Si chiama Alessandro Esposito, ha 26 anni e fa l’informatico, il primo volontario che ha ricevuto, presso l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli, la dose iniziale di e-Vax, il vaccino tutto italiano ideato da Takis biotech e realizzato in collaborazione con Rottapharm biotech.
Anche il dispositivo per somministrarlo nasce da un gruppo di aziende italiane, in particolare emiliane.
Se la sperimentazione avrà successo, e-Vax sarà il primo vaccino a DNA prodotto in Europa.
Come funziona? Viene iniettata una porzione del DNA del virus nelle nostre cellule e le cellule andranno a produrre la proteina Spike del virus. In questo modo il nostro sistema immunitario vedrà la proteina e produrrà gli anticorpi.
La molecola del DNA è di grandi dimensioni e qui subentra la “pistola”: con i suoi minuscoli aghi genera un campo elettrico che favorisce l’assorbimento del farmaco da parte delle cellule.
Con questa tecnica, tramite degli impulsi elettrici, vengono a crearsi nella membrana cellulare dei pori che facilitano l’ingresso del vaccino.
I ricercatori di IGEA, intervistati dal TG3 Emilia Romagna, raccontano come funziona l’elettrodo e-Gun (Serie EPSGun) e quali sono le sfide tecnologiche da affrontare per arrivare alla vaccinazione di massa.
I vantaggi di e-Vax:
- il costo è paragonabile a quello del vaccino anti-influenzale
- produzione a temperatura ambiente e conservazione in un normale frigorifero
- adattabilità veloce alle nuove varianti.
Vaccino Takis / Rottapharm: perché è diverso dagli altri?
La scorsa settimana è iniziata la sperimentazione clinica del secondo vaccino italiano (dopo quello di ReiThera) sviluppato dall’azienda romana Takis biotech in collaborazione con Rottapharm biotech.
Il primo volontario vaccinato con COVID-eVax è stato Luca Rivolti, un 21enne di Monza.
COVID-eVax, è un vaccino a base di DNA, diverso da tutti gli altri già autorizzati a livello mondiale.
È il primo vaccino di questo tipo a raggiungere la fase clinica in Europa.
Ottanta volontari parteciperanno alla prima fase della sperimentazione tra l’ospedale San Gerardo di Monza e l’ospedale Pascale di Napoli.
L’obiettivo è testare la sicurezza del vaccino e stabilire la dose e il numero di somministrazioni.
Sicuramente siamo a un punto di svolta della ricerca in Italia, perché un evento di questo tipo penso sia davvero epocale nel nostro paese.
Dott.ssa Marina Cazzaniga, Director Phase 1 Research Centre ASST Monza.
Dottor Luigi Aurisicchio, CEO di Takis biotech:
«Abbiamo iniziato questo progetto investendo di tasca nostra, poi abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding. Ma la svolta c’è stata quando è cominciata la collaborazione con la Rottapharm biotech.
Ora però sarebbe il momento di un investimento importante da parte delle istituzioni, o italiane o europee.
Nel frattempo abbiamo creato un consorzio di aziende italiane in cui ognuna mette a disposizione le proprie competenze.»
Vaccini genetici contro la pandemia
Takis è stata una delle prime aziende a comprendere la pericolosità del nuovo coronavirus e ad avviare la ricerca di un vaccino.
L’azienda, specializzata nella ricerca di vaccini antitumorali, ha messo subito a disposizione le proprie competenze e una tecnologia (quella dei vaccini genetici a base di DNA) in grado di rispondere rapidamente a un’epidemia che sarebbe presto diventata un’emergenza mondiale.
I vaccini genetici sono stati i primi a raggiungere i test e poi l’autorizzazione delle autorità di regolamentazione, in quanto sono i più veloci da produrre. Grazie alle moderne tecnologie, la sintesi di materiale genetico in laboratorio richiede poco tempo ed è anche relativamente poco costosa.
La sequenza genetica del virus è stata divulgata a Gennaio 2020, poche settimane dopo la notizia del primo caso di COVID-19. È stato quindi possibile produrne una versione sintetica in laboratorio in tempi record.
Questo è il punto di partenza per un vaccino genetico, che non necessita dell’intero virus.
Il vaccino a DNA
Il vaccino Takis / Rottapharm è quindi simile, ma allo stesso tempo diverso, rispetto agli altri già autorizzati.
Partiamo dalle somiglianze: tutti i vaccini hanno un obiettivo comune ossia la proteina Spike, che il coronavirus utilizza per infettare le cellule umane.
Si tratta, infatti, di vaccini genetici: non contengono l’intero virus, ma solo una parte del suo materiale genetico, che può essere sotto forma di RNA messaggero, incapsulato in particelle di grasso (Pzifer, Moderna) o all’interno di un vettore virale innocuo per l’organismo (Astra Zeneca, Reithera, Jhonson & Jhonson). Oppure, nel caso di Takis, può essere basato sul DNA.
Il vaccino COVID-eVax contiene solo un frammento di DNA Sars-Cov-2 che codifica una porzione della proteina Spike responsabile del legame al recettore ACE-2 sulle cellule umane.
Lo scopo del vaccino, quindi, è stimolare la produzione di anticorpi che bloccano l’ingresso del virus nelle cellule e di linfociti che distruggono le cellule infette.
