Ridere cura l’anima, allunga la vita. Farsi una bella risata ogni tanto aiuta a distrarci da qualsiasi preoccupazione e ci ricorda che la vita, nonostante tutto, può essere proprio bella.
Ma non è sempre facile crearla, quella risata. Chi ci riesce e chi continua a riuscirci per tanti anni, arrivando a persone di tutte le età e continuando a reinventarsi, è un vero maestro.
Eduardo Scarpetta è stato proprio questo, non solo per il teatro napoletano, ma per la commedia in generale e per il teatro mondiale. Alla fine dell’800 la commedia era ancora considerata solo come genere popolare, basso. Niente che si potesse avvicinare all’arte, alla poesia di poeti come D’Annunzio. Scarpetta affrontò un processo per il presunto plagio di una tragedia del Vate. Con il suo ingegno, La figlia di Iorio, divenne Il figlio di Iorio.

Con questo evento centrale della vita di Scarpetta come sfondo, Martone ci mostra innanzitutto l’uomo. L’uomo che non era solo attore e autore teatrale, ma anche marito e padre. Martone affronta una figura così grande, che ha dato così tanto alla cultura del nostro Paese e ce lo mostra per quello che era.
Un genio, certo, ma anche un uomo imperfetto, che nella vita ha imposto le sue decisioni, incurante molto spesso dei sentimenti altrui.
In questo senso, la sua famiglia apparentemente unita, era divisa per diversi motivi. Eduardo aveva avuto in realtà un solo figlio con sua moglie, Vincenzo.
I figli che poi sono diventati simboli del teatro italiano, Eduardo, Titina e Peppino, li aveva avuti con Luisa De Filippo, nipote della moglie Rosa.
Fino alla fine della sua vita, non li riconobbe mai come figli legittimi.
Martone ci trasporta ancora una volta nella vita di un personaggio che ha fatto la storia, con uno stile classico ma attento ai dettagli e ai sentimenti. Le interpretazioni del cast non fanno che aggiungere valore ad una pellicola che già grande valore lo aveva.

A partire da Toni Servillo, ormai dato per scontato come l’attore italiano più camaleontico. Un artista capace di trasportarti in qualunque epoca, in qualunque luogo, in qualunque anima.
Così come sta iniziando a fare anche Eduardo Scarpetta, quello che ora vediamo sui nostri schermi.
Il giovane attore, discendente diretto del famoso Scarpetta protagonista del film, interpreta Vincenzo. Quest’ultimo era il figlio che doveva ereditare l’eredità del padre, continuando ad interpretare Felice Sciosciammocca, il personaggio che ha rivelato a tutto il pubblico la bravura di Eduardo Scarpetta.
Ma Vincenzo voleva di più, voleva qualcosa di diverso e voleva essere onesto davanti a quel padre spesso noncurante.
Dunque, il personaggio di Eduardo è il protagonista di Qui rido io, ma protagoniste sono anche le dinamiche relazionali con i membri della sua famiglia. I tormenti e i dubbi degli altri membri familiari e degli amici dello stesso Scarpetta.
Spesso la sua personalità ingombrante ed egoista oscurava il talento e l’amore che anche i suoi figli avevano per il teatro.
Solo il piccolo Eduardo (De Filippo), sentiva quasi la necessità di seguire le orme del padre, recitando e iniziando a scrivere commedie sin da piccolo.

Scarpetta, visto dall’interno e non dal palcoscenico nei panni di qualcun altro, era quindi un uomo del suo tempo. Tanto all’avanguardia nella sua arte, ma tanto radicato nei tempi che furono per quanto riguarda la sua personalità e il suo rapporto con la famiglia.
Nonostante ciò, senza Eduardo Scarpetta non ci sarebbe stato Eduardo De Filippo, probabilmente il più importante autore teatrale italiano del Novecento.
L’arte è controversa e controversi sono i personaggi che si nascondono dietro la penna, il pennello e ogni strumento possibile.
Ma, in fin dei conti, è la vita la prima ad essere controversa ed è per questo che gli artisti come Scarpetta sono quelli che colgono al meglio le mille sfaccettature della vita.