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Venezia81: “Il mio compleanno” di Christian Filippi

È Christian Filippi a rappresentare l’Italia nella sezione Biennale College Cinema di Venezia 81, il progetto della Biennale che segue per un anno i filmmaker selezionati, e li aiuta a realizzare la loro opera prima, o seconda, con un finanziamento a micro-budget. 

Il suo lungometraggio, dal titolo Il mio compleanno, interpretato da Zackari Delmas, Silvia D’Amico e Giulia Galassi, racconta la storia di Riccardo, che alla vigilia dei suoi diciotto anni, decide di scappare dalla casa-famiglia che lo ospita per ricongiungersi con la madre da cui è stato allontanato perché affetta da disturbi della personalità. 

Una storia di sbandati, di figli di madri sbandate, di madri che il loro figlio neanche lo volevano, di figli che idealizzano l’amore di quelle madri, che hanno bisogno di qualcuno che dia loro fiducia prima ancora che affetto. Di figli che, alla fine, dimostrano più maturità di chi li ha messi al mondo. 

Il regista ha raccontato di aver sviluppato il soggetto a partire da un laboratorio di scrittura da lui tenuto in alcune case-famiglia di Roma qualche anno fa. Dopo quell’esperienza, Christian Filippi ha messo insieme i racconti dei ragazzi, dei loro tutor e degli assistenti sociali, creando una storia vera, autentica, che sa rendere la fragilità e la falsa durezza di un ragazzino che rappresenta una generazione. 

Zackari Delmas ci mette poche inquadrature a entrare in empatia con chi lo guarda, con chi fissa lo sguardo su quel faccino che combatte tra la tenerezza e la sfrontatezza di chi sta aspettando il diciottesimo compleanno per poter dire “ora sono grande”. 

Una tenerezza che non sa nascondere quando parla, scherza e persino litiga con la sua tutor Simona, come quando, per dimostrare di essere tranquillo in vista dell’udienza con il giudice tutelare per l’ottenimento dell’art. 25 che gli permetterebbe di restare ospite della casa-famiglia, si mette a ballare con lei. Una tenerezza che prevale anche nel finale, quando nasconde quel cellulare proibito. Riccardo, Riccardino, Ricco, come ognuno lo chiama, è esattamente così: un mix di caratteri, a volte contrastanti, che lo fanno passare dalla disperazione di un gesto, più minacciato che realmente progettato, alla rabbia, all’astuzia propria di chi non ha nulla da perdere, alla noncuranza e perfino all’ironia. 

E così riesce a far commuovere anche mentre ruba un cellulare, o distrae un commerciante con la storia della crostata di visciole per permettere alla madre di rubare del cibo. Le cose, però, non sempre vanno come un ragazzino vorrebbe, e quando Riccardo se ne rende conto, fa la cosa giusta. Anche se ormai quell’art. 25 sarà stato negato, anche se Don Ezio – il responsabile della casa famiglia – sarà tanto arrabbiato con lui e anche con Simona, forse non tutto è perduto. Lo capiamo da una frase che la stessa Simona dice mentre lo riaccompagna, lo capiamo dal discorso per la giudice che Riccardo aveva imparato e che ora assume il tono della verità. “Giudice, ho riflettuto molto sulla mia condizione, sono stati anni difficili, di solitudine, di rabbia… Ma adesso voglio usarlo diversamente il mio tempo: lo voglio dimostrare a me stesso, mi voglio dare un’altra possibilità”.  

Lo capiamo, infine, dal sorriso pieno di speranza dopo l’uscita da quel cancello che ha custodito i suoi sogni e i suoi desideri per ben quattro anni.  

Il regista ha fatto un ottimo lavoro, con questo suo lungometraggio in cui l’attenzione al particolare è sottolineata anche da un formato in quattro terzi, che aiuta lo spettatore a focalizzarsi e a non perdersi, come si perdono, spesso, i ragazzi delle generazioni invisibili nel loro continuo confronto con un mondo troppo grande per contenerli.

Rita Ippolito
Rita Ippolito è laureata in Dams, indirizzo Cinema e Televisione e ha una passione per il cinema e l’animazione giapponesi. È mamma di due ragazze, con le quali condivide l’amore per la sala cinematografica (“i film vanno visti al cinema”) e per i titoli di coda (“non capisco chi si alza prima che siano finiti”). Legge molto, ama scrivere, e il suo motto sembra essere: “Di passioni non si vive, ma senza si muore”.

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