Nonostante si abbia l’idea che i parassiti siano animaletti alquanto disgustosi e pericolosi, ci sono tante persone che li trovano affascinanti e che passano l’intera vita ad esaminarli e studiarli. Detto ciò, bisognerebbe provare ad immaginare cosa trattenga ricercatrici e ricercatori anni ed anni ad interrogarsi sul loro ciclo di vita e riproduzione.
Solitamente, pensando ad un parassita, salta in mente una specie di insetto che si ciba dell’organismo su cui si aggrappa. In parte questa definizione è corretta, nel senso che i parassiti sono definiti tali solamente se si cibano dell’animale su cui sono presenti; è anche vero che, talvolta si crea un equilibrio tanto che questi parassiti diventano un vantaggio, per esempio, per tenere un buon livello di igiene vicino alla cloaca dell’animale, ricevendo in cambio protezione.
In generale, gli epibionti sono la categoria più ampia che comprende anche i parassiti.
Questi epibionti, che vivono sulla superficie di un altro organismo, possono essere definiti in tre modi a seconda della relazione che creano con il loro ospite: commensali o “compagni di mangiata”, quando la relazione è positiva per l’epibionte e neutra per l’altro organismo.
Mutualisti, quando ambedue beneficiano della relazione, oppure parassiti come la sanguisuga che si ciba del sangue dell’animale su cui è aggrappata.
Un esempio di commensali sono quei “dischetti bianchi” aggrappati al carapace delle tartarughe marine che spesso potremmo aver visto in un documentario (probabilmente non ci avremmo neanche fatto troppo caso): i cirripedi.
I cirripedi (Cirripedia Burmeister, 1834; in inglese “barnacle”) sono un’infraclasse di crostacei, appartenente alla sottoclasse dei Thecostraca. Sono esclusivamente marini e comprendono circa un migliaio di specie. Le appendici del torace sono trasformate in cirri che servono per filtrare l’acqua e portare il cibo alla bocca. Possono avere vita libera, e in tal caso aderiscono ad una varietà di substrati, tra cui sporgenze rocciose, scafi e anche balene, oppure essere parassiti in genere di altri artropodi.
I cirripedi delle tartarughe marine non recano nessun disagio all’animale e sembrano innocui.
Anche i parassiti sono molto presenti negli animali, soprattutto quelli acquatici, e meritano un approfondimento. Nei cetacei, vi è un gruppo di parassiti chiamato Cyamidae o “pidocchi di balena” che si ciba di tessuto epidermico o plankton e infatti è visibile esternamente, vicino ai lati della bocca, in prossimità dell’espiatorio, dentro a lesioni della pelle, sulle tasche genitali, sulle narici e sugli occhi: tutte zone in cui sono protetti dalle correnti d’acqua.
Le Cyamidae (Rafinesque 1815) sono dei crostacei parassiti dell’ordine Amphipoda, cui appartengono 6 generi e 27 specie.
Sono lunghi da 5 a 25 mm, a seconda della specie, e sono dorso-ventralmente piatti. Si aggrappano all’animale grazie alle appendici che affondano nella sua pelle. Hanno un ciclo diretto, quindi maturano e si riproducono sullo stesso animale, ma la peculiarità di questi parassiti è la trasmissione: si trovano solamente in cetacei che hanno avuto un’interazione, uno stretto avvicinamento gli uni con gli altri. Nonostante ciò, la trasmissione attraverso il comportamento sociale avviene solamente se vi è una perfetta corrispondenza; i parassiti sono molto attenti nello scegliere la specie su cui aggrapparsi, vi è alta specificità.
Attraverso degli studi genetici, nello specifico dell’aplotipo del gene COX 1, si è scoperto che Cyamus boopis, appartenente alla famiglia delle Cyamidae, è una specie di parassita che vive solamente nella Megaptera Novaeangliae. Questo tipo di megattera originario dell’emisfero australe è diviso in sette ceppi, ognuno dei quali ha una propria rotta migratoria verso o proveniente le acque dell’Antartico ed una propria area di riproduzione.
Infatti, i diversi ceppi di Megattera presentano tutti lo Cyamus boopis. È probabile che il luogo di interazione sia proprio l’area dove le megattere si recano in un particolare momento dell’anno per cibarsi. Nell’emisfero australe, le zone di alimentazione sono distribuite in una area circolare interconnessa che permette movimenti longitudinali di individui di due differenti ceppi. Si pensa che la trasmissione avvenga proprio qui perché le megattere sono predisposte a tornare ogni anno nella stessa zona per cibarsi in un particolare periodo dell’anno.
Vi è però un’altra possibilità che tiene conto di un probabile contatto fisico da qualche altra parte durante la rotta migratoria annuale; non si hanno evidenze però di dove esattamente questa interazione possa avvenire.
In aggiunta, dalla grande variabilità genetica osservata in C. boopis presente in un singolo individuo si è scoperto che un’unica megattera può ospitare diversi lignaggi materni di pidocchi della balena; quindi, la trasmissione tramite contatto tra megattere potrebbe accadere regolarmente. In ogni caso, i cetacei sono in numero limitato e per esempio i delfini, con il loro corpo affusolato, creano forti correnti di acqua che abbassano la possibilità di una trasmissione host-to-host basata sul contatto diretto.
Per esempio, i pleurocercoidei, che rappresentano lo stadio larvale dei platelminti cestodi pseudofillidei aventi un ciclo vitale indiretto, vengono ritrovati prevalentemente nell’area pregenitale, vicino alla coda o alla pinna dorsale dei cetacei. Questo perché il cetaceo è un ospite intermediario che serve al parassita solamente per maturare: il cetaceo verrà attaccato proprio nella parte posteriore dal grande squalo bianco. Il parassita sfrutta intelligentemente questa strategia di caccia per arrivare al suo ospite definitivo dove potrà riprodursi.
Forse la prossima volta che vedrete dal vivo (o magari meglio su un documentario) un parassita, vi chiederete quante cose vi potrebbe far scoprire sull’animale a cui è aggrappato.