Ed eccoci nel centro storico di Ravenna, a pochi passi dal Teatro Alighieri. Oggi andremo ad intervistare il dottor Franco Fussi, uno dei foniatri più prestigiosi della scena italiana ed internazionale.
Molti cantanti famosi del calibro di Laura Pausini, Marco Mengoni, Luciano Pavarotti, i Maneskin, solo per citarne alcuni, si sono rivolti a lui.
Come avviene una visita foniatrica? Quali sono i segreti delle star sul palcoscenico? Andiamo a scoprirlo insieme! Ci troviamo nello studio medico “Il Laboratorio della Voce e del Linguaggio”, luogo all’interno del quale opera il dottor Fussi e dove sono passati centinaia di artisti.
Franco Fussi, medico chirurgo specialista in Foniatria e Otorinolaringoiatria, luminare di fama internazionale, è noto come il dottore che cura la voce delle star, il cosiddetto mago della voce degli artisti. Già responsabile del Centro Audiologico Foniatrico dell’azienda USL di Ravenna, Responsabile scientifico del corso di Alta Formazione in Vocologia Artistica, Docente al Corso di Laurea di Logopedia dell’Università degli Studi di Bologna, Consulente Foniatra presso il Teatro Comunale di Bologna.
La foniatria: dal punto di vista etimologico il termine deriva dal greco ed è composto da ϕωνή (Fonè), ossia ”suono”, e ἰατρός, ossia “scienza/medicina”. Si tratta quindi di una disciplina che studia la voce e il linguaggio, una specializzazione non così comune per un medico.
Leggendo una sua intervista di qualche anno fa, ho scoperto che la passione per il mondo dello spettacolo è remota e risale in lei alla tenera età di 6 anni, quando si aggirava per i camerini del teatro chiedendo autografi agli artisti del momento.
Qual è stata davvero la spinta, cosa la affascinava di quel mondo a tal punto poi da spingerla a diventare il mentore principale di questi artisti una volta divenuto, da adulto, un foniatra?
«A quell’età ascoltavo un po’ tutta la musica, da Rita Pavone a Mina, le mille bolle blu. Contemporaneamente, avendo uno zio melomane, ascoltavo le arie più famose delle opere. Una sera mi portò a Cesena, al teatro, ad assistere ad una rappresentazione, il Rigoletto, con Piero Cappuccilli, all’epoca un famoso baritono italiano di quegli anni. Ricordo che rimasi folgorato dal teatro musicale, dal fatto cioè del “racconto di una storia in musica e in voce”, questa magia di entrare in un’altra realtà, e da allora chiesi ai miei genitori di portarmi al Teatro dell’Opera, io all’epoca abitavo a Roma.
Quindi da questa passione, poi, quando dovetti scegliere gli studi universitari, interessandomi in parte di medicina ma anche in buona parte di arte, entrai un po’ in crisi. Volevo in realtà fare il neurologo inizialmente, ma essendo i neurologi un po’ tutti matti, mi chiesi: e cosa faccio adesso? Ad un certo punto scoprii che esisteva una specializzazione che si occupava appunto di voce e linguaggio, che è appunto la foniatria, quindi scelsi questo mondo proprio perché nei primi incontri professionali con i cantanti mi accorsi che c’era questa facilità, questa sintonia di comprensione delle esigenze dell’artista, proprio forse legata al retaggio di abitudine di frequentazione del Teatro d’Opera, in particolare del Teatro musicale; tra l’altro distinguerei Canto Moderno e Canto Lirico, in “canto di teatro musicale” e “canto non teatrale”.
Vidi che c’era questo riconoscimento da parte degli artisti della mia comprensione delle loro problematiche, delle loro difficoltà, al di là di quella che può essere una valutazione clinica, un dato scientifico, oggettivo, laringeo in questo caso, legato a patologie o meno delle corde vocali; quella capacità di dialogo e di comprensione da parte mia anche dell’utilizzo gergale dei termini che loro stessi utilizzano in base ai loro stili (il passaggio di registro, il grawl, lo screaming).
Che cosa sono queste modalità funzionali di comportamento delle corde vocali finalizzate ad uno stile specifico? Il mio rapporto con l’artista, il riconoscimento delle loro fragilità e delle loro esigenze dietro le quinte sono stati probabilmente davvero il punto vincente.»
Ha fatto quindi anche un po’ da psicologo agli artisti quindi?
«Sì, serve molto anche il supporto psicologico poiché a volte c’è solo magari bisogno di rassicurazione, di incentivare l’autostima nel cantante che comunque deve esibirsi davanti al pubblico, quindi deve essere “invincibile”.»
C’è da considerare il fattore stress, che è molto alto…
«Sì, c’è tanta ansia da prestazione in molti casi performativi.»
Come avviene una visita foniatrica?
