Oggi l’intelligenza artificiale (IA) è in grado di fare cose straordinarie, come scrivere testi complessi, diagnosticare malattie e guidare veicoli autonomi. Ma non può ancora sostituire l’intuizione e la creatività umane: riuscirebbe una macchina a dipingere la Cappella Sistina come Michelangelo o a comporre un’opera lirica immortale come La Traviata di Verdi?
Anche nella scienza, è stata spesso la creatività umana a dare il via a scoperte rivoluzionarie. Senza quella scintilla, forse Einstein non avrebbe mai immaginato una realtà complessa come lo spazio-tempo, Watson e Crick non avrebbero mai visualizzato la struttura nascosta del DNA, e così via.
Ma anche se non riesce (ancora) a replicare l’ingegno e l’originalità degli esseri umani, l’IA può elaborare articoli, “dipingere” quadri e comporre musica. Ma allora può anche fare scienza?
I risultati, pubblicati in anteprima sul server arXiv in attesa di peer-review, hanno già aperto il dibattito su come l’IA potrebbe trasformare il futuro della ricerca scientifica.
Come l’IA trasforma il lavoro
È solo questione di tempo prima che l’IA rivoluzioni il mondo del lavoro. Secondo una analisi del Fondo Monetario Internazionale, l’IA influenzerà quasi il 40% delle professioni. Alcuni lavori scompariranno nei prossimi anni, ma ne nasceranno di nuovi, legati al mondo del digitale, dell’analisi dei dati o della robotica.
Alcuni lavori, invece, verranno influenzati poco o niente dall’IA. Il settore psico-sanitario o scolastico ed educativo, ad esempio, richiedono qualità umane come ascolto, empatia ed esperienza che difficilmente potranno essere sostituite da una macchina. Anche professioni che richiedono un alto grado di creatività (scrittori, artisti, chef, architetti) possono considerarsi “al sicuro”, ma potranno beneficiare dell’IA per accelerare o potenziare il lavoro.
L’IA può fare scienza?
Fare scienza è uno dei mestieri più creativi al mondo. Il progresso scientifico si realizza solo con il coraggio di esplorare nuove strade e pensare fuori dagli schemi. La teoria della relatività di Einstein, ad esempio, si fonda su una intuizione radicale per l’epoca, perché richiedeva un allontanamento completo dalle idee fisiche tradizionali, proponendo invece un nuovo concetto astratto – tempo e spazio non come entità separate, ma interconnesse – che poteva essere difficile da visualizzare.
Ma se la parte creativa è fondamentale per dare il via a nuove scoperte, il 90% del lavoro di un ricercatore consiste nel condurre esperimenti per confermare o smentire le ipotesi. L’IA, quindi, pur non sostituendosi completamente al ricercatore, può già accelerare la scoperta scientifica, automatizzando gli aspetti più ripetitivi e arrivando persino a condurre la ricerca in modo autonomo. Quasi dieci anni fa, per esempio, il progetto “The Automatic Statistician” era già capace di analizzare set di dati statistici e redigere articoli per conto proprio.
IA nuova protagonista della ricerca
AI Scientist, sviluppato dalla compagnia Sakana AI con sede a Tokyo e da team di ricerca in Canada e nel Regno Unito, non è un semplice software. È in grado di analizzare la letteratura scientifica esistente, formulare ipotesi, testarle con esperimenti automatizzati e persino scrivere articoli scientifici. Può addirittura eseguire una revisione dei propri dati, valutando la validità delle proprie conclusioni.
Nessuno aveva ancora creato un sistema che includesse l’intera comunità scientifica in un unico software. AI Scientist funziona grazie a un grande modello di linguaggio, che è un tipo di intelligenza artificiale capace di comprendere e generare testo. Per fare ricerca, usa un algoritmo che cerca articoli simili nella letteratura scientifica. Il team ha poi applicato una tecnica chiamata computazione evolutiva, che si ispira al modo in cui avviene la selezione naturale. In pratica, l’algoritmo fa piccoli cambiamenti casuali e sceglie quelli che rendono il modello più efficace.
Gli instancabili robot-scienziati
AI Scientist è ancora limitato alla ricerca nel campo del machine learning (apprendimento automatico), ma non è in grado di condurre esperimenti in laboratorio, una componente cruciale della ricerca scientifica. Il passo successivo, spiegano i ricercatori, sarebbe passare da una IA che formula ipotesi a una che esegue anche manualmente gli esperimenti.
Sembra fantascienza ma in effetti è già realtà: nel 2020, i ricercatori dell’università di Liverpool hanno presentato il primo robot-scienziato, in grado di muoversi e lavorare in un laboratorio, ma con prestazioni di gran lunga superiori a quelle dei colleghi umani – ben 688 esperimenti in soli 8 giorni!
Solo l’anno scorso, invece, un robot-chimico dotato di una intelligenza artificiale ha scoperto come ottenere ossigeno da campioni di meteoriti provenienti da Marte, compiendo in sole 6 settimane un lavoro che un chimico in carne e ossa avrebbe portato a termine in 2000 anni di lavoro.
IA e scienza: limiti e progressi
Gli articoli prodotti da AI Scientist finora si sono limitati a migliorare algoritmi già esistenti. Gli attuali modelli di linguaggio utilizzati nei sistemi come AI Scientist, spiegano i ricercatori, “non sono in grado di formulare direzioni scientifiche nuove e utili al di là di semplici combinazioni superficiali di parole d’ordine.”
Ma è chiaro che l’IA giocherà un ruolo sempre più fondamentale nella scienza del ventunesimo secolo, automatizzando i processi e accelerando i tempi delle scoperte scientifiche.