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Fashion 4.0: come è cambiato il mondo della moda

«La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada: ha a che fare con le idee, con il nostro modo di vivere, con cosa sta accadendo».

Lo diceva Coco Chanel negli anni 60, una frase che a distanza di anni conserva un sapore d’immortalità.

Come e quanto, da allora, l’universo della moda e la customer experience sono cambiati? Nel nuovo millennio quello della moda non è più un universo chiuso e indipendente: è un sistema integrato che si è lasciato ibridare e contaminare da più dimensioni.

Oggi coinvolge moltissimi settori: dal marketing alla psicologia, dall’economia all’arte, dalla musica alla tecnologia. La relazione tra moda e nuove tecnologie è molto stretta, caratterizzata da un approccio multicanale. È un connubio inscindibile, ora che la tecnologia è divenuta meno autoreferenziale, non più solo per tecnocrati ma più sensibile ai problemi di mercato.

Il fashion marketing non è solo paillettes e lustrini, ma costume e società: conoscere lo scenario della moda vuol dire conoscere gli stili di vita del nostro quotidiano, fare i conti con una continua evoluzione, una globalizzazione sempre più fervida, un consumatore sempre più interattivo e una concorrenza sempre più spietata.

Il fashion marketing favorisce la creazione d’imprese orientate al mercato, globalizzate, tese a una migliore qualità produttiva, a un corretto management, ad una valida identità aziendale, all’efficienza della rete distributiva ed una eccellente customer satisfaction.

Un ruolo fondamentale è svolto oggi dal rapporto tra creatività e management. La creatività è un processo attraverso cui vengono generate nuove idee e trasformate in valore economico. Nasce dal pensiero laterale o creativo che, a differenza di quello logico, combina le informazioni in modi non razionali e nuovi attraverso l’intuizione e la novità di assemblaggio.

Le idee creative costituiscono la base dell’innovazione che oggi mira a creare imprese, soprattutto nel settore Fashion & Luxury, orientate alla multicanalità e alla multimedialità. I maggiori brand del settore si stanno allineando alla necessità di creare un’armoniosa customer experience attraverso tutti i punti di contatto possibili tra la marca e il cliente, attraverso molteplici canali e strategie di comunicazione integrata.

Le tecniche principali riguardano le loyalty kiosk (applicazioni situate su mini-kiosk o totem che permettono al cliente di identificarsi all’interno del punto vendita, autenticarsi, accedere al proprio profilo e ricevere informazioni, promozioni o sconti personalizzati). Applicazioni per la realtà aumentata che riconoscono ergonomicamente il consumatore che si avvicina allo schermo e lo vestono del prodotto selezionato (magic mirror). Digital signage (applicazioni su video o multischermo che comunicano un palinsesto di contenuti personalizzabile; cabine multisensoriali, aree delimitate che danno vita attraverso proiettori, sistemi audio e video e diffusori olfattivi, a mondi virtuali e contesti emozionali).

Si assiste quindi a un nuovo modo di fare shopping da parte del consumatore e a un modo altrettanto diverso da parte delle aziende di coinvolgere il cliente.

Tutto ruota attorno a tre termini esemplificativi: la brand experience, il co-branding e la brand-community.

La brand experience sta diventando l’obiettivo primario di ogni impresa. Afferma Schmitt che l’experential marketing e la customer experience rappresentano il modo migliore per creare valore e coinvolgimento, mettendo in primo piano i fattori emozionali e sensoriali (holistic experience) per aggregare tutti i sensi.

Molti brand permettono ai consumatori di accedere a servizi per produzioni personalizzate di abbigliamento e calzature.

Negli ultimi anni l’online shopping experience ha superato la fase pionieristica per approdare a un modo inusuale di fare acquisti. Il servizio di chi vende online non è vendere, bensì consegnare.

L’utilizzo del web e di una connessione a banda larga sono le basi strutturali che supportano un acquisto online. Negli ultimi anni molti brand della moda italiana hanno aperto la loro boutique online (Armani, Diesel, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Valentino, ecc.), molti altri invece hanno iniziato a vendere tramite i club di vendite private via web (Privalia, Ventee-Privee).

