Tutte e tutti, prima o poi, scompariremo dalla faccia della Terra e di noi non rimarrà memoria.
Chi resterà per sempre?
Chi è finito in un libro, come Martia Basile.
Il libro è La vera storia di Martia Basile, scritto da Maurizio Ponticello ed edito da Mondadori.
Nel panorama della narrativa storica contemporanea, Maurizio Ponticello si distingue con La Vera storia di Martia Basile, un romanzo che mescola una profonda conoscenza storica con una narrazione avvincente. Candidato al Premio Strega nel 2021, quest’opera si presenta come un true crime storico ambientato nella vivace e gotica Napoli del 1600.
A conferma del suo valore storico-letterario questo 22 settembre arriva per “La Vera storia di Martia Basile” il premio Luchino Visconti nella categoria romanzo storico.
Attraverso la storia di Martia, che cresce da dodicenne a ventenne, Ponticello esplora le complesse dinamiche della violenza di genere in un’epoca in cui le ingiustizie sociali erano una triste normalità, e le vite delle donne pendevano da un filo.
E così la narrazione si trasforma in un importante atto di restituzione: un atto di dignità per le voci dimenticate della storia e per le storie rimaste inascoltate.
Com’era Napoli a cavallo fra cinquecento e seicento: che timbro identitario aveva, quali conflitti viveva?
«Siamo in una Napoli che è, ed è una premessa fondamentale nel contesto, capitale del vice regno spagnolo. È una capitale importantissima, i governatori dalla Spagna fanno a gara per venire a Napoli, contendendosi questa posizione perché, per certi versi, è addirittura più rilevante della stessa Madrid.
Napoli è un territorio di interessi economici e culturali, ma anche un campo di scontro. In quegli anni, la città diventa il fulcro del bacino del Mediterraneo, attirando l’attenzione delle nascenti compagnie delle Indie. Queste compagnie non nascono soltanto per le rotte commerciali, ma anche per dare un colpo al fianco del regno spagnolo, cercando di bypassare i porti spagnoli e appropriarsi delle nuove rotte.
Inoltre, Napoli diventa interessante anche per il mondo protestante. Durante questo periodo, si introducono pittori che vanno a dipingere nelle case dei nobili, tramandando e diffondendo idee protestanti contro il cattolicesimo spagnolo.
È importante sottolineare che questo periodo storico è molto attuale. Infatti, si tratta della piccola glaciazione artica, che rende Napoli quasi sepolta dalla neve e dal freddo. In quel momento, questa piccola glaciazione stava devastando tutta l’Europa.
Ho cercato di inserire questi aspetti con delle pennellate narrative per dare un quadro quanto più ampio possibile del periodo storico.
Napoli è anche il luogo in cui, dopo qualche anno, passeggiava Caravaggio, così come Artemisia Gentileschi. La Napoli raccontata da Giambattista Basile, che non ha nulla a che vedere con Martia Basile.
In definitiva, si confrontano una Napoli molto popolare e una Napoli, per così dire, più borghese, quella delle corti.»
Perché proprio Martia? Come ti ha scelto?
«Martia è stata appunto lei a scegliere me.
Ci sono due narrazioni diverse riguardo a questa scelta, e io scelgo di raccontarvi questa. Stavo studiando il Seicento in generale quando mi sono imbattuto in un poemetto, che è l’unica storia vera e autentica che abbiamo, sommersa tra le opere di Giambattista Basile. Si tratta di un poeta minore, un poeta di strada, un piccolo vate che chiamava la gente ad ascoltare le sue storie. Il suo nome è Giovanni della Carrettola (o Carrettola; c’è una questione dibattuta sull’accento, anche da Ferdinando Russo), il che significa semplicemente “Giovanni sulla carrozzella”.
È un poeta senza gambe che racconta la storia straordinaria di Martia Basile, o almeno gli ultimi passi della sua vita. Ho letto ciò che ha scritto e, a dire la verità, mi ha lasciato abbastanza indifferente. Poi, successivamente, leggo che Benedetto Croce aveva avuto una discussione con un suo alter ego del Nord Italia, Francesco Navati. Questi gli chiede: “Benedetto, ma questa Martia Basile è vera o è una figura letteraria?”
Il problema è che, purtroppo, Benedetto Croce è uomo dei suoi tempi, e non vogliamo neanche criticarlo. È un grandissimo studioso, ma opera una censura reale sul caso di Martia Basile. Infatti, in un suo libretto sui poeti minori del Seicento, inserisce per la prima volta la figura di Giovanni della Carrettola e dedica alcuni versi a Martia Basile, ma poi aggiunge: “Tutto il resto non ve lo metto, perché è talmente scabroso che io non voglio assolutamente”.
Questa cosa, ovviamente, mi ha illuminato. Si intreccia con la seconda narrazione, che è quella in cui lei, con la sua figura e i miei pensieri — mettetela come volete — mi è arrivata in sogno e mi ha comunicato che chiedeva giustizia. A quel punto, sono stato più interessato al caso, così ho deciso di non scrivere un saggio, ma di farla parlare, di farla rivivere e di ridarle quella dignità che le era stata tolta.»
Guarda tutta l’intervista sul canale YouTube di “Aleph & other Tales”!