Perché eVax è diverso dagli altri?
Il DNA è più stabile dell’RNA: può essere conservato alla normale temperatura di un frigorifero o di un congelatore, e in forma liofilizzata anche a temperatura ambiente, e può essere trasportato senza la necessità di mantenere la catena del freddo.
Tuttavia, è una molecola più grande: a differenza dell’RNA, che è costituito da un singolo filamento, il DNA ha due filamenti e la classica struttura a doppia elica.
In altre parole, per entrare nelle cellule è necessaria una procedura chiamata elettroporazione, che consiste nel somministrare una piccola scarica elettrica la quale apre temporaneamente i pori sulla membrana cellulare, permettendo al DNA di entrare.
Il vaccino con la pistola
Il vaccino Takis non viene somministrato con la classica siringa, ma con uno strumento simile a una “pistola”.
La pistola contiene l’ago per iniettare il DNA, ma anche aghi con funzione di elettrodi che trasmettono un impulso elettrico di pochi volt (paragonabile a quelli di una lampadina) nel sito di iniezione.
La procedura richiede un totale di 35 millisecondi e non è dolorosa per il paziente, che in genere avverte solo una pressione sul braccio e una piccola contrazione involontaria del muscolo.
Non ha effetti permanenti: la sua funzione è solo quella di aprire i pori transitori sulla membrana cellulare, che si chiudono immediatamente dopo l’ingresso del DNA della cellula.
Gli effetti collaterali sono probabilmente simili a quelli di altri vaccini, o forse anche più lievi, poiché questo tipo di vaccino non contiene un virus inattivato o eccipienti che possono causare reazioni allergiche.
Tuttavia, potrebbe esserci un piccolo livido nel sito di iniezione e dolore al braccio.
Il vaccino non modifica il genoma umano
Il vaccino istruisce la cellula a sintetizzare una porzione della proteina Spike, ma non modifica il DNA delle cellule umane.
Il frammento, infatti, è contenuto in una molecola di DNA più grande e circolare, un plasmide. Il plasmide è quello che in biologia viene chiamato vettore di espressione: contiene sequenze che segnalano l’inizio e la fine del gene da esprimere. Gli enzimi cellulari responsabili della lettura del DNA riconoscono queste sequenze e iniziano a produrre la proteina corrispondente.
Il plasmide, quindi, rimane sempre separato dal genoma umano.
La possibilità teorica di integrazione esiste, ma ha una frequenza trascurabile: infatti non è mai stata osservata nelle valutazioni precliniche e cliniche di prodotti a base di DNA.
Inoltre, il DNA plasmidico non rimane per sempre all’interno della cellula, ma si perde dopo un certo numero di divisioni cellulari.
La probabilità che un vaccino a DNA si integri nel genoma umano, insomma, è di molti ordini di grandezza inferiore alla frequenza delle mutazioni spontanee, che possono emergere casualmente, in qualsiasi momento nel genoma umano.
Il meccanismo del vaccino
Le cellule muscolari e le cellule immunitarie che risiedono nel sito di iniezione iniziano quindi a produrre la proteina Spike e la presentano in superficie, imitando ciò che accadrebbe se ci fosse davvero un’infezione in corso.
Ma la persona vaccinata non è infetta e non può infettare nessuno: il vaccino, infatti, non può generare l’intero virus.
La proteina Spike, invece, è come un’impronta digitale, che insegna al sistema immunitario a riconoscere le cellule infette e soprattutto lo stimola a produrre anticorpi in grado di neutralizzare l’infezione da Sars-Cov-2.
I risultati preclinici
I dati preclinici del vaccino Takis erano promettenti: il farmaco ha stimolato una buona produzione di anticorpi in modelli animali, che rimangono nella circolazione sanguigna per mesi anche dopo una singola iniezione.
Inoltre, gli anticorpi sono stati in grado di neutralizzare il virus in vitro, il che significa che prevengono l’infezione delle cellule umane.
Alcuni esperimenti hanno confermato che il vaccino previene i sintomi della malattia negli animali che esprimono il recettore ACE-2, che consente al coronavirus di entrare nelle cellule umane.
Il futuro della lotta alla pandemia
Se i dati saranno confermati nell’uomo nello studio di fase I / II, prima su 80 e poi su 240 pazienti, l’azienda si preparerà per la fase III, che potrebbe iniziare in autunno.
Sarà anche fondamentale monitorare le varianti di coronavirus che continuano ad emergere. Sono già in corso sperimentazioni per testare l’efficacia del vaccino sulle principali varianti fino ad oggi isolate: quella inglese, sudafricana e brasiliana.
Il vaccino Takis ha un grande vantaggio, tuttavia: può essere aggiornato rapidamente in base alle mutazioni del virus emergente sostituendo solo poche lettere nella sua sequenza, un processo che richiede al massimo alcune settimane.
La pandemia COVID-19 ha accelerato lo sviluppo di vaccini genetici e ha fornito importanti prove del fatto che questo tipo di approccio funziona. Rappresentano, infatti, strumenti efficaci per rispondere rapidamente a pandemie che potrebbero interessarci in futuro e per virus ad alto tasso di mutazione.