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Come nasce la scintilla del pensiero creativo?

Hai mai avuto un’idea brillante mentre stavi facendo la doccia o passeggiando nel parco? La leggenda vuole che Archimede esclamò “Eureka!” nella vasca da bagno e Isaac Newton intuì la legge di gravità quando una mela cadde dall’albero: la creatività spesso emerge nei momenti più inaspettati, mentre stiamo facendo altro o quando permettiamo alla nostra mente di deragliare dai binari del pensiero comune per intraprendere rotte inesplorate.

Ma cosa succede nel nostro cervello quando siamo colpiti da queste ispirazioni improvvise?

Lo hanno scoperto gli scienziati dell’Università di Utah Health e dal Baylor College of Medicine, che, attraverso un sofisticato metodo di imaging cerebrale, hanno osservato come varie regioni del cervello collaborano per produrre pensieri creativi.

I risultati della ricerca, pubblicati su Brain, svelano che il processo creativo ha origine nello stesso circuito cerebrale che si attiva quando meditiamo o “sogniamo a occhi aperti”, cioè quando lasciamo vagare i nostri pensieri senza costringerli in una direzione specifica. Ma alla prima intuizione, segue il coinvolgimento di altre regioni del cervello, implicate nella risoluzione dei problemi e nella presa di decisioni.

La scoperta potrebbe portare a nuove soluzioni per stimolare il pensiero creativo o aiutare le persone con malattie mentali che colpiscono queste aree del cervello.

La magia della creatività

Il pensiero creativo è una caratteristica unica dell’essere umano, a metà tra deduzione e intuizione, tra ragione e immaginazione. Non esiste una definizione unica di creatività. Per alcuni, è la capacità di mescolare in maniera inedita elementi preesistenti – la cosiddetta ars combinatoria di Umberto Eco, che procede per prove ed errori, intuizione e soprattutto pazienza. Per altri, significa pensare out of the box o “fuori dagli schemi”, cioè analizzare le sfide e i problemi da una prospettiva e una angolazione diverse da quelle del pensiero comune.

È certo, però, che il pensiero creativo ha plasmato l’umanità così come la conosciamo. Se i nostri antenati non fossero stati creativi, non avrebbero mai scoperto il fuoco, fabbricato utensili o inventato il linguaggio.

Senza creatività non avremmo l’arte, la musica, i romanzi o tutte le invenzioni che hanno rivoluzionato la nostra vita. Ma soprattutto, mancherebbe la scintilla che consente a ognuno di noi di pensare in maniera flessibile, esplorare nuove idee e risolvere problemi grandi e piccoli della quotidianità.

Perché la creatività non è solo appannaggio dei Leonardo o Michelangelo di turno: tutti possono sviluppare il pensiero creativo. Così come alleniamo i bicipiti o gli adduttori in palestra, la creatività può essere considerata un “muscolo mentale”: più la esercitiamo, più è prestante. Ma la comprensione di come il cervello generi idee creative è rimasta a lungo un mistero.

Un nuovo metodo di imaging cerebrale

Al contrario di altre funzioni, come quella motoria o visiva, la creatività non ha una collocazione specifica nel cervello, spiegano i ricercatori, e questo la rende più difficile da studiare. Esistono però dei casi di lesioni cerebrali locali, ad esempio causate da un ictus, che hanno prodotto dei cambiamenti nelle capacità creative dei soggetti colpiti, a riprova che la creatività, seppur effimera e sfuggente, è una funzione ben precisa del cervello umano.

I ricercatori dell’Università di Utah Health e dal Baylor College of Medicine hanno utilizzato gli elettrodi impiantati nel cervello di pazienti con epilessia grave per monitorare l’attività elettrica delle varie regioni cerebrali durante compiti di pensiero creativo.

Ai partecipanti è stato chiesto di elencare usi innovativi per oggetti quotidiani, come sedie o tazze – un esercizio che stimola il pensiero divergente, ovvero la capacità di pensare molte e differenti possibili soluzioni, anche inusuali o originali.

Durante il monitoraggio è emerso che la rete di default mode (DMN) si attivava per prima: questo circuito cerebrale non ha una collocazione specifica, ma è diffuso in varie regioni del cervello ed è associato al pensiero spontaneo, che compare di “default” in assenza di “task” mentali specifici. Se ad esempio vi è capitato di meditare o sognare a occhi aperti, quando i pensieri vagano in diverse direzioni e senza una meta precisa, significa che la DMN è attiva.

Durante lo svolgimento dei compiti creativi, però, la DMN sincronizzava successivamente la sua attività con altre regioni del cervello coinvolte nella risoluzione di problemi complessi e nella presa di decisioni. Questo suggerisce che le idee creative nascono nella DMN per poi essere valutate dalle altre aree del cervello.

Il ruolo cruciale della DMN

Per dimostrare l’importanza della DMN nel pensiero creativo, i ricercatori hanno temporaneamente ridotto l’attività di alcune sue regioni. Il risultato è stato che i partecipanti generavano idee meno creative, mentre le altre funzioni cerebrali rimanevano inalterate. «I nostri risultati evidenziano il ruolo causale della DMN nel pensiero creativo,» spiega la dottoressa Eleonora Bartoli, autrice dello studio.

Comprendere come la DMN opera normalmente potrebbe portare a trattamenti migliori per disturbi in cui questa rete è eccessivamente attiva, come la depressione ruminativa, che comporta una maggiore concentrazione di pensieri negativi. Inoltre, caratterizzare le regioni del cervello coinvolte nella creatività potrebbe ispirare interventi capaci di stimolare il pensiero creativo.

Cover Foto di Jennie Razumnaya su Unsplash.

Erika Salvatori
Erika Salvatori è una ricercatrice in immunoncologia e una science writer freelance. Con una laurea in Biotecnologie e un Master in Giornalismo Scientifico, è riuscita a coniugare le sue due più grandi passioni: la scienza e la scrittura. La sua attività di ricercatrice la porta a toccare con mano lo sconfinato mondo delle terapie biotecnologiche avanzate e della medicina personalizzata. La giornalista che è in lei non vede l'ora di raccontare quello che impara ogni giorno sul futuro della scienza e della medicina.

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