Per molto tempo si è dato per scontato che i cani non fossero in grado di vedere i colori e che, dunque, vedessero esclusivamente in bianco e nero.
I meccanismi della percezione visiva negli esseri umani
Quando prendiamo in considerazione le capacità visive di un’altra specie animale è utile partire dall’anatomia dell’occhio e dai meccanismi della percezione visiva.
Il primo tipo di fotorecettori sono i coni, coinvolti principalmente nella visione diurna; mentre l’altra tipologia è quella dei bastoncelli che consentono la visione in condizioni di scarsa luminosità, e sono dunque implicati nella visione notturna. Ciò che viene rilevato dai fotorecettori verrà poi inviato come segnale elettrico al nervo ottico per il successivo processamento cerebrale.
Noi umani abbiamo una visione tricromatica, abbiamo quindi tre diversi tipi di coni, definiti come coni L, M e S. Questi fotorecettori reagiscono rispettivamente a lunghezze d’onda intorno ai 560 nm, 530 nm e 420 nm. Questi valori di lunghezza d’onda corrispondono ai colori rosso, verde e blu (dal valore più alto al più basso sopra riportati).
I meccanismi della percezione visiva nei cani
Le indagini condotte sulla popolazione di fotorecettori hanno evidenziato che i cani hanno, invece, una visione dicromatica.
Nella loro retina sono presenti due classi di coni: la prima reagisce alle lunghezze d’onda lunghe e medie con un picco di sensibilità a circa 555 nm, mentre la seconda reagisce a lunghezze d’onda corte a circa 429 nm. Questo significa che, per esempio, il colore che noi vediamo e identifichiamo come rosso non viene percepito allo stesso modo dai cani.
Riescono, però, a vedere i colori che noi identifichiamo come blu e giallo e sono anche in grado di distinguere tonalità diverse di quest’ultimi.
La percezione dei colori nei cani
In una ricerca pubblicata nel 2013 è emerso che per riconoscere alcuni oggetti, un gruppo di cani utilizzava preferenzialmente gli indizi legati al colore, anziché quelli associati alla luminosità.
Inoltre, un’ulteriore indagine ha evidenziato che i cani presentano lenti in grado di trasmettere quantità significative di UVA (315-400 nm). Questo suggerisce che, come già documentato in altre specie di mammiferi, anche loro potrebbero essere sensibili ai raggi UV. La possibile conseguenza di ciò è che i cani riescano a vedere un oggetto blu in modo molto diverso da come lo rileviamo noi.
L’applicazione di queste conoscenze ha, infatti, un risvolto pratico proprio negli studi etologici. Talvolta la risposta che osserviamo in alcuni cani quando gli viene presentato un determinato stimolo (un’immagine o un oggetto con cui interagire), potrebbe essere legata alla differente percezione visiva che hanno di quello stimolo. Questo è un elemento di cui bisogna tener conto affinché l’analisi etologica venga pensata e modificata sulla base delle caratteristiche e capacità della specie che stiamo valutando.
Infine, c’è un ultimo aspetto da considerare: per capire come vede un’altra specie animale non basta applicare un filtro, e quindi variare solo i colori di un’immagine, ma bisogna tener conto di altri fattori come, per esempio, la discriminazione della luminosità oppure la differente acuità visiva. Tutti elementi che definiscono le differenze e le straordinarie peculiarità della vista dei cani.