Lo scorso 2 ottobre, Katalin Karikò e Drew Weissmann hanno ricevuto il Premio Nobel per la Medicina, un monumento alla loro perseveranza per aver creduto 30 anni fa in un’idea visionaria senza la quale oggi i vaccini contro il Covid-19 non esisterebbero e non avrebbero potuto salvare le vite di milioni di persone.
La perseveranza non è mai mancata a Katalin Karikò, neanche quando negli anni Novanta è stata una dei pochi scienziati a scommettere su una tecnologia che 30 anni dopo avrebbe salvato la vita di milioni di persone. È grazie alla sua perseveranza se i vaccini a RNA messaggero (mRNA) hanno cambiato le sorti della pandemia Covid-19 e aperto nuove strade nella lotta al cancro e alle malattie autoimmuni. Ma la comunità scientifica non credeva nella sua idea, la riteneva una sfida impossibile da vincere. Invece, quell’idea non solo ha funzionato, ma il 2 ottobre del 2023 è valsa a Katalin Karikò e al collega Drew Weissmann il premio Nobel per la Medicina, “per le loro scoperte riguardanti le modifiche delle basi nucleosidiche che consentono lo sviluppo di vaccini a mRNA efficaci contro Covid-19”.
Chi è Katalin Karikò
La vita di Katalin Karikò non è mai stata semplice, sin dall’infanzia, che trascorre in una casa senza acqua corrente, televisore e frigorifero, in un piccolo paese ungherese. Sono gli anni della guerra fredda, con il Muro di Berlino che segna un confine impenetrabile tra il mondo occidentale e i territori sotto l’influenza sovietica.
La giovane Karikò scopre un profondo interesse per la biologia, che la porta a intraprendere l’Università a Szeged, ma all’inizio fa fatica a mettersi in pari con i coetanei. Al contrario loro, a scuola non ha mai studiato l’inglese, la lingua della scienza. Ma proprio perché la perseveranza non le manca, Karikò non solo impara l’inglese e si laurea in biologia, ma nel 1985, ad appena 30 anni, riceve un’offerta dalla Temple University di Philadelfia, negli Stati Uniti, per continuare gli studi sull’mRNA che ha iniziato in Ungheria.
Ma l’America, all’epoca, appariva lontanissima: il Muro di Berlino era ancora in piedi e non era facile lasciare il paese e soprattutto portare fuori dai confini denaro contante.
Karikò e il marito riescono comunque a raggiungere Philadelfia, come racconteranno in seguito, vendendo la loro auto al mercato nero per 1200 dollari e cucendo il denaro nell’orsacchiotto della figlia di due anni.
La sfida impossibile dell’mRNA
La carriera di Katalin Karikò prosegue quindi nel nuovo continente: dopo 5 anni alla Temple University, entra nell’Università della Pennsylvania come professore.
Non abbandona però la sua “vecchia” ossessione per l’mRNA: il suo sogno è di istruire le cellule a produrre enzimi e proteine in grado di contrastare le malattie.
Ma l’ipotesi di trasformare l’mRNA in una terapia all’epoca era quasi un miraggio. L’idea era affascinante, ma sembrava impossibile da mettere in pratica per via di un ostacolo apparentemente insormontabile. Il corpo umano possiede dei sistemi di controllo per riconoscere le minacce che giungono dall’esterno: l’RNA è una molecola presente nel genoma di numerosi virus, per questo l’organismo lo interpreta come una minaccia e lo “rigetta”. Il rigetto può causare una forte infiammazione e avere effetti collaterali gravi.
Così il mondo scientifico perdeva fiducia nella terapia a base di mRNA, un filone di ricerca ormai considerato alla stregua di un vicolo cieco.
Ma nonostante le richieste di finanziamento negate, gli ultimatum e l’invito a lasciare la sua posizione in facoltà, Karikò, ormai relegata ai margini della comunità scientifica, non si arrende e continua con tenacia e ostinazione a inseguire questa idea “folle”, cercando una soluzione al problema del rigetto.
