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Venezia81: “Why War” di Amos Gitai

Nel 1932, Albert Einstein fu invitato dalla Società delle Nazioni a indirizzare una lettera su qualsiasi argomento a qualsiasi persona.

Scelse di corrispondere con Sigmund Freud su come evitare la guerra. Ancora oggi, la corrispondenza sulla guerra di due dei più grandi pensatori di tutti i tempi si rivela più che mai attuale.

Ispirato a questa corrispondenza tra Albert Einstein e Sigmund Freud di quasi un secolo fa, il film Why War ripercorre le radici della guerra e si lancia alla ricerca di una spiegazione della ferocia dei conflitti che popolano il nostro mondo.

Fuori Concorso, con: Irène Jacob, Mathieu Amalric, Micha Lescot, Jérôme Kircher, Yaël Abecassis, Keren Morr.

Amos Gitai: «Lo scambio di lettere tra Albert Einstein e Sigmund Freud ha definito il discorso moderno sulla violenza umana di massa che avviene in nome della religione, della razza e della nazionalità.

Il cinema che faccio si ispira alla realtà e al contesto in cui viviamo. I film evitano di mostrare l’iconografia e le fotografie degli orrori della guerra e della distruzione che continuano ad alimentare le guerre.»

Come scrisse Sigmund Freud ad Albert Einstein, concludendo la sua lettera: “Nel frattempo, possiamo dire a noi stessi: tutto ciò che funziona per lo sviluppo della cultura funziona anche contro la guerra”.

Un viaggio poetico, associativo, tutto basato su questi due pensatori: si parla dell’anima, del perché l’uomo, essere intelligente, voglia fare la guerra. Ne parla Einstein, sostiene che la cultura possa essere la cura del malessere dell’umanità ma poi arriva alla conclusione che neanche quella funziona.

La lunga passeggiata, i tavoli con i resti di una serata e di una manifestazione finita. Poi le foto, le ombre degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso. Inizia così il film, ma di fatto un manifesto, del grande regista israeliano Amos Gitai, nato a Haifa, oggi 74 enne, che ha dedicato la vita a parlare di pacecritico nei confronti del suo governo e sostenitore del pensiero che «con le guerre non si vince nulla, tranne la morte».

«I miei film sono dedicati a criticare il mio paese e gli autori che amo di più sono registi che criticano il proprio paese. Rossellini, Antonioni ad esempio in Italia, Visconti nel suo lavoro sull’Italia fascista: sono film critici riguardo al proprio paese.

Cominciamo a farlo anche noi! È facile venire qui e fare un discorso nazionalista, parliamo di noi! Lo suggerisco a tutti: ciascuno di noi ha tanto lavoro da fare nel criticare il proprio paese. Io ho fatto la mia parte e continuerò a farla!

Credo che serva un lavoro congiunto tra Israele e la Palestina, ed ecco perché lavoro tanto con l’eredità di Rabin, perché è stata l’unica finestra, in Medio oriente, che ci aveva dato una speranza. Rabin aveva compreso la necessità di creare questo dialogo, è stato ucciso dalla destra israeliana con l’aiuto dei palestinesi che hanno avuto il loro ruolo nell’indebolire la sua autorità e forza politica.

Continuiamo a parlare, creiamo ancora un punto di comprensione, cerchiamo di costruire qualcosa per il futuro del Medio Oriente!»

E in merito alla guerra in Medio Oriente al Lido è stato presentato l’appello dell’Associazione Articolo 21, che aderisce al Sindacato Europeo dei Giornalisti, per chiedere di consentire l’ingresso a Gaza delle croniste e dei cronisti che sono stati lasciati fuori dal muro. 

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