Grazie al videogioco e alla serie omonima, “The Last of Us” ci ha fatto familiarizzare con l’ormai celebre fungo Cordyceps, chiamato anche “fungo zombie”, per la sua peculiare capacità di prendere il controllo dell’organismo ospite e modificarne il comportamento.
Il fungo, infatti, esiste davvero, anche se non è solito infettare gli umani, ma solo piccoli insetti.
Inoltre, il Cordyceps non è il solo organismo in grado di “zombificare” altri esseri viventi. Infatti, per completare il proprio ciclo vitale, un’ampia gamma di parassiti deve manipolare il comportamento dei propri ospiti. Tra questi, i vermi gordiani, appartenenti al phylum dei nematomorfi, da adulti assomigliano a un crine di cavallo (sono infatti conosciuti anche come horsehair worms) e vivono e si riproducono in acqua, ma le loro larve si sviluppano solo all’interno dei corpi di altri animali, di solito insetti terrestri, come le mantidi religiose. Una volta che hanno finito di crescere all’interno del loro ospite inconsapevole, questi organismi devono convincerlo ad annegarsi, per poter completare il loro ciclo vitale.
Insetti zombie: tutta questione di geni?
In attesa della seconda stagione di “The Last of Us”, le cui riprese inizieranno nei primi mesi del 2024, uno studio giapponese pubblicato sulla rivista Current Biology ha, infatti, suggerito che i nematomorfi possiedano centinaia di geni che consentono loro di dirottare il movimento degli insetti parassitati e che potrebbero aver acquisito questi geni proprio dai loro sfortunati ospiti.
I geni potrebbero essere stati trasferiti con un meccanismo noto come “trasferimento orizzontale”, una modalità di scambio di geni attuata principalmente da batteri, virus e altri procarioti, alternativa alla trasmissione “verticale” di informazione genica, cioè quella che prevede la trasmissione ereditaria dei geni per via parentale, da una generazione all’altra.
Molti nematomorfi hanno cicli di vita complessi, che coinvolgono anche ospiti multipli. Il genere studiato in questa ricerca è noto come Chordodes, che infetta le mantidi e può crescere fino a quasi 1 metro di lunghezza all’interno degli addomi degli insetti, grandi quanto il palmo di una mano. Tuttavia, si sa ancora poco su come questi nematomorfi siano in grado di manipolare i loro ospiti, spingendoli fatalmente ad annegarsi.
Nel complesso, è stato osservato che più di 3100 geni del parassita venivano attivati mentre manipolavano i loro ospiti. Sorprendentemente, più di 1400 di questi geni corrispondevano a geni delle stesse mantidi parassitate. Ciò suggerisce che questo insieme di geni si sia in qualche modo spostato dal genoma dell’ospite al genoma del parassita, appunto tramite un trasferimento orizzontale.
Cosa c’è ancora da sapere?
Come avvenga questo scambio orizzontale di geni è, in parte, ancora un mistero. Si pensa che siano coinvolti i virus, i cosiddetti “geni saltellanti” (ovvero, elementi mobili del genoma) e altri meccanismi. Alcuni dei trasferimenti sono probabilmente avvenuti molto tempo fa, permettendo alle sequenze del verme e della mantide di divergere l’una dall’altra di almeno il 5%. Altri geni, invece, sono totalmente identici, suggerendo che questi trasferimenti genici siano relativamente più recenti.
I ricercatori, tuttavia, non hanno ancora escluso un’altra possibilità, cioè che le mantidi abbiano ottenuto questi geni dai parassiti, in un meccanismo contrario.
Gli autori ammettono che è anche possibile che le sequenze ottenute nello studio siano il risultato della contaminazione dei tessuti della mantide nei campioni del verme. Tuttavia, fanno notare che l’RNA isolato veniva da insetti che erano stati in acqua fino a 3 giorni, più a lungo di quanto generalmente durerebbe tale RNA contaminante, facilmente degradabile. Inoltre, gli autori fanno notare che le differenze tra molte delle sequenze di mRNA non avrebbero senso in uno scenario di contaminazione.
Sviluppi futuri
Se fosse confermato questo meccanismo, e i Chordodes avessero acquisito i geni delle mantidi, sarà necessario comprendere come questo possa guidare il comportamento suicida degli insetti.
Nel frattempo, il team di scienziati giapponesi sta lavorando per sequenziare i genomi completi sia dei nematomorfi che delle mantidi, per dissipare i dubbi sulla contaminazione e fornire risposte alle domande ancora aperte.