Protagoniste principali della scena sono ovviamente le corde vocali, le quali vengono indagate attraverso la laringoscopia…
«La cosa principale in una visita foniatrica è l’ascolto, la percezione di quello che può andare o non andare in quel tipo di voce in base a quello che alla persona deve fare.
La voce è un po’ una cartina di tornasole del modo in cui stiamo e ci presentiamo al mondo. Quindi ci possono essere esigenze fonatorie diverse e l’ascolto della voce va messo poi a confronto con tutti i dati oggettivi raccolti con i dati strumentali, tra cui il primo che ha citato, la laringoscopia. Quest’ultima ci dà un’immagine stroboscopica, ossia una visione a rallentatore delle corde vocali, dove si indaga se la simmetria e l’ampiezza dell’onda mucosa vengono esercitate in maniera corretta oppure se ci sono delle anomalie, dei difetti o delle lesioni.
Quindi la videolaringostroboscopia è l‘esame di elezione per l’obiettivazione del nostro organo vocale. Poi ci sono un’ altra serie di esami che vanno dall’analisi acustica, ossia lo spettrogramma, per vedere come sono distribuiti gli armonici nello spettro, alla fonetografia che mette in rapporto la frequenza e l’intensità – cioè l’estensione vocale completa del soggetto – con le dinamiche che può esercitare lungo tutta l’estensione. Ci descrive una zona, un campo vocale di maggiore agibilità per quella voce e in questo modo ci aiuta anche nella classificazione di una voce. Tante volte vengono inviati pazienti dai maestri di canto proprio per una valutazione funzionale e non perché ci siano dei disturbi di voce, bensì per un conforto, un aiuto, un suggerimento per la classificazione vocale in casi incerti.
Per esempio con il fonetogramma si riesce a dire in quale zona l’artista canti più agevolmente e quindi si può dare un consiglio su dove orientarsi al meglio (soprano/mezzo soprano).»
Durante l’indagine cordale può accadere che il foniatra riscontri delle patologie benigne, quali noduli, polipi, cisti, granulomi. Come curarle?
«Innanzitutto distinguiamo le patologie in due categorie: quelle che insorgono in maniera acuta e improvvisa e quelle che invece si formano in un periodo di persistenza di un malmenage, un uso scorretto della voce nel tempo. Di solito l’elemento traumatico, il fonotrauma violento e improvviso (che può essere l’urlata tra due persone che stanno discutendo o le due ore di tifoseria allo stadio) possono causare un trauma diretto sul bordo della corda vocale, che fa erniare una porzione della mucosa che si estrinseca con la formazione di un polipo (il quale può essere emorraggico o non).
Il polipo è sempre in posizione monolaterale, si forma cioè solo su una corda vocale.
Quando invece c’è uno sfregamento ripetuto nel tempo perché c’è magari una carenza di economia di gestione di proiezione della voce, come nel caso degli insegnanti per esempio, che devono parlare ogni giorno per ore in un ambiente rumoroso o poco consono dal punto di vista acustico, e quindi devono alzare l’intensità della voce, lo sfregamento delle corde vocali crea una cheratosi dell’epitelio e la formazione di callosità bilaterali chiamati noduli. I noduli per definizione sono sempre bilaterali, in quanto se due superfici sfregano il callo si forma da tutte e due le parti.
Oppure esistono le cisti, che possono essere congenite o acquisite.
Quelle congenite sono un difetto strutturale di nascita, sono cisti epidermoidi e possono dar segno di sé solo in un certo momento della propria vita. Magari non mi rendo conto di avere un problema nella vita di tutti i giorni ma quando aumento il carico vocale, faccio cioè un’attività in cui mi impegno vocalmente per tante ore, allora può subentrare una disfonia oppure l’incapacità di collegare i registri tra di loro (sento uno scalino, sento che si rompono i suoni). Spesso in causa a questo abbiamo appunto una cisti epidermoide congenita.
Oppure ci sono le cisti da ritenzione, cisti di muco. Sulla superficie delle corde vocali ci sono delle ghiandole che producono muco. In casi di disidratazione, o perchè soffro di reflusso o perché utilizzo gli antistaminici – che sono essiccanti – per tutto l’anno per allergie agli acari, o perché bevo poco e sono spesso in un ambiente surriscaldato, si può creare l’intasamento di uno di questi dotti ghiandolari dove il muco non viene più in superficie, rimane dentro e si formano queste cisti da ritenzione mucosa
I granulomi invece sono di solito legati a due cause, o all’intubazione tempestiva perché è necessario salvare una persona, ed è capitato molto spesso. Oppure ci sono i cosiddetti granulomi da reflusso, dove i vapori di acido cloridrico arrivano in laringe, vanno ad irritare la mucosa a livello delle aritenoidi, a livello della mucosa che riveste i processi vocali delle cartilagini aritenoidee, la quale diventa fragile, irritata, più asciutta.
