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E se l’inutile potesse diventare poesia?

Il “Manuale dell’inutile” di Valerio Cruciani: come guardare al mondo e alla vita nel modo più giusto

Se esistesse un manuale che ci spiegasse passo dopo passo come si dovrebbe vivere, forse la vita, e l’atto di vivere in sé ogni giorno, sarebbero più facili. Avremmo delle indicazioni precise e delle soluzioni applicabili per risolvere ogni problema che potrebbe presentarsi nel nostro quotidiano. «Se anche oggi vuoi vivere, questo è ciò che devi fare», due punti e si incomincia.
Sarebbe bello non doversi preoccupare di fare delle scelte e di prendere una decisione, semplicemente di non avere più responsabilità. Come quando si è in giro con amici o parenti in una città sconosciuta e si deve utilizzare Google Maps per arrivare a destinazione. È bello quando qualcun altro si prende la responsabilità di guidare il gruppo e non si deve far altro che seguire il proprio amico o parente.
Ecco allora, un manuale su come vivere e fare le cose più semplici in un modo che ci permetta di essere soddisfatti e di sopravvivere un altro giorno su questo pianeta, potrebbe far comodo.

Ma, come si può immaginare, è qualcosa di impossibile. Ed è impossibile perché ognuno vive a modo suo. Non ci sono regole prestabilite, soluzioni uniche, decisioni decisive. Ogni problema e ogni situazione viene affrontata e risolta in modo diverso perché noi essere umani siamo, decisamente, diversi. E poi, sia che si creda nel Fato sia se siamo dalla parte del libero arbitrio, in entrambi i casi un manuale su come vivere non ci convincerebbe per nulla. Perché o è il Signor Fato a dettare come andrà la nostra vita o siamo noi stessi, non certo un libro.
Inoltre, chi lo scriverebbe un libro così? Chi dovrebbe essere quell’unica persona o quel gruppo di persone che indicherebbero ad, ormai, le otto miliardi di anime presenti su questo pianeta come si dovrebbe vivere? È una responsabilità assai grande e non credo ci sarebbe una sola persona, in questo mondo, tanto audace da prendersela. Inutile dire che, nell’era dei social e della cancel culture, una parola fuori posto darebbe vita al fenomeno di “cancellazione” più grande della storia.

Photo by Edho Pratama on Unplash

Tutto questo preambolo, in pratica assurdo, a cosa serve dunque? A niente. Forse, solo a farvi fare due domande su chi lo ha scritto, ma si spera anche sull’argomento in questione e su voi stessi.
Che poi, è l’esatto obiettivo anche di un libro in particolare, intitolato Manuale dell’inutile. 36 modi per andare oltre le apparenze, scritto da Valerio Cruciani.

Questo è un vero e proprio manuale e, incredibilmente, è stato scritto e dato alle stampe. Dunque, è possibile spiegarci come fare le cose più semplici, ad esempio allacciarsi le scarpe, piangere, ridere e infine respirare?
A quanto pare, esiste qualcuno abbastanza impavido da essersi preso questa responsabilità.
Questo “manuale dell’inutile” è esattamente quello che dice di essere. Un manuale, ma non di cose inutili, bensì esso stesso (in teoria) inutile poiché spiega come fare cose che facciamo in modo naturale, quasi automatico o che impariamo da bambini, per le quali, dunque, non è necessario un libro da consultare.

Eppure, sorge una domanda spontanea. Perché no? Perché non dovrebbe esistere un manuale anche per cose apparentemente tanto semplici quali aprire un ombrello o ascoltare o sedersi? Ormai si scrivono libri su qualsiasi cosa, perché non fermarsi allora a riflettere anche su cose così semplici? Che poi, anche il concetto di “semplice” non è univoco. Una cosa potrebbe essere semplice per una persona ma non per un’altra. Per me magari è semplice truccarmi ma non annodarmi una cravatta, mentre per te che stai leggendo, potrebbe essere l’esatto contrario.

