Il cuore si inizia a formare appena 3 settimane dopo il concepimento e intorno alla sesta settimana (o anche prima) comincia a battere: continuerà per tutta la vita, circa 70 volte al minuto, per portare il sangue ricco di ossigeno al resto del corpo.
È il primo, nella breve storia dei cuori in miniatura o cardioidi, a contenere anche le cellule dell’epicardio, lo strato più esterno del muscolo cardiaco. A darne l’annuncio è stata l’università in un comunicato stampa.
La rivoluzione degli organoidi
Sono trascorsi più di 10 anni da quando lo scienziato Hans Clevers ha coltivato in laboratorio il primo organo in miniatura a partire da cellule staminali. Da allora, la tecnica per creare i cosiddetti organoidi ha continuato a fare progressi: i ricercatori sono riusciti a far crescere fuori dal corpo umano una varietà di mini-organi, come polmoni, fegati, cervelli e intestini. Queste repliche in miniatura permettono di testare nuovi farmaci e di studiare i processi fisiologici e patologici degli organi umani in una piastra da laboratorio.
Dal 2009 ad oggi, però, la ricerca sugli organoidi ha viaggiato a velocità diverse: alcuni come i polmoni o l’intestino sono già in una fase di sviluppo avanzata, altri più complessi come l’ovaio o il cuore hanno una storia più recente.
I cardioidi per le malattie cardiovascolari
Quella degli organoidi di cuore, ad esempio, è iniziata solo qualche anno fa. Nel 2021 i ricercatori dell’Accademia delle scienze austriaca hanno realizzato il primo “cardioide”, un piccolo modello tridimensionale di cuore a partire da cellule staminali. A onor del vero, le primissime versioni risalgono a qualche anno prima, ma necessitavano ancora di una impalcatura artificiale per sorreggere le cellule cardiache e perciò non riproducevano esattamente la fisiologia di un cuore umano.
L’interesse per gli organoidi di cuore oggi è più vivo che mai. Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la prima causa di morte nel nostro paese, responsabili del 34,8% di tutti i decessi: tra ischemie, infarti e malattie del cuore, le vittime in Italia sono circa 230.000 ogni anno. I cardioidi potrebbero aiutare gli scienziati a studiare più da vicino le malattie del cuore, senza ricorrere ai modelli animali – che possono produrre risultati non affidabili – ma testando i farmaci direttamente su cellule umane.
Il primo “epicardioide”
I (pochi) modelli realizzati fino ad ora contengono solo le cellule del muscolo cardiaco, i cardiomiociti, e le cellule della parete interna del cuore, l’endocardio. Ma esiste anche una terza popolazione di cellule che rivestono la parete esterna del cuore, l’epicardio, con un ruolo nella formazione delle camere cardiache (gli atri e i ventricoli), del tessuto connettivo e dei vasi sanguigni.
Il materiale di partenza, come sempre, sono le cellule staminali pluripotenti, ancora immature e in grado di dare origine a qualunque altro tipo cellulare. I ricercatori le hanno indotte a trasformarsi in cellule cardiache aggiungendo al liquido di coltura le molecole segnale e i fattori di crescita che stimolano la formazione del cuore nel feto.
Lo sviluppo del cuore in diretta
I cardioidi permettono di studiare in diretta le fasi più precoci dello sviluppo del cuore, che nell’essere umano inizia a formarsi già tre settimane dopo il concepimento, spesso prima ancora che la donna scopra di essere incinta.
Nell’uomo, queste cellule comparirebbero solo per pochi giorni, ma potrebbero avere un ruolo nell’autoriparazione del cuore fetale. La capacità di autorigenerarsi è invece assente nel cuore adulto, che dopo un infarto non è più in grado di riparare la porzione danneggiata, ma la sostituisce con un tessuto cicatriziale fibroso e poco elastico. Questa scoperta potrebbe quindi aprire nuove strade per riparare un cuore danneggiato, una delle sfide più complesse della medicina rigenerativa.
Testare nuovi farmaci personalizzati
I cardioidi non permetterebbero solo di studiare lo sviluppo del cuore, ma anche di testare nuovi farmaci direttamente su cellule umane, con risultati più affidabili dei modelli animali e soprattutto “cuciti su misura” per ogni paziente. Cardioidi personalizzati potrebbero essere coltivati in laboratorio usando le cellule staminali dei pazienti per riprodurre le caratteristiche della loro malattia e testare l’efficacia e la tossicità dei farmaci senza rischi per le persone. Non è solo teoria: i ricercatori hanno creato in laboratorio un cardioide con le cellule staminali di un paziente affetto dalla malattia di Noonan, una sindrome genetica che causa tra i suoi sintomi anche una formazione anomala delle pareti e delle valvole del cuore.