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Hellbound: «L’inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui!»

Se siete rimasti sorpresi dalla violenza e dalla profondità dei temi trattati in Squid Game, benvenuti nel mondo dello spettacolo firmato Corea del Sud. E benvenuti anche nel mondo in cui Netflix si è accorto del potenziale che quella piccola penisola ha da offrire. Squid game è ancora un ricordo fresco nella mente di tanti spettatori e studiosi, ma ecco che una nuova serie coreana, anche questa piuttosto “dark”, fa capolino nel catalogo Netflix.
Si chiama Hellbound ed è disponibile sulla piattaforma da venerdì 19 novembre.

Solo sei episodi, in continuità con la formula che si sta adottando sempre di più e che Netflix ha scelto in particolare per questi prodotti coreani. Prima dell’avvento della piattaforma americana, i K-drama erano per lo più composti da una stagione di 16 episodi.


Ma le carte in tavola stanno cambiando. O meglio, forse è proprio l’intera tavola a cambiare.

donna che piange in Hellbound
Kim Shin-rok in una scena della serie | Credits to Netflix

Hellbound è una serie violenta, cruda e di quelle che ti “spiattellano” in faccia la verità del nostro mondo, senza scrupoli.

Il presupposto è decisamente fantascientifico, ma da sempre ormai i coreani usano creature mitologiche, leggende e situazioni fantastiche come parabola della nostra realtà.

Sin dai primi minuti del primo episodio entriamo nel pieno dell’azione, dove un uomo in un caffè guarda, sudando, l’orario sul suo telefonino. Non si capisce perché sia così agitato, ma quando scatta il minuto, sembra che non succeda nulla.
Fino a quando, tre esseri mostruosi irrompono nel caffè, scatenando il panico generale e iniziando ad inseguire l’uomo.

La fuga e l’inseguimento continuano su una strada trafficata di Seoul, con l’uomo che viene preso, sbattuto e letteralmente sventrato dai tre mostri per poi essere bruciato vivo da una luce accecante, quasi divina, che scaturisce dal palmo dei tre esseri.

Ovviamente, tutti i presenti che assistono a quella scena surreale non perdono tempo e riprendono con i loro telefonini la morte brutale di quell’uomo. Il tutto diventa virale in pochi secondi e arriva a chi, di questi mostri, già ne sapeva qualcosa da qualche anno.

Jeong Jin-Soo ha fondato il movimento (o come molti pensano una sorta di setta), chiamata “La Nuova Verità” che raccoglie casi come quello successo in pieno giorno a Seoul, provenienti da ogni parte del mondo. Secondo il Presidente Jeong queste creature sarebbero una manifestazione divina che punisce i peccatori, uccidendoli in maniera brutale e portandoli all’inferno. Prima però, ricevono una “sentenza”. Un apparente “angelo” compare a questi apparenti peccatori e preannuncia loro che moriranno il giorno x all’ora x.

persone in una scena di Hellbound
Yang Ik-june in una scena della serie | Credits to Netflix

Un mondo certamente immaginario eppure non così tanto.

L’elemento fantastico anche qui è solo il pretesto per rivelare la vera natura di certi fenomeni e, in generale, del genere umano.

Quando ad una donna viene fatta la “profezia”, ella si rivolge a La Nuova Verità per aiutare i figli che sarebbero rimasti da soli. In cambio di 3 milioni di won, le chiedono di poter trasmettere in diretta il momento della sua morte.

Una richiesta raccapricciante, ma che si rivela estremamente succosa per i media e per i cosiddetti “VIP”. I membri facoltosi della comunità che hanno probabilmente sborsato i 3 milioni per avere (letteralmente) un posto in prima fila allo spettacolo della morte della donna.

Gli iniziali dubbi sulla veridicità della profezia e dei mostri, soprattutto da parte degli avvocati della donna e del poliziotto protagonisti della prima parte della serie, vengono completamente spazzati via davanti quello spettacolo.
Appena tutto finisce, i presenti si prostrano a terra, sconfitti di fronte a quella chiara manifestazione di Dio. E da quel momento in poi inizia il potere assoluto de La Nuova Verità, che per prima aveva avvertito della nuova punizione divina.