Ma al di là del semplice o meno, l’intento di questo manuale non è solo spiegare come fare certe cose (o meglio, come si fanno in modo convenzionale). L’intento dello scrittore è quello di, attraverso le parole del libro, risvegliare nel lettore la fantasia «per andare oltre le apparenze e oltre le apparenze trovare l’assurdo che ci aiuta a combattere la noia del quotidiano».

Ecco, dunque, che il semplice e quotidiano atto dell’aprire la solita finestra di casa assume un colore diverso. Proprio perché è un’azione sempre uguale ogni giorno, che ci restituisce sempre la stessa vista sul medesimo paesaggio, l’autore ci invita a prestare attenzione ai singoli movimenti che portano all’apertura della finestra e a tutti i componenti di quest’ultima. Infatti, “facendo leva sulla maniglia si incide nel bacio tra le due lame della finestra e quel risveglio si libra sul nostro sguardo”, “il vetro vibra come pelle di serpente abbandonata su un angolo di quarzo”.

A vederla così, l’azione di routine che è aprire la finestra può portarci a delle conseguenze diverse. Non vedere più solo il paesaggio che conosciamo a menadito, ma piuttosto scorgere “un dinosauro che gioca a scacchi con una scultura greca” o “una donna giovane e attraente che insegue farfalle dotate di quattro ali” o ancora “il traffico silente si alza in cielo come bolla d’ossigeno”. Guardare oltre è un esercizio che non facciamo tutti i giorni. Non lo facciamo perché richiede perseveranza, energia accumulata pronta a disperdersi e tanta, tanta fantasia.

Ecco perché stimolare quella stessa fantasia dentro ognuno di noi è importante. Perché senza la fantasia continueremmo a vedere sempre lo stesso paesaggio fuori la finestra di casa, continueremmo ad ascoltare solo con le orecchie, senza curarci di cosa ci sia dietro o dentro quello che arriva al nostro apparato uditivo e, nell’ennesimo trasloco, vedremmo solo l’azione meccanica di riempire degli scatoloni e spostarli da una parte all’altra con uno grande dispendio di energie. Ma ogni piccola cosa potrebbe essere più grande e più ricca se provassimo ad instillare un po’ della nostra fantasia. Come fosse una scintilla, costantemente pronta a fare il suo lavoro e diventare fiamma viva. Spetta a noi sussurrare a quella scintilla che può iniziare la sua opera.

E sapete cosa va a braccetto con la fantasia? La poesia (non a caso le due parole fanno rima in italiano, ma anche in francese, “fantaisie” e “poésie” o in polacco “fantazja” e “poezja”).
Per questo, nel Manuale dell’inutile troverete anche tanta poesia. Forse la poesia è il frutto della fantasia, forse viceversa. In ogni caso, tra queste due componenti, si crea quasi un loop infinito con l’una che rimanda continuamente all’altra. Per questo, dove c’è fantasia c’è anche poesia.
La poesia, a sua volta, non sta solo nelle parole; sta anche nel come ci approcciamo al mondo, alla vita. Sta nello sguardo che posiamo sulle cose di tutti i giorni e che trasformiamo in qualcosa di più significativo.

Photo by Anna Kolosyuk on Unplash

Allora, il semplice maglione verde che ci accingiamo a piegare (nel capitoletto “come piegare i vestiti”) non è solo un indumento come tanti, ma è custode delle tante cose che abbiamo visto, ascoltato, annusato, toccato mentre lo indossavamo. “Il sentimento del caffè caldo delle nove del mattino; lo scivoloso contatto di un corpo sulla metro; una goccia di pioggia gelata; le grida di sorpresa dei bambini davanti all’entrata di scuola; una o due parolacce espettorate con virulento e vernacolare vigore davanti al semaforo meno indulgente che ci sia in questo settore della città” e così via. L’elenco delle cose continua e non vi sembra vera poesia (soprattutto quel “virulento e vernacolare vigore”)?
Poesia è mettere per iscritto le cose belle, qualche volta anche meno belle, della vita.
E per quanti dicono che l’arte o la poesia siano cose inutili allora, sì, potrebbe avere ragione. La poesia è espressione dell’inutile, quell’inutile che diamo per scontato ma che, invece, permea continuamente le nostre giornate e la nostra vita.

