Fondato nel 2010 come DiaC2 Lab e successivamente evolutosi in DiaTHEMA (Diamond, Thermal & Harsh Environment Materials & Applications), concentra l’attività di R&S sullo sviluppo di materiali avanzati a film sottile e relativi prototipi per applicazioni operanti in ambienti ostili.
In particolare, le principali attività attuali sono dedicate allo sviluppo di convertitori di energia che operano ad alte temperature per sistemi a concentrazione solare, convertitori di energia termica ad altissima temperatura, spettrometri per neutroni veloci in grado di monitorare reattori a fusione nucleare, dosimetri per la radioterapia, piattaforme optoelettroniche integrate quantistiche ad alta stabilità per applicazioni ad alta potenza.
Il laboratorio DiaTHEMA vanta un’esperienza più che decennale nello sviluppo della tecnologia dei diamanti sintetici, che ha permesso, nel corso degli anni, di estendere le attività verso la produzione di materiali a film sottile altamente innovativi come boruri, carburi, fluoruri, ossidi, ecc. che sono stati applicati nei recenti progetti che il laboratorio DiaTHEMA sta sviluppando.
Il loro team è formato da talenti molto professionali e molto affiatati tra loro… Forse è proprio questo il segreto del loro successo!
Qui, selezionando i Laboratori ISM dal menu in alto a destra, potete fare un tour virtuale nei loro progetti.
Oggi vi raccontiamo uno dei loro progetti più “scintillanti”…

Energia: diamanti e luce del sole (il cugino brillante del fotovoltaico)
Daniele M. Trucchi, Primo Ricercatore dell’Istituto di Struttura della Materia del CNR e responsabile scientifico del Progetto TECSAS: «La ricerca di nuovi approcci per produrre energia dal sole non passa solo dagli studi sul fotovoltaico.
Tra le alternative allo studio c’è anche il solare termoionico, che potrebbe trovare applicazione negli impianti solari a concentrazione, dove grandi specchi concentrano la luce in una piccola area, in cui un dispositivo di qualche tipo converte questa energia in energia elettrica.
Oggi le alternative sono rappresentate da sofisticatissime celle fotovoltaiche oppure da motori termici e nessuna delle due soluzioni si è rivelata fino ad oggi particolarmente soddisfacente.
Ma esiste una terza possibilità: ricorrere al nonno (anzi alla nonna!) di tutte le tecnologie elettroniche, la valvola termoionica.
Prima dell’invenzione dei transistor era in tutte le radio, e fu alla base dei primi computer.
Un derivato di quelle vecchie valvole, potrebbe permettere la produzione di energia dal sole con una efficienza altissima, anche se i problemi da superare non sono pochi.»
Esistono dei materiali in grado di emettere elettroni, se portati ad alta temperatura. Questi elettroni formano una corrente elettrica che può essere raccolta da un altro elettrodo detto collettore. Si genera una corrente elettrica e una tensione elettrica che può essere utilizzata per la conversione in energia.

Daniele M. Trucchi: «Il materiale che emette efficientemente elettroni, nel nostro caso, è diamante sintetico, un film sottilissimo di diamante sintetico che ha un costo non elevato, compatibile con lo sviluppo industriale, e che ha una capacità enorme di emettere elettroni.
L’ambito di applicazione è quello di utilizzarlo come convertitore ad alta temperatura per sistemi a concentrazione solare, realizzando così dei convertitori efficienti, compatti, senza parti in movimento, in grado di convertire ad alta efficienza la radiazione solare concentrata.
Potenzialmente, se combinati ad altri sistemi di conversione (anche a bassa temperatura), raggiungono un’efficienza addirittura fino al 70% (questo è un limite teorico).
Noi vorremmo dimostrare, nel prossimo futuro, diciamo nei prossimi tre anni, un’efficienza di conversione del 45%, soprattutto se combinata con altri sistemi di conversione.
Con un pannello fotovoltaico tradizionale si arriva invece al massimo al 20%.
I limiti di questa tecnologia sono in ambito di ricerca e sviluppo, innanzitutto la necessità del vuoto.
Stiamo lavorando ad una tecnologia che sia in grado di incapsulare il sistema e mantenere le condizioni di vuoto nel tempo, per i venti/trenta anni della durata del sistema.
L’altro limite è lo sviluppo di distanziatori micrometrici tra i due elettrodi, per ottenere l’efficienza massima di cui parlavo, efficienza che si ottiene in proporzione a quanto riusciamo a rendere vicini i due elettrodi (quello che emette gli elettroni e quello che li cattura). Stiamo infatti sviluppando una tecnologia utile in tal senso.
Con questo progetto, puntiamo a rendere la tecnologia del solare a concentrazione sostenibile anche su piccole taglie, al momento è sostenibile solo oltre i 100 Megawatt.
Noi abbiamo sviluppato una tecnologia che è ad alta efficienza, è allo stato solido (quindi è compatta), stiamo lavorando per sviluppare dei sistemi su scala domestica (quindi anche di pochi Kilowatt) perché l’efficienza di conversione si mantiene costante anche andando a rimpicciolire il sistema di conversione.
In futuro vorremmo sostituire la tecnologia che lavora a più alta temperatura (quella nel solare termodinamico) con la nostra tecnologia che si adatta anche a lavorare in impianti di grandissima taglia (come le centrali solari basate su torri solari).
La nostra è una tecnologia molto versatile! Dal piccolo al grande.»
Quindi, ricapitolando, diamanti artificiali per produrre energia da Sole: realizzati appositamente nei laboratori dell’Istituto di Struttura della Materia, sono alla base di questa nuova tecnologia che trasforma l’energia solare in energia elettrica.

Il diamante ha una grande capacità di emettere elettroni quando lavora ad alte temperature, ragione per cui
abbiamo scelto questo materiale per realizzare un modulo di conversione nel quale arriva l’energia solare concentrata da un concentratore (costituito da uno specchio),
ci ha spiegato Daniele M. Trucchi.
L’energia solare riscalda il modulo, che può arrivare anche a temperature di 1.000 gradi, ed emette elettroni che vengono raccolti da un collettore metallico e posso essere messi a disposizione di un carico per erogare corrente elettrica.
Naturalmente usare i diamanti naturali sarebbe molto costoso, inoltre andrebbero selezionati solo quelli dalla struttura adeguata. Al contrario, sottolinea Daniele M. Trucchi,
in laboratorio possiamo realizzare diamanti con la struttura adatta alle nostre esigenze e a costi contenuti, (un euro per centimetro quadrato che si abbasserebbero se il prodotto fosse fabbricato a livello industriale).
Il metodo usato per produrre i diamanti si chiama Cvd (Chemical Vapor Deposition) deposizione chimica da fase vapore:
introduciamo idrogeno e metano in un apparato, lo attiviamo con plasma a microonde che rompe i legami fra le molecole e il carbonio contenuto nel metano fa da seme per la formazione dei diamanti, l’idrogeno invece evita che si formi la grafite anche se un po’ di questo materiale si deposita lo stesso intorno alla gemma artificiale.
Le ‘gemme’ ottenute, sotto forma di una pellicola sottile di colore semitrasparente che ha l’aspetto dei diamanti grezzi, vengono depositate su una superficie piana di materiali ceramici, che hanno la funzione di assorbire con grande efficienza l’energia solare e di passarla al diamante.