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Il Nobel per la fisica… In un attosecondo!

Il 3 ottobre 2023 l’Accademia Reale Svedese delle Scienze ha assegnato il Premio Nobel per la Fisica in egual misura a Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier “per i metodi sperimentali che generano impulsi ad attosecondi di luce per lo studio delle dinamiche degli elettroni nella materia”.

Tante belle parole, ma cosa significano esattamente?

L’Attosecondo

Un milionesimo di milionesimo di milionesimo di secondo… Ossia un 1 preceduto da 18 zeri dopo la virgola. È questa la nuova unità di misura del tempo che siamo riusciti a raggiungere grazie al lavoro dei tre scienziati premiati.

Fino ad ora, infatti, si riteneva che il femtosecondo (ossia il milionesimo di miliardesimo di secondo) fosse la più piccola unità di misura del tempo raggiungibile, un limite invalicabile che ci permette di studiare “solamente” il movimento degli atomi nelle molecole. Adesso, invece, siamo riusciti ad arrivare fino ad osservare il mondo infinitamente piccolo degli elettroni in movimento all’interno degli atomi e delle molecole.

Per rendervi conto di quanto microscopico sia un attosecondo, prendete ad esempio la durata di un battito cardiaco: 1 secondo. Dividete cinque volte questo numero per mille: abbiamo così ottenuto il periodo di tempo caratteristico in cui avviene il movimento di un atomo. Se dividete questo numero ancora una volta per mille, otteniamo il tempo caratteristico del movimento di un elettrone intorno all’atomo.


Un attosecondo sta a un secondo come un secondo sta all’età dell’universo.

I tre scienziati da Nobel

Ciò che è stato premiato dall’Accademia Svedese è stata la capacità di questi tre scienziati di realizzare esperimenti nei quali si producevano impulsi di luce così veloci da essere misurati proprio in attosecondi. Grazie a ciò, è stato possibile dimostrare che questi impulsi laser possono essere usati per creare immagini dei processi che avvengono all’interno degli atomi e delle molecole.

Il tutto ha inizio nel 1987, quando Anne L’Hullier, mentre effettuava un esperimento nei laboratori di Paris-Saclay, ha osservato che facendo passare un fascio di luce laser a infrarossi attraverso un gas nobile, questo produceva un nuovo effetto dato dall’interazione di questo laser con gli atomi del gas: creava, infatti, degli impulsi di luce ultravioletta molto veloci.

Ciò è dovuto al fatto che quando la luce del laser entra nel gas, provoca vibrazioni elettromagnetiche che “danno fastidio” agli elettroni che si muovono intorno agli atomi. Questi elettroni, di conseguenza, colgono l’occasione e “scappano via” dall’atomo, ma solo per pochissimi istanti, durante i quali acquisiscono dell’energia. Rientrando nell’orbita dell’atomo, gli elettroni disperdono l’energia ottenuta sotto forma di impulsi luminosi, proprio quelli che Anne aveva cominciato a vedere nel suo esperimento.

Successivamente, seguendo queste intuizioni, nel 2001 Pierre Agostini è riuscito a riprodurre e studiare una serie di impulsi luminosi consecutivi, ognuno della durata di appena 250 attosecondi. Contemporaneamente, anche Ferenc Krausz stava studiando questo fenomeno, arrivando a creare impulsi di luce della durata di 650 attosecondi.

Gli impulsi luminosi della durata di attosecondi consentono di misurare il tempo necessario agli elettroni per essere estratti dai loro atomi, il che dipende dalla forza del loro legame con il nucleo atomico. Inoltre, permettono di tracciare come la distribuzione degli elettroni si modifica all’interno delle molecole e dei materiali: fino ad oggi, infatti, la posizione degli elettroni poteva essere misurata solo con una stima media.

D’altra parte, gli impulsi lunghi di attosecondi possono essere impiegati per esaminare i processi interni della materia, manipolare le molecole e rilevare il segnale che generano, consentendo così di identificare il tipo di molecole che si sta esaminando.

A cosa ci serve tutto ciò?

Okay fantastico, super affascinante… Ma cosa ce ne facciamo di tutto ciò?

Innanzitutto, grazie a questa scoperta è stato aperto un nuovo campo della fisica, chiamato la fisica degli attosecondi.

In campo medico, questo nuovo settore della fisica potrebbe aiutare a identificare un cancro in una fase precocissima, grazie all’esposizione di un campione di sangue alla luce infrarossa. Inoltre, importanti sviluppi tecnologici potrebbero riguardare anche il campo dei superconduttori, con la possibilità di aumentare in maniera repentina la conduttività dei materiali dielettrici e di sviluppare sistemi elettronici ultraveloci, che potrebbero portare la tecnologia odierna a compiere numerosi passi avanti.

Gli altri Premi Nobel per la Fisica

Il Premio Nobel per la Fisica, istituito in base al testamento di Alfred Nobel nel 1895, è attribuito, come il Premio Nobel per la Chimica, dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze. Dal 1901 ad oggi, sono stati conferiti 116 premi Nobel per la Fisica, di cui soltanto 4 sono stati assegnati a scienziate donne: Marie Curie (1903, per i suoi studi sulle radiazioni), Maria Goeppert-Mayer (1963, per il modello a guscio del nucleo atomico), Donna Strickland (2018, per le sue rivoluzionarie invenzioni nel campo della fisica dei laser) e Andrea Ghez (2020, per le sue ricerche sui buchi neri).

In 47 occasioni, il Premio Nobel per la Fisica è stato conferito a un singolo scienziato, mentre nelle altre edizioni è stato suddiviso tra più ricercatori.

L’unico individuo al mondo ad aver vinto il premio due volte è stato il fisico statunitense John Bardeen. Nel 1956, Bardeen fu premiato per l’invenzione del transistor, insieme a William Bradford Shockley e Walter Brattain, e poi nuovamente nel 1972 per la sua fondamentale teoria sulla superconduttività ordinaria, condividendo il riconoscimento con Leon Neil Cooper e John Robert Schrieffer.

Il destinatario più giovane del Premio Nobel per la Fisica fu il fisico e cristallografo britannico Lawrence Bragg, che aveva appena 25 anni quando ricevette il premio nel 1915, grazie alle sue ricerche sulla struttura cristallina mediante l’uso dei raggi X, condotte in collaborazione con suo padre. Il più anziano, d’altro canto, fu il fisico statunitense Arthur Ashkin, che ottenne il Nobel nel 2018 all’età di 96 anni per le sue rivoluzionarie invenzioni nel campo della fisica dei laser, condividendo il riconoscimento con Donna Strickland e Gérard Mourou.

Martina D'Arco
Martina D'Arco è una studentessa di Fisica delle Particelle con una grande passione per la scrittura sin da piccola. Dopo aver visitato il CERN per la prima volta nel 2018, aveva promesso a se stessa che sarebbe tornata, questa volta per restare. E così è stato: ha conseguito la laurea triennale in Fisica all'Università La Sapienza di Roma, e attualmente frequenta il Master in Particle Physics all'Università di Ginevra. La sua frase distintiva è: "Non smettere mai di guardare verso le stelle".

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