«Tutta l’arte è completamente inutile», diceva Oscar Wilde. Ma il signor Wilde diceva così perché credeva che l’arte non avesse obiettivo altro se non essere per se stessa, l’arte per l’arte. E se l’arte è per l’arte, anche la vita è per la vita. C’è una ragione di fondo per vivere? E c’è una ragione di fondo per la poesia? Non basta constatare che si tratti di cose belle e che, in quanto portatrici di bellezza, abbiano ragione di esistere?

Se questa “filosofia”, fatta esclusivamente di quesiti, vi ha portato istintivamente a riflettere, a farvi domande voi stessi e, si spera, a darvi qualche risposta, allora sappiate che un discorso del genere me lo ha scatenato proprio quel “manuale dell’inutile”, che dunque tanto inutile non sembra essere.
Scorrendo quest’ultima opera di Valerio Cruciani vi ritroverete a sorridere, ad immaginare come sarebbe bello provare a suonare delle campane seguendo le istruzioni del manuale. Vi ritroverete a riflettere e ad annuire come le vecchiette di paese che trovano il giusto proverbio di circa 103 anni fa per descrivere la situazione su cui stanno facendo gossip.

Ma, d’altronde, è vero che “per ascoltare bisogna chiudere gli occhi, diventare un tutt’uno con la vibrazione dell’aria. Fermarsi sotto al temporale, per esempio. Dimenticare l’immagine, l’illusione, e far entrare dentro di noi direttamente la cosa”.
E vi farà anche emozionare, non solo per le trovate poetiche che vi aiuteranno a ritrovare un po’ di quella bellezza nascosta della vita, ma anche per le istruzioni consigliate su come, ad esempio, piangere. L’atto di piangere fa parte della nostra vita, magari della nostra quotidianità, anche se spesso lo rifiutiamo, lo resistiamo. E se vi ritroverete a piangere, leggendo proprio il capitolo intitolato “come piangere”, tranquilli, avrete solo applicato nel modo più corretto le istruzioni.

Photo by Nick Fewings on Unplash

Il Manuale dell’inutile può non essere letto tutto d’un fiato, anche se lo stesso autore invita a “trattenere il fiato” una volta che si inizia la lettura. Forse, la prima volta che si ha tra le mani questo volume, la voglia di leggerlo senza fermarsi viene naturale, data anche la scorrevolezza della scrittura. Ma l’impressione è quasi quella di un libro di ricette, fisso su una mensola della cucina, per poter essere consultato ogni qual volta dimentichiamo quanta farina ci va nella torta di mele.

Ecco, il Manuale dell’inutile è come un libro di ricette. Quando dimentichiamo come si fa una cosa, andiamo a ricercarla, leggiamo le istruzioni e le mettiamo in pratica. Potrebbe sembrare strano dimenticare come si apra un ombrello, è vero. Ma non se proviamo a giocare con la vita e con ciò che ci offre. Se un giorno ci dovessimo rendere conto di essere stufi di vedere sempre lo stesso stendino sul balcone di fronte al nostro, basterà consultare il manuale, tornare al capitolo “come aprire una finestra” e riuscire a vedere tutt’altro.
Forse, il momento in cui apriamo questo manuale, è lo stesso momento del sussurro. Il sussurro alla scintilla della fantasia che, con la stessa semplicità con cui apriamo un libro, dà il via ad un vero e proprio falò dentro ognuno di noi.

Copertina: Photo by Markus Winkler on Unplash

Noemi Chianese
Noemi Chianese si è laureata in Lettere Moderne all’Università di Tor Vergata e frequenta il corso di Media e Comunicazione Digitale all’Università La Sapienza. Con tutta probabilità la passione per il cinema è nata quando era ancora nel grembo materno e, da allora, si è espressa in lunghe file ai red carpet, film fino a tarda notte e poster che tappezzano la sua camera. Il sogno è quello di stare dietro le quinte dove avviene tutta la magia, dove viene soddisfatta ogni curiosità e dove si può trovare il miglior posto in sala.

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