Quattro anni dopo le prime manifestazioni dei mostri, i peccatori diventano la vergogna di famiglie intere. La Nuova Verità e la loro controparte più violenta, la Punta di Freccia, perseguitano i peccatori per trasformare la loro esecuzione nell’ennesimo show televisivo. Comandando con l’arma della paura, puntano a migliorare il mondo, purificandolo il più possibile dai peccatori.

Il regime di terrore creato da questi fanatici religiosi divide la gente, che fa di tutto pur di non far sapere di aver ricevuto la profezia. Ma, come sempre, la questione non è così semplice.
Ci sono segreti, bugie, omicidi insabbiati e tanto altro che si nasconde dietro i potenti, i quali con le loro parole e azioni violente, credono di avere il controllo assoluto.

Park Jeong-min in una scena di Hellbound | Credits to Netflix

È difficile guardare Hellbound e non pensare al nostro mondo, al momento che stiamo vivendo.

Che siano gruppi religiosi o partiti politici, da secoli si utilizza l’arma della paura per comandare i più deboli. Nonostante ciò, il genere umano rimane combattivo. Perché ci sarà sempre qualcuno che si ergerà contro poteri tossici e inumani.

L’eterna lotta tra Bene e Male non è solo un topos delle storie, ma è un topos del vivere quotidiano e della storia umana, sin dall’antichità.

Hellbound prende ancora una volta questo topos, portandoci a comprendere come ci siano situazioni inspiegabili, che noi esseri umani possiamo studiare, ma che comunque ci fanno rimanere inermi. Dall’altra parte, però, ci siamo noi stessi, i nostri simili, che di fronte a situazioni inspiegabili colgono l’occasione per prendere il potere.
In questo gioco di soprannaturale, sentenze divine, violenza e ingiustizia, una scintilla di umanità rimane sempre. Che sia la voglia di tornare ad essere liberi o l’amore verso i propri figli, prima o poi il Male vedrà i suoi discepoli vacillare.

Tante le cose che succedono in questi sei episodi e tante le domande che rimangono alla fine della stagione. Domande che avranno una risposta in una probabile seconda stagione. La miniserie è stata diretta da Yeon Sang-ho, già regista del blockbuster Train to Busan e del suo seguito, Peninsula. Il K-drama è in realtà basato su un webtoon (i fumetti digitali coreani), scritto dallo stesso regista e nel 2002 trasformato in un cortometraggio. La mano di Yeong Sang-ho è riconoscibile nelle scene di azione, che tengono lo spettatore con il fiato sospeso, così come era già successo per Train to Busan. Movimenti di macchina ampi e quasi nessuna remora nel mostrare la violenza più cruda.

Ma con la serie, il regista riesce anche ad andare nel profondo dei personaggi. Sebbene non ci sia un solo protagonista nella serie, tutti i personaggi sono ben caratterizzati, sicuramente anche merito degli attori che regalano delle performance perfette. Soprattutto Yoo Ah-in, ormai una certezza, che abbiamo già visto in Burning di Lee Chang-dong.

uomo in Hellbound
Yoo Ah-in in una scena della serie | Credits to Netflix

In conclusione, Hellbound è un prodotto ad alta tensione, che dietro le magnifiche scene d’azione riflette su argomenti più profondi e stratificati, sui quali ci sarebbe veramente molto su cui discutere. Ancora una volta, la Corea si conferma maestra nel confezionare serie che non deludono le aspettative e che fanno rimanere incollati allo schermo per tutta la loro durata.

Copertina: Poster di Hellbound | Credits to Netflix

Noemi Chianese
Noemi Chianese si è laureata in Lettere Moderne all’Università di Tor Vergata e frequenta il corso di Media e Comunicazione Digitale all’Università La Sapienza. Con tutta probabilità la passione per il cinema è nata quando era ancora nel grembo materno e, da allora, si è espressa in lunghe file ai red carpet, film fino a tarda notte e poster che tappezzano la sua camera. Il sogno è quello di stare dietro le quinte dove avviene tutta la magia, dove viene soddisfatta ogni curiosità e dove si può trovare il miglior posto in sala.

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