Tutto merito di un piccolo batterio che vive nel nostro intestino, o meglio dei suoi enzimi, che sono in grado di convertire sangue di gruppo A o B in sangue di gruppo 0, il “donatore universale”.
Una donazione di sangue è un gesto semplice, ma può salvare vite e migliorare la salute di milioni di persone. Ogni anno nel mondo si raccolgono circa 118 milioni di donazioni. Eppure, il sangue non basta mai e bisogna sempre controllare che sia del tipo giusto: ormai tutti sanno che il sangue può essere trasfuso solo se i gruppi sanguigni di donatore e ricevente sono compatibili.
Ma esiste un “sangue universale”, che può essere trasfuso in tutti i pazienti a prescindere dal loro gruppo sanguigno?
La risposta è sì: il sangue di gruppo 0 può essere donato a qualunque individuo, ma potrebbe non bastare per tutti o non essere disponibile alla velocità necessaria in caso di emergenze come disastri naturali o guerre. Per questo i ricercatori della Technical University of Denmark e della Lund University hanno pubblicato su Nature Microbiology un nuovo metodo per ricrearlo in laboratorio, con un piccolo aiuto.
La conversione enzimatica del sangue di gruppo A o B non è una tecnica nuova. I primi esperimenti risalgono al 1982, quando i ricercatori usarono un enzima estratto dai chicchi di caffè per trasformare l’antigene B in antigene H.
I gruppi sanguigni A, B, AB e 0
Ma facciamo un passo indietro: secondo il sistema AB0, i gruppi sanguigni A, B, AB e 0, e si classificano in base alla presenza di determinati antigeni sulla superficie dei globuli rossi.
Il gruppo A presenta l’antigene A sulla superficie, il gruppo B presenta l’antigene B e il gruppo AB li presenta entrambi. L’unica eccezione è il gruppo 0, che presenta un “antigene nullo”, detto anche antigene H.
A complicare la situazione, c’è il problema della compatibilità: ogni gruppo produce infatti anticorpi contro l’antigene assente. Il gruppo A produce anticorpi anti-B e viceversa, il gruppo 0 produce anticorpi anti-A e anti-B, il gruppo AB non produce nessun anticorpo.
Quindi, ad esempio, un individuo di gruppo A o B può ricevere sangue solo dal proprio gruppo sanguigno o dal gruppo 0. Un individuo di gruppo AB, invece, può ricevere da tutti, perché non possiede anticorpi contro nessuno.
Il gruppo 0 è il più “altruista”: può donare a tutti, a prescindere dal gruppo sanguigno, perché non possiede antigeni sulla superficie dei globuli rossi e dunque non provoca alcuna risposta immunitaria nel ricevente. Al contrario, però, produce anticorpi anti-A e anti-B, e quindi non può ricevere sangue da nessun gruppo a parte se stesso.
Come creare sangue artificiale universalmente compatibile
Il gruppo 0 è quindi un perfetto prototipo di sangue universale. In vari laboratori si sta studiando, ad esempio, come creare sangue artificiale universalmente compatibile, generando i globuli rossi a partire dalle cellule staminali ematopoietiche di donatori sani. Un’altra strada sono i surrogati sintetici, formati da piccole “sacche” di emoglobina con la capacità di attrarre le molecole di ossigeno al pari dell’emoglobina biologica.
La conversione enzimatica è la tecnica più antica, ma ad oggi anche la più promettente. Negli ultimi quaranta anni, la lista degli enzimi in grado di compiere la “magia” è cresciuta sempre di più. Il sangue di gruppo 0 prodotto per via enzimatica è stato trasfuso con successo in vari pazienti all’interno di sperimentazioni cliniche, ma si sono anche verificati degli episodi di incompatibilità, segno che una “universalità” completa non è ancora stata raggiunta.
La questione degli antigeni di superficie, infatti, è più complicata di quanto possa sembrare I ricercatori hanno scoperto da poco che non esistono soltanto gli antigeni A e B, ma anche le loro versioni “estese”. Anche se la struttura di base è la stessa, la presenza di porzioni extra di zuccheri legate alle estremità degli antigeni li rende immuni alla maggior parte degli enzimi usati fino ad ora. La conversione, quindi, è solo parziale: una parte dei globuli rossi trasfusi continua a essere riconosciuta dagli anticorpi del ricevente.
Per garantire risultati accurati, le diverse ricerche sulla creazione di sangue artificiale sono supportate da attrezzature avanzate. Per esempio, nella conversione enzimatica la centrifuga refrigerata e le bilance elettroniche, sono strumenti essenziali per la separazione e la pesatura delle cellule. Nel processo di produzione del sangue universale, inoltre, vengono utilizzate anche attrezzature come le micro-centrifughe per ematocrito per separare i componenti del sangue e gli incubatori per le colture cellulari.
Il batterio simbionte Akkermansia muciniphila
Akkermansia muciniphila è un batterio simbionte che vive nel nostro intestino e ha vari benefici per la salute, contro l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica, l’infiammazione cronica, l’invecchiamento e le malattie neurodegenerative. Ma i ricercatori della Technical University of Denmark e della Lund University non lo hanno selezionato per le sue proprietà benefiche, piuttosto per i suoi enzimi: un cocktail potentissimo di idrolasi e glicosidasi che è stato in grado di trasformare non solo gli antigeni A e B, ma anche quattro delle loro estensioni.
Per garantire la sicurezza del sangue creato in laboratorio, gli scienziati utilizzano frigoriferi da laboratorio e congelatori a -80°C per conservare campioni e reagenti.
Il sangue non basta mai, soprattutto ai giorni nostri, con una popolazione che entro il 2050 sarà costituita per un terzo da anziani sopra i 65 anni.
«Il sangue universale creerà un utilizzo più efficiente del sangue del donatore ed eviterà anche di somministrare per errore trasfusioni ABO non corrispondenti, che potrebbero altrimenti portare a conseguenze potenzialmente fatali nel ricevente», hanno commentato i ricercatori, sottolineando che la possibilità di creare sangue universale in laboratorio «semplifica anche la logistica del trasporto e della somministrazione di prodotti sanguigni sicuri, riducendo al minimo gli sprechi di sangue».