E se uno sconosciuto vi chiedesse qual è stato il vostro ultimo sogno, lo raccontereste?
Possiamo pensarla come vogliamo: i sogni possono essere premonitori, i sogni ripercorrono i ricordi, i sogni sono il riflesso delle nostre paure più profonde.
In qualsiasi modo si voglia pensarli, i sogni sono uno dei misteri più affascinanti della nostra realtà e degli esseri umani.
Per questo, il regista Shoja Azari e la regista Shirin Neshat ricercano la loro storia mescolando mondo dei sogni e mondo reale. O, almeno, un mondo che potrebbe essere reale, data l’ambientazione del film in un futuro prossimo (e distopico).
Land of dreams ha al suo centro Simin (Sheila Vand), una ragazza di origini iraniane, cresciuta in America che lavora per l’Ufficio Censimenti.

Ma nell’America futuristica, l’Ufficio Censimenti non chiede solo come è composta la nostra famiglia.
Infatti, a chiunque lo voglia raccontare, chiede anche di raccontare l’ultimo sogno che ricorda di aver fatto.
Una domanda sicuramente inusuale, alla quale la maggior parte degli intervistati reagisce male o con stupore.
C’è chi racconta senza problemi e chi custodisce i propri sogni come scrigni segreti.
Ma Simin è brava nel suo lavoro e la gente le parla. Lei ascolta e certe volte rimane così affascinata dai sogni che le vengono raccontati che scatta una foto della persona che ha appena intervistato. Tornata a casa, si vestirà e truccherà esattamente come quella persona e, di fronte una telecamera, racconterà un sogno non suo nella sua lingua madre, il Farsi.
Nel suo lavoro quotidiano e nei suoi viaggi per andare a trovare persone da intervistare, Simin si ritrova tra due uomini; uno è Alan, guardia del corpo che le viene affidata dal suo ufficio. Alan, interpretato da Matt Dillon, è un po’ rozzo, un po’ sfacciato e spinto dalle pulsioni più basilari e umane.
Dall’altra parte c’è invece Mark (William Moseley), un ragazzo che Simin incontra in uno dei suoi sopralluoghi e che si rivela un personaggio bizzarro. Segue Simin ovunque (o meglio si ritrova ad essere sempre dov’è Simin), dichiara di amarla al loro primo incontro, scrive haiku e cammina tanto.

Alan e Mark sono due poli opposti e per questo potrebbero essere visti come le proiezioni di desideri contrastanti in Simin. Da una parte il bravo ragazzo, romantico e alla vecchia maniera, dall’altra l’uomo più passionale, che rispecchierebbe le stesse spinte sessuali della protagonista.
In realtà, la lettura dei personaggi e delle stesse situazioni è molto aperta ad interpretazioni, un po’ come possono essere aperti ad interpretazioni i sogni stessi.
D’altronde, man mano che il film scorre, ci rendiamo conto che ciò che stiamo vedendo è al confine tra sogno e realtà.
Le persone che incontra Simin sono veramente così? Fanno veramente quello che vediamo? Esistono davvero o solo nel subconscio della protagonista?
Land of dreams non è però solo un film sui sogni. È anche un film politico, che esplora l’America del futuro, che è la stessa America di Trump. Il razzismo continua ad essere la piaga del Paese, gli stranieri l’incubo dei suoi abitanti. Si può parlare di politica, certo, ma in America il razzismo è una questione di tradizione. Qualcosa di talmente radicato nel passato e nella nascita stessa degli Stati Uniti, che anche nel futuro (quel futuro che prospettiamo migliore) non scompare mai del tutto.

Simin si destreggia in questo mondo razzista, ipocrita, che non lascia andare il passato anche se il passato è stato tragico. Si destreggia, ma più che altro cerca di sopravvivere. Nemmeno lei, in fondo, riesce ad abbandonare un passato che le è tanto caro, quando i suoi genitori potevano ancora renderla felice.
Veste costantemente di nero e di altri colori solo quando interpreta le signore che intervista, come se non avesse una personalità propria. Ma come ci vestiamo e quali sono i nostri hobby non sempre rispecchiano chi siamo. Perché durante il film, Simin dimostra la sua consapevolezza come persona, come donna, come iraniana. E prende le sue decisioni, mettendo da parte ciò che la circonda e che le viene imposto, andando a ricercare un passato perduto che ha lasciato domande irrisolte.
Il primo film della sezione Orizzonti Extra della Mostra Cinematografica di Venezia è dunque un viaggio tra realtà e sogno, tra satira politica e dramma personale, che unisce situazioni, persone e parole un po’ come se fossero frammenti di un sogno.
Quando ci risvegliamo e ricordiamo di aver sognato qualcosa che ci sembra sconnesso è perché nel risveglio perdiamo dei pezzi, magari pezzi importanti che avrebbero risposto a tutte le nostre domande.
E così succede anche in Land of dreams, dove un sogno ne racchiude tanti altri e dove ciò che non riusciamo a spiegarci, rimane sconosciuto proprio come l’ultimo sogno di cui abbiamo memoria.