza di Forest Bathing?
«Dipende dai partecipanti, per me non è un problema. Ho già avuto parecchi bagni di foresta con fotografi in passato, ma bisogna mettersi ben d’accordo con i partecipanti perché l’integrità delle persone può essere disturbata dalla presenza di videocamere. Ci sono tante persone che fanno fatica a rilassarsi e se una videocamera li guarda fanno ancora più fatica: sentirsi osservati non facilita l’esperienza.
Anche se per esempio faccio un Bagno di Foresta in un parco ad Anversa cerco sempre di trovare posti segreti e tranquilli dove si può stare in silenzio senza essere disturbati da chi passeggia o da chi porta fuori il cane.»
Forse una delle lezioni più grandi che ci insegna un bagno di foresta è proprio la disconnessione da tutti i device tecnologici!
«Sì, esatto. Nel periodo della pandemia da Covid-19, so che ci sono state diverse sessioni di Forest Bathing online attraverso lo schermo del pc o del telefonino, e che le persone ricevevano inviti di contatto con la natura nel loro giardino.
All’inizio dell’esperienza prendo sempre io la parola ma poi, piano piano, è il gruppo che si guida da solo, e dove, anche le persone che non si conoscono, si incontrano per la prima volta e si amalgamano.»