Un promettente studio pubblicato su “Nature Communications” ha dimostrato il potenziale della terapia genica nel trattamento di una forma di cecità ereditaria. I risultati preliminari indicano miglioramenti significativi nella funzione visiva dei pazienti, offrendo nuove speranze per curare queste rare malattie genetiche.
Un innovativo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha rivelato il potenziale della terapia genica per il trattamento della cecità ereditaria, definizione che unisce un gruppo di malattie genetiche rare che portano alla perdita progressiva della vista. Condotto presso il Karolinska Institutet di Stoccolma, lo studio ha utilizzato un vettore virale per trasferire un gene direttamente nella retina di pazienti affetti da un tipo specifico di cecità ereditaria, la distrofia di Bothnia.
Cecità ereditaria
Per cecità ereditaria si intende un gruppo di rare malattie genetiche che causano una progressiva perdita della vista, spesso fin dalla giovane età. Queste condizioni rappresentano una delle cause più comuni di cecità tra i giovani adulti e possono avere un impatto devastante sulla qualità della vita di chi ne è colpito. Tra le numerose forme di cecità ereditaria, la distrofia di Bothnia è caratterizzata dalla degenerazione delle cellule retiniche, dovuta a una mutazione genetica che compromette una proteina essenziale per la vista. Questa malattia, pur essendo meno comune rispetto ad altre forme di cecità ereditaria, ha recentemente aperto la strada a nuove prospettive di trattamento grazie ai progressi della terapia genica. Infatti, uno studio condotto presso il Karolinska Institutet di Stoccolma ha mostrato risultati incoraggianti nel trattamento della distrofia di Bothnia.
Cos’è la terapia genica?
La terapia genica è una tecnica che è stata studiata dagli anni ‘80 che mira a trattare o curare malattie genetiche. In pratica, questa terapia cerca di correggere o sostituire geni difettosi o mancanti che causano malattie genetiche. Il trattamento può essere effettuato inserendo una copia sana di un gene mancante o danneggiato, direttamente all’interno delle cellule del paziente. I vettori virali, che sono virus modificati per non causare malattia, vengono spesso utilizzati per trasportare i geni terapeutici all’interno delle cellule. La terapia genica, nel tempo, ha offerto nuove speranze per malattie genetiche rare e complesse, come appunto le distrofie retiniche e altri disturbi ereditari, che finora erano difficili da trattare con le terapie tradizionali.
Cecità ereditaria e terapia genica, un po’ di storia
Negli anni, l’occhio si è dimostrato un organo particolarmente adatto per la terapia genica, grazie alla sua anatomia ben definita e alle dimensioni ridotte, che permettono di somministrare il trattamento in modo mirato ed efficace. Un altro vantaggio è che le cellule della retina, essendo mature e non in continua divisione, possono beneficiare di un’unica somministrazione della terapia per ottenere risultati a lungo termine.
Nel 2017, è stata raggiunta una tappa storica con l’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) di Luxturna, il primo prodotto di terapia genica per il trattamento di una forma di distrofia retinica ereditaria approvato negli Stati Uniti, successivamente approvato anche in Italia.
Nonostante i successi, lo sviluppo della terapia genica non è privo di sfide. Le tecniche attuali, come le iniezioni sotto la retina, sono efficaci, ma richiedono procedure chirurgiche delicate e non sempre sono prive di complicazioni. Inoltre, non tutte le malattie ereditarie dell’occhio possono essere trattate con le terapie attuali, poiché molte patologie coinvolgono geni troppo grandi per essere veicolati dai vettori virali oggi disponibili. Le ricercatrici e i ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando per superare queste limitazioni.
Lo studio svedese
Le scienziate e gli scienziati svedesi hanno testato una nuova forma di terapia genica in pazienti affetti da distrofia di Bothnia, utilizzando un vettore virale progettato per trasferire una copia funzionante del gene RLBP1 (che codifica per una proteina detta proteina 1 legante la retinaldeide), la cui alterazione è alla base della malattia. Il vettore, denominato AAV8-RLBP1, è stato iniettato sotto la retina dei pazienti attraverso una procedura chirurgica. I risultati preliminari dello studio sono promettenti. Infatti, dei 12 pazienti trattati, 11 hanno mostrato miglioramenti significativi nella funzione visiva, in particolare nella capacità di adattamento alla visione notturna. Questo progresso suggerisce che il trattamento potrebbe effettivamente ripristinare alcune delle funzioni visive compromesse dalla malattia. Il trattamento con AAV8-RLBP1 ha dimostrato di essere ben tollerato dai pazienti, sebbene siano stati osservati alcuni effetti collaterali.
Conclusioni e prospettive future
Questo studio non solo offre nuove speranze per i pazienti affetti da distrofia di Bothnia, ma potrebbe avere implicazioni più ampie per la terapia genica in generale e per il trattamento di altre forme di cecità ereditaria. I ricercatori, infatti, si sono detti ottimisti riguardo alla possibilità che questo approccio possa essere applicato ad altre malattie ereditarie della retina, aprendo la strada a nuove opzioni terapeutiche per molteplici condizioni genetiche.
Il prossimo passo sarà la conduzione di uno studio più ampio, sebbene si tratti di una malattia rara, per confermare questi risultati e confrontare l’effetto della terapia genica con un gruppo di controllo non trattato.