Internet non sostituirà il negozio tradizionale ma completerà l’offerta delle aziende, poiché sul web sarà possibile avere un’offerta più ampia e una maggiore varietà in modo da soddisfare anche le richieste più particolari e non solo i best seller.

I siti vengono classificati in tre tipologie: minimalisti (siti concepiti per fornire informazioni essenziali), standard (presenza di contenuti informativi ma poca interazione con il consumatore e scarsa personalizzazione), avanzati (contenuti personalizzati e funzionalità interattive).

Anche i trend di consumo internazionali a loro volta si evolvono. Gli Stati Uniti prediligono lo sviluppo di nuovi concept store, dell’e-commerce e di community. In Europa si presta sempre più attenzione a temi sensibili quali l’ecologia (go green-go blue) e la democratizzazione del lusso. In Russia permane la presenza imponente dello sfarzo russo e la voglia di prodotti europei. In Cina prevale la creatività tradizionale cinese che sposa le idee di prodotti italiani o europei degli anni 80. In Giappone emerge la gadgettizzazione dei consumi e l’uso di tecnologie avanzate nel settore. Infine in India cresce la domanda di prodotti di lusso e permane il sogno della fastosità.

Ad oggi, l’innovazione nei retail è un punto chiave per garantire un’emozionante shopping experience. Basti pensare ai Guerrilla Store di Comme Des Garcons, gli Oculus Rift di Topshop per assistere alle sfilate, l’installazione-cabina Monolithdello stilista G. Pugh presso i magazzini Selfridges di Londra, le cardboard di cartone di Rebecca Minkoff per accedere alla realtà virtuale a prezzi contenuti. E poi Warby, l’autobus-negozio in giro per gli USA a vendere occhiali, Jumia, la start up nigeriana che conquista la fiducia dei consumatori nel mercato online, Hointer e l’abbigliamento “human tech”, C&A in Brasile e gli appendini contaclick.

Le scarpe personalizzate da Shoes Of Prey,Macy’s: RFID e la strategia omnichannel, Bloomingdale e la Me-Ality Machine che trova la taglia esatta dei tuoi jeans, l’Eyesee Manniquin dell’azienda Almax.Dipjar, il raccogli-mance elettronico per carte e bancomat, la campagna “No noise” di Selfridges, il piacere di un sonnellino prima di acquistare il proprio divano da Coco-Mat, la QR Sunny Sales Campaign di E-Mart, la vetrina interattiva 24h/24 di Kate Spade, lo shopping wall virtuale di Glamour a New York.

È una vera e propria store-war in cui vince chi più soddisfa l’esperienza sensoriale di colui che ormai è divenuto il protagonista assoluto di questo grande palcoscenico: il consumatore.

Cover Photo di Cleo Vermij su Unsplash.

Antonella D'Amato
Una giovinezza passata al liceo Classico, tra il profumo delle pagine dei libri di greco e latino; ad oggi una laurea in Comunicazione Spettacolo & Media, e attualmente un Master in Gestione delle Risorse Umane. Fin da piccolissima appassionata di moda e di tutto il suo indotto, lavora da sempre per una casa di moda milanese. Si definisce una donna poliedrica, dall’anima profonda ma dal cuore leggero, in continuo fermento. Amante della scrittura, della psicologia e del canto; le sue passioni riguardano tutto ciò che sia capace di generare conoscenza, emozioni e connessioni. Crede che nella vita il dono più grande di cui far tesoro sia la possibilità di esprimere se stessi, che non sia mai troppo tardi per farlo, e che la scrittura sia uno dei più potenti e meravigliosi mezzi per riuscirci. Si definisce una ”scrittrice tradizionalista”, ancora non troppo convinta di cedere la penna in favore della tastiera. Il suo mantra è una fusione tra due detti di personalità d’epoche diverse: “Always be curious” (Manolo Blahnik, stilista spagnolo) e “Sic itur ad astra” (Virgilio, Eneide).

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