Se chiedessi a tutti voi di immaginare un veleno, penso che molti risponderebbero “cianuro” ma la maggior parte probabilmente risponderebbe “arsenico”.
L’arsenico nell’antichità
Attraverso la storia, l’arsenico è sempre stato noto alternatamente come veleno oppure come cura. Le proprietà tossiche dell’arsenico erano conosciute già da Ippocrate, che nel 370 a.C. descrisse una colica addominale in un minatore. Si dice anche che l’arsenico fu impiegato da Nerone per avvelenare il suo fratellastro Tiberio Britannico nel 55 d.C. e assicurarsi la sua posizione di imperatore romano.
Nel Rinascimento questo elemento trovò la sua fortuna: l’arte dell’avvelenamento era una cosa seria e venivano addirittura stipulati contratti per avvelenare rivali scomodi e se ne faceva largo uso in tutte le corti per eliminare chiunque fosse d’intralcio.
Paracelso credeva che le malattie provocassero una “disarmonia delle funzioni normali” e che provenissero dall’esterno e che non fossero quindi uno sbilanciamento degli “umori” come era il pensiero prevalente all’epoca. Criticò aspramente l’uso di rimedi che venivano dal passato e che non erano stati verificati e studiati e propose l’uso di tinture, balsami ed essenze preparate chimicamente. Scrisse la propria farmacopea e introdusse gli effetti terapeutici di elementi come lo zolfo, l’arsenico, il piombo e il mercurio, in particolare quest’ultimo contro la sifilide, il “grande vaiolo”, che era secondo solo alla peste come flagello dell’epoca.
L’arsenico: il Veleno dei Re ma anche il Re dei Veleni.
Famosa la famiglia dei Borgia, che avvelenava, si dice, utilizzando l’arsenico: pare che Cesare, figlio di papa Alessandro VI, portasse sempre al dito un vistoso anello contenente “cantarella”, un veleno ottenuto cospargendo d’arsenico le viscere di suini, poi essiccate ed infine macinate. Se ne ricavava una polvere bianca simile allo zucchero.
Quanto le storie di veleno che girano attorno a questa famiglia siano realtà o leggenda non è chiaro, così come si dice che Giulia Tofana abbia ucciso col suo veleno, l’Acqua Tofana, non meno di seicento mariti per liberare altrettante mogli scontente. Secondo alcune fonti, l’acqua tofana fu inventata proprio dalla madre di Giulia, Thofania d’Adamo, palermitana impiccata con diversi complici che la aiutavano a smerciare il veleno. Dopo la sua esecuzione, avvenuta nel 1633, sua figlia Giulia si limitò ad allargare il mercato, vendendo il veleno al di fuori di Palermo, soprattutto a Napoli e Roma, anche se qualcuno dice in tutta Europa. All’epoca il divorzio non era ancora riconosciuto legalmente, e per molte donne il veleno era l’unico modo per rescindere un legame ritenuto insopportabile… Oppure per ereditare quel che il ricco marito poteva lasciar loro e iniziare da capo una storia con un nuovo amante. Giulia, la figliastra e molte altre complici, che fabbricavano e vendevano la mistura, furono tutte impiccate.
«L’acqua che ne resta è chiara e pulita; presa in vino o in minestra provoca il vomito: poi viene la febbre, ed in quindici o venti giorni si muore; bastano cinque o sei gocce per volta in ogni giorno per far l’effetto, e non altera il sapore della minestra né del vino.»
Anche Mozart, si racconta, sarebbe stato avvelenato, tanto che voci insistenti accusarono il rivale Antonio Salieri di avergli somministrato un po’ di Acqua Tofana. Se la morte è avvenuta per un veleno, in realtà, nel caso del compositore sembra essere stato accidentale, in quanto avrebbe assunto una dose eccessiva di antimonio, un tempo utilizzato come farmaco e anch’esso elemento velenoso.
Fino allo sviluppo del Test di Marsh nel 1835, l’avvelenamento da arsenico era molto difficile da rilevare, perché i sintomi inizialmente venivano confusi con un’intossicazione alimentare. A causa della sua potenza, della facilità con cui poteva essere ottenuto e della discrezione con cui poteva essere somministrato, era il veleno preferito dalle classi dominanti per uccidere i loro rivali e avversari. Per questo venne chiamato il Veleno dei Re, ma anche il Re dei Veleni.
Nel XIX secolo la polvere di arsenico veniva utilizzata per sbiancare il viso e contro i parassiti come i pidocchi. Si pensava, inoltre, che il consumo di arsenico donasse alla pelle bellezza e freschezza, quindi veniva utilizzato come elisir di giovinezza. L’assunzione della soluzione di Fowler, una soluzione di arsenito di potassio sviluppata da Thomas Fowler nel 1786 come trattamento per vari disturbi cronici, era popolare perché regalava una “meravigliosa tinta pallida” alla pelle e arrossava le guance, un effetto dovuto al danneggiamento dei capillari.
In tutta l’epoca vittoriana, l’arsenico fu protagonista, come verde di Parigi, dei meravigliosi colori verdi accesi della carta da parati d’epoca, che qualcuno suggerì essere mortali. Il medico italiano Bartolomeo Gosio propose, infatti, che la trimetilarsina, una molecola che poteva svilupparsi sulla carta da parati in caso di muffa e umidità, potesse diffondersi come gas velenoso nelle stanze e uccidere lentamente gli abitanti delle case. In realtà, le quantità di arsenico sarebbero molto esigue e ai tempi le morti apparentemente inspiegabili erano dovute a malattie e scarsa igiene.
