Nella Roma assediata dai nazisti, dove non c’è più spazio per intrattenere il pubblico, un gruppo di artisti di strada viene privato del suo circo a causa dei bombardamenti.
Spaventato dall’idea di non trovare più un pubblico, né un lavoro, Israel decide di partire per l’America insieme al suo gruppo di freaks: Fulvio l’uomo più peloso del mondo con una forza soprannaturale, Mario un nano che è anche una calamita umana, Cencio che controlla ogni tipo di insetto e, infine, la misteriosa Matilde detta “la ragazza elettrica”.

Il viaggio verso un nuovo mondo e una nuova realtà sarà interrotto dalla scomparsa di Israel ed è così che i suoi amici freaks inizieranno le ricerche andando incontro ad una grande avventura.
Presentato in concorso alla settantotesima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Freaks Out, il secondo film di Gabriele Mainetti, si chiede:
che cosa vuol dire essere effettivamente normali? E cosa ci rende mostri o diversi?

Riprendendo l’opera omonima di Tod Browning del 1932, Mainetti decide di omaggiare quest’ultimo raccontando una storia in cui i mostri agiscono come uomini e gli uomini agiscono come mostri, dove non esistono supereroi ma uomini con superpoteri.
Rifacendosi un po’ a grandi cineasti come Tim Burton e Quentin Tarantino, il regista si ispira a vari generi nei quali ritroviamo non solo richiami cinematografici ma anche graphic novel e pop culture degli ultimi anni.
Freaks Out, ambientato in un periodo storico doloroso, ci parla della diversità che fa suonare il campanellino da allarme e finisce nella violenza.
Contemporaneamente, la stessa diversità riesce a creare una famiglia di circensi che può arrivare a cambiare il destino del mondo.
Mainetti riesce a dare giustizia ad un popolo perseguitato per anni, attraverso i suoi personaggi che riescono a dare molteplici spunti di riflessione.
L’ultima opera del regista parla ad ognuno di noi, ci emoziona e ci conquista facilmente il cuore.
Un film che si ha voglia di vedere e rivedere senza mai stancarsi e che ci torna costantemente in mente senza andare più via.