In un attacco vocale più duro o in un colpo di tosse la superficie può capitare che si ulceri. C’è poi un processo di riparazione spontanea delle mucose attraverso un tessuto di granulazione che in questo caso è talmente esuberante da andare a formare quello che definiamo il granuloma da reflusso.
In questo caso poi ci sono delle terapie opportune che possono essere riabilitative o chirurgiche. In genere quando il granuloma è trattato in maniera chirurgica recidiva in maniera molto più facile in quanto, anche se lo rimuovo chirurgicamente, si genera di nuovo un processo di riparazione attraverso un altro tessuto di riparazione spontaneo. È quindi consigliato rimuoverlo con gli esercizi di logopedia.»
Spesso per curare le corde vocali non si utilizzano farmaci tradizionali ma per lo più integratori se non addirittura rimedi omeopatici.
Il cortisone viene spesso addirittura demonizzato in tanti casi.
Ci parla del rapporto tra omeopatia, omotossicologia e voce? Quali sono i rimedi omeopatici maggiormente utilizzati?
«Intanto c’è da dire che utilizziamo ovviamente anche farmaci allopatici – antinfiammatori, antibiotici e cortisonici – per curare determinate affezioni soprattutto quando siamo affetti da batteri patogeni.
Esiste in analogia anche una terapia omeopatica dove i rimedi omeopatici utilizzati più spesso per curare le affezioni vocali sono:
- ARUM TRIPHYLLUM, una sorta di preparatore tonico di regolarizzazione della vibrazione cordale;
- ARNICA MONTANA, defaticante, antitrauma, quindi viene utilizzato dopo la prestazione vocale per defaticare la corda e proteggerla da eventuali traumatismi, utilizzarla prima equivale come a mettersi il lasonil prima di andare a sbattere;
- APIS MELLIFICA è un altro rimedio omeopatico che ha un’azione simil cortisonica, antiedemigena, ossia sgonfia le corde vocali, in seguito ad un trauma vocale acuto, ad esempio un urlo, nel caso di formazione di un edemino cordale l’apis mellifica mi aiuta, come il cortisonico, a sgonfiare la corda.
Poi ci sono prodotti naturali come il RIBES NIGRUM, che ha un’azione antistaminica, in realtà abbassa la soglia di reattività delle mucose rispetto agli allergeni, quindi va preso prima dell’esposizione agli allergeni. Se generalmente, essendo un soggetto allergico, da aprile a giugno dovrei prendere come di consueto gli antistaminici, se verso febbraio inizio a prendere il Ribes Nigrum, quindi molto prima del classico periodo in cui si scatenano le allergie, sarà probabile che dovrò ricorrere meno all’utilizzo di antistaminici nel periodo vero e proprio.»
Quando faccio il fomento/suffumigio e quando faccio l’aerosol?
«Facciamo un esempio. Sono il tifoso di una squadra e vado tutte le domeniche alla partita. Mese di febbraio, piove, vento gelido, mi bagno i piedi, prendo freddo, vocifero ispirando aria fredda, e l’indomani mattina mi sveglio con il mal di gola e senza voce. Vado dal mio medico che mi prescrive un aerosol con il cortisonico. Al terzo giorno torno dal medico in quanto mi sento ancora più secco e il rimedio che mi ha dato non funziona. In questo caso il dottore avrebbe fatto meglio a darmi un fomento caldo umido perché con l’umidità vado a reidratare la corda infiammata. L’infiammazione prevede sempre uno stato di disidratazione, quindi io dovrei sfiammare reidratando. Quindi il cucchiaio di fiori di camomilla nel fomento e una puntina di bicarbonato di sodio per disinfezione sarebbero perfetti.
L’indomani ritorno alla partita, c’è il sole quindi nessun problema a livello di temperatura, ma l’arbitro sbaglia a concedere il rigore alla squadra opposta quindi tutti urliamo come dei pazzi contro l’arbitro stesso. In questo caso faccio un trauma da sforzo. Torno dal medico il quale, ricordandosi che l’altra volta col cortisone in aerosol non ero andato bene, mi prescrive delle inalazioni caldo umide su una vescica che è appena stata fatta, quindi peggioro. In quel caso avrebbe fatto molto meglio ad assegnarmi l’aerosol con il cortisonico o per via orale per sgonfiare la corda.»
Esistono però anche anomalie congenite alle corde vocali (ponte mucoso, vergeture, sulcus). Si interviene chirurgicamente in questi casi? Può accadere che in alcuni casi i sulcus/le vergeture siano anomalie acquisite (in seguito a traumi o sforzi, per esempio)?
«No, sono anomalie congenite, quindi sono alterazioni vocali presenti fin dalla nascita.
Nel caso del ponte mucoso, che è un’invaginazione della corda vocale, si immagina ci sia stata la formazione di una ciste prