Presentato fuori concorso alla settantotesima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Last night in Soho, a quattro anni di distanza dal suo Baby Driver, è l’ultimo lavoro diretto da Edgar Wright.
Wright ci presenta un film coloratissimo ambientato in gran parte negli anni ’60 in cui lo spettatore viene completamente catapultato.
La storia è quella di Eloise, detta Ellie, che vive con la nonna, dopo che la madre si è suicidata, in un piccolo paese della Cornovaglia.
La sua vita cambia totalmente quando viene presa in una scuola di moda a Londra per incorniciare il suo sogno di diventare stilista.
La protagonista si ritroverà nella movimentata e immersiva capitale inglese e, dopo aver abbandonato il dormitorio universitario, si trasferirà in una vecchia casa in cui abita un’anziana di nome Miss Collins.
In questo luogo Ellie inizierà a sognare Sandie, una ragazza in cerca di successo nella Londra degli anni ’60, ritrovandosi così in un limbo tra sogno e incubo.

Last night in Soho è un film nostalgico e disturbante che riprende, non solo i grandi maestri dell’horror come Dario Argento e Hitchcock ma anche registi come Refn con il suo The neon demon o Roman Polanski con Repulsione.
Wright riesce a ricreare perfettamente l’atmosfera di quegli anni riuscendo non solo a contestualizzare l’utilizzo delle luci, ma anche quello della musica, sempre di alto livello, che gioca un ruolo fondamentale soprattutto nelle scene spaventose.

Il film però non punta ad essere solo un semplice horror psicologico o un giallo, ma anche un racconto sulla violenza di genere, sulla visione del corpo della donna come oggetto sessuale e sulla figura maschile come predatore.
Infatti, la storia approfondisce molto la tematica sull’approfittarsi dei sogni di giovani donne da parte di produttori o manager e inoltre, esplora anche, attraverso la protagonista, i disturbi mentali con dei risvolti molto originali.
Le due attrici Thomas McKenzie e Anya Taylor-Joy ci regalano due interpretazioni impeccabili, tanto da reggere entrambe tutto il film.
Edgar Wright ci ipnotizza con un’opera che si divide tra reale e onirico, travolgendoci a tal punto che non vorremmo più andare via da Soho.