L’incontro con Drew Weissmann
Nel 1990, mentre è in fila alla fotocopiatrice all’università della Pensyllvania, Karikò fa un incontro che le cambierà la vita. Lui è Drew Weissmann, immunologo americano, che sta studiando l’mRNA per realizzare un vaccino contro l’HIV.
Weissmann è l’altro protagonista di questo Nobel, nato nel 1959 a Lexington, si è laureato in medicina e poi ha proseguito con il dottorato di ricerca e la specializzazione in immunologia e microbiologia all’università di Boston.
Karikò non aveva mai pensato di realizzare un vaccino, la sua idea era di usare l’mRNA come terapia. Ma Weissmann aveva intuito che l’mRNA può rappresentare una valida alternativa ai vaccini tradizionali, perché non richiede di manipolare parti del patogeno vivo o attenuato e può essere prodotto molto più rapidamente per via sintetica (non a caso i vaccini anti-Covid a base di mRNA hanno raggiunto il mercato a tempo di record).
I due hanno lavorato fianco a fianco per oltre 20 anni.
La scoperta premiata con il Nobel arriva solo nel 2005, ma cambia completamente la percezione del mondo scientifico sui vaccini a mRNA: non più un vicolo cieco, ma una tecnologia emergente con alto potenziale.
La scoperta
L’intuizione dei due ricercatori è stata quella di sostituire l’uridina, uno dei composti chimici che costituiscono i filamenti di mRNA, con la pseudouridina, un composto simile, ma tollerato dall’organismo.
L’mRNA modificato non genera la reazione infiammatoria e presenta molti meno effetti collaterali rispetto all’originale.
È proprio su questa versione modificata che si basano i vaccini in uso contro Covid-19, che sono stati somministrati a milioni di persone nel mondo.
A maggio 2023 l’OMS ha dichiarato la fine dell’emergenza sanitaria della pandemia, dopo tre lunghi anni e quasi 7 milioni di decessi. Si stima che solo in Europa le vaccinazioni contro il Covid-19 hanno salvato la vita a 1 milione di persone dalla fine del 2020 ad oggi, per il 90% dai 60 anni in su.
Un milione di persone che oggi sono vive grazie all’incontro casuale tra due ricercatori in fila alla fotocopiatrice, che hanno continuato ad avere fiducia in un progetto visionario anche quando il mondo intero aveva smesso di crederci.
Il Nobel per la Medicina
Oggi finalmente anni di sforzi, rifiuti e porte in faccia sono stati ripagati. I nomi di Karikò e Weissmann per il Nobel alla Medicina erano nell’aria già da qualche settimana, forse gli unici a stupirsi di questo (meritato) premio sono stati proprio loro due. Entrambi hanno raccontato a nobelprize.org di aver inizialmente pensato a uno scherzo e di aver capito solo dopo che il sogno di una vita si era realizzato sul serio.
Oggi l’emergenza Covid-19 è finita, ma la ricerca e sviluppo dei vaccini a mRNA continua.
Le ricerche di Karikò e Weismann hanno aperto il vaso di Pandora e ora sempre più gruppi di ricerca in tutto il mondo sono pronti a guardarci dentro.
I progressi nella tecnologia dell’mRNA hanno inaugurato una nuova fase nella ricerca sui vaccini, che riguarda tutte le aree patologiche: cancro, malattie infettive, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, malattie rare.
Parola d’ordine: perseverare
I vaccini a mRNA sono solo una delle eredità di questa storia. L’altra è l’invito a perseverare, che Karikò rivolge direttamente alle nuove generazioni.
Molti giovani, ha detto, «si arrendono perché vedono che i loro amici o colleghi stanno facendo progressi, sembra che facciano meno e in qualche modo ottengano uno stipendio più alto e vengano promossi. Io dico loro: se lo noti, hai già distolto la tua attenzione da quello che puoi cambiare. Quando sono stata licenziata, non ho passato il tempo a dispiacermi e a dire cose come ‘Perché io?’. Devi concentrare tutta l’energia che hai da spendere, per cercare di capire: e dopo? Che cosa posso fare?».
E quello che ha fatto dopo, è entrato nella storia.