L’arsenico è noto anche come poudre de succession, la “polvere dell’eredità”, dal momento che spesso facilitava le successioni, ma ha anche avuto un ruolo importante nella cura di diverse malattie, come la sifilide o la malattia del sonno. Paul Ehrlich e Sahachiro Hata nel 1909 scoprirono che l’arsenico poteva essere utilizzato per il trattamento della sifilide e fu sviluppato il farmaco Salvarsan o 606, che trovò impiego anche per la cura della “malattia del sonno” africana trasmessa dalla mosca tse-tse.
Si tratta dello stesso medicinale di cui ci parla Ernest Hemingway in “Addio alle armi” e “Per chi suona la campana” e viene citato ne “I racconti di un giovane medico” di Michail Afanas’evič Bulgakov.
L’arsenico e le fabbricanti di angeli
Sempre l’arsenico fu protagonista di una torbida storia di diversi omicidi avvenuti in Ungheria, nella cittadina di Nagyrév ad opera delle cosiddette “fabbricanti di angeli”. Nel 1914 iniziò la prima guerra mondiale e i mariti chiamati al fronte lasciarono le loro mogli per partire: Nagyrév diventò una sorta di centro di detenzione di prigionieri di guerra. Le donne di Nagyrév, mentre gli uomini erano al fronte, iniziarono ad avere alcuni amanti stranieri, spesso prigionieri di guerra. Nel 1918, quando la guerra finì, i mariti superstiti tornarono nel borgo e quindi alla loro vita. Ma qualcuno aveva altri piani.
Zsuzsanna Fazekas, una donna della zona che lavorava come infermiera e levatrice, iniziò così a convincere alcune donne ad avvelenare i mariti. Si formò in segreto un gruppo di assassine chiamato Fabbricanti di angeli le quali si procuravano il veleno dalla Fazekas chiamandola con affetto “zia Susi” e lo utilizzavano per avvelenare ora il marito che non sopportavano più, ora un figlio indesiderato e ora un suocero che si ostinava a non morire. Il gruppo era composto da almeno trenta donne.
Un cugino della Fazekas, addetto delle pompe funebri, si occupava di falsificare e archiviare i certificati di morte, attribuendo le morti a malattie varie e via, il gioco era fatto. Solo nel 1929 alcune indagini portarono a scoprire le nefandezze delle “streghe”, come vennero chiamate e ci furono diverse condanne a morte e arresti. La Fazekas, prima di essere arrestata, si avvelenò.
Le due facce dell’arsenico: farmaco e veleno
Questo oscillare tra farmaco e veleno continua. Nel 1918 due composti organici derivanti dall’arsenico, Lewisite e Adamsite, furono sviluppati dall’esercito americano come armi chimiche ma non si fece in tempo ad utilizzarli nel conflitto. La scoperta della Lewisite o 2-clorovinil-dicloroarsina si deve al chimico Julius Arthur Nieuwland, che rimase accidentalmente intossicato durante alcune ricerche sulla reattività dell’acetilene durante la tesi di dottorato. Il composto Adamsite, invece, fu sintetizzato per la prima volta in Germania da Heinrich Otto Wieland nel 1915 e parallelamente dal chimico statunitense Roger Adams nel 1918 come agente emetico, ovvero che causa il vomito.
La molecola dell’Adamsite fu utilizzata nel 1932 contro un gruppo di veterani della Prima Guerra Mondiale che manifestavano a Washington DC con l’obiettivo di ottenere il pagamento immediato di un bonus dovuto per aver combattuto durante la Prima Guerra Mondiale. Infatti, era previsto che i soldati ricevessero 1 dollaro per ogni giorno di servizio all’interno dei territori nazionali, con un tetto massimo di 500 dollari, e 1,25 dollari per ogni giorno di servizio all’estero, con un tetto massimo di 625 dollari tramite un certificato che avrebbero potuto riscattare nel 1945. Dopo la gloria degli “anni ruggenti”, la Grande Depressione aveva lasciato molti veterani disoccupati e in condizioni di indigenza. Diversi, chiedendo di ricevere in anticipo il bonus promesso, si unirono per formare l’Associazione dei Veterani di Guerra, chiamata poi dai media “Bonus Army” e si accamparono a poca distanza dal Campidoglio con le loro famiglie. Furono coinvolte più di 43.000 persone e 17.000 veterani.
Diversi furono gli scontri con la polizia, anche molto brutali e in uno di questi l’uso massiccio di adamsite causò la morte di alcuni figli dei manifestanti, in quanto i bambini sono decisamente più sensibili all’esposizione a questo composto.
Nonostante questo, il gas emetico fu utilizzato nuovamente contro chi manifestava contro la guerra in Vietnam.
Oggi l’arsenico trova impiego ancora come farmaco. Svestito del suo abito di assassino di re, come triossido di arsenico viene utilizzato con successo come antitumorale in caso di leucemia fulminante. L’arsenico, con un meccanismo che non è ancora noto, è in grado di aiutare la guarigione del paziente, in molti casi senza ricorrere alla chemioterapia.