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Cianobatteri e crisi climatica: potrebbero assorbire enormi quantità di CO2 dall’atmosfera

Uragani, tempeste, alluvioni: gli eventi estremi sono all’ordine del giorno. Come se non bastasse sei confini planetari su nove sono stati superati (crisi climatica compresa) e anche il settimo, vale a dire l’acidificazione degli oceani, sta per essere oltrepassato.

Inoltre, gli impegni presi per contenere l’emergenza ambientale non sembrano essere sufficienti e, continuando di questo passo – secondo l’Asvis –, solamente il 17% dei target delineati nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile verrà effettivamente raggiunto entro la scadenza.

Abbiamo bisogno di soluzioni valide per contrastare la crisi climatica e, tra queste, troviamo i sistemi di stoccaggio dell’anidride carbonica. Questa volta, però, la ricerca non si è concentrata sullo sviluppo di tecnologie ma ha preferito dedicarsi agli elementi già presenti in natura: i cianobatteri

Cianobatteri: cosa sono, qual è la loro funzione e dove si trovano

Apparsi sulla Terra 3,5 miliardi di anni fa, i cianobatteri sono gli unici procarioti fotosintetici ossigenici, vale a dire in grado di usare la luce come fonte di energia, ma anche capaci di usare l’acqua come fonte di elettroni e di produrre ossigeno molecolare. Si trovano in quasi tutti gli ambienti acquatici, compresi quelli polari: infatti, una loro caratteristica è proprio quella di riuscire a sopravvivere e proliferare in condizioni estreme.

Svolgono, inoltre, un ruolo importante nel ciclo del carbonio ed è stato scoperto un ceppo (denominato Chonkus) che potrebbe aiutare la nostra specie a contrastare la crisi climatica. In che modo? Ha il potenziale di catturare più anidride carbonica di quanto facciano gli alberi.

Ma vediamo cosa hanno scoperto le ricercatrici e i ricercatori.

I cianobatteri e la loro applicazione nel contrasto alla crisi climatica

La ricerca che ha portato a questa scoperta – pubblicata su Applied and Environmental Mycrobiology – è stata effettuata da un team internazionale di ricercatrici e ricercatori provenienti da: Wyss Institute, HMS, Weill Cornell Medical College, Colorado State University, Università del Wisconsin-Madison, MIT, National Renewable Energy Laboratory in Colorado e l’Università di Palermo. 

La spedizione sul campo è stata effettuata al largo della costa della Baia di Levante nell’isola di Vulcano, in Sicilia. La regione, infatti, presenta infiltrazioni vulcaniche marine poco profonde (comprese tra 1 e 4 metri di profondità) che rilasciano continuamente CO₂ e che a differenza di quelle più profonde (che la luce solare non riesce a raggiungere) hanno accesso ad abbondante acqua, luce e anidride carbonica, tutti elementi fondamentali per la fotosintesi ossigenica, nonché per la crescita dei cianobatteri.

L’ipotesi iniziale, elaborata dal gruppo di ricerca, prevedeva che le infiltrazioni di anidride carbonica poco profonde potessero contenere nuovi organismi per il sequestro del carbonio. Le emissioni di anidride carbonica sono, infatti, un elemento trainante nella crisi climatica e trovare delle soluzioni per limitarle o smaltirle è fondamentale. E a questo proposito i risultati di tale ricerca fanno ben sperare.

Cosa hanno scoperto le ricercatrici e i ricercatori

Lo studio riporta che Chonkus (o UTEX 3222) ha la capacità di raddoppiare ogni 2,35 ore in un mezzo liquido e di crescere ad alta densità in coltura batch (o a circuito chiuso) la quale permette di mantenere il numero dei batteri costante. Un’altra caratteristica importante è che affonda facilmente e in modo naturale, depositandosi più velocemente di altri ceppi a crescita rapida. Tali qualità sono proprio quelle che, secondo le ricercatrici e i ricercatori, potrebbero rendere Chonkus una buona scelta per rimuovere la CO₂ dall’atmosfera.

Il fitoplancton marino rappresenta circa la metà della produzione primaria fotosintetica sulla Terra, fissando circa tre volte il carbonio delle emissioni totali di gas serra antropogenici. Si stima che circa un quinto di questo carbonio catturato venga esportato nelle profondità dell’oceano e a rendere i cianobatteri in questione tanto adatti allo stoccaggio di CO₂ sarebbe proprio la loro capacità di inabissarsi facilmente.

Assorbimento della CO2: alberi e cianobatteri a confronto

Dallo studio emerge un altro dato interessante: considerando il suo successo nell’aumento di scala, l’ottimizzazione del tasso di crescita, la completa sepoltura o conversione della sua biomassa e il rilascio limitato di CO2 in seguito alla decomposizione della stessa, UTEX 3222 potrebbe superare la biofissazione – vale a dire la capacità di assorbire gas serra – degli alberi.

Chonkus non è ancora stato testato nella coltivazione all’aperto ma, come affermano le ricercatrici e i ricercatori, è possibile prevedere le sue prestazioni sulla base di altri ceppi di microalghe che sono stati sottoposti a entrambi i test.

Su questa base, nell’articolo leggiamo che potrebbe assorbire oltre 2.000 tonnellate di CO2 per ettaro all’anno, una quantità decisamente maggiore rispetto alle foreste, la cui capacità di stoccaggio varia tra le 4,5 alle 40,7 tonnellate.

In un mondo che ha raggiunto una concentrazione di CO2 di 420 ppm, Chonkus potrebbe quindi diventare una risorsa importante per la rimozione dell’anidride carbonica, nonché uno strumento importante per la mitigazione della crisi climatica

Non solo mitigazione: ricordiamoci che prevenire è meglio che curare

Ricerche di questo tipo sono indubbiamente fondamentali nel contesto socio-ecologico in cui siamo inseriti. Nel frattempo, però, dobbiamo anche impegnarci a tagliare le emissioni di gas serra e per fare questo non abbiamo necessariamente bisogno delle istituzioni scientifiche e politiche: anche come singoli possiamo fare la nostra parte!

Spesso si ha la tendenza a pensare che le azioni individuali hanno poca importanza quando si parla di impatto ambientale. Ma dobbiamo ricordarci che le nostre stesse azioni sono compiute da altri miliardi di persone.

Cosa possiamo fare, quindi, per ridurre la nostra impronta di carbonio? Tra le azioni più importanti troviamo la riduzione del consumo di carne, essendo l’allevamento uno dei settori che rilascia maggiori quantità di gas serra. Ma anche diminuire lo spreco alimentare, utilizzare il trasporto pubblico o mezzi sostenibili e, soprattutto, votare per il clima sono passi fondamentali per contrastare l’emergenza ecologica.

Possiamo costruire un mondo più sostenibile. Un passo alla volta.

Martina Cordella
Martina Cordella è laureata in Scienze Umane per l’Ambiente con indirizzo editoria e giornalismo. Si occupa di rapporto umano, non umano e ambiente sui social adottando un approccio interdisciplinare, con particolare attenzione all’aspetto socio culturale della questione. Decisiva nel suo percorso è stata l’esperienza di volontariato presso l’Oasi Lipu di Ostia, che le ha dato la possibilità di toccare con mano diversi aspetti della questione ambientale, dall’attività pratica di soccorso della fauna selvatica all’aspetto educativo e sociale. Il suo percorso (accademico e associazionistico) le ha dato l’opportunità di unire le sue passioni: scrittura, ambiente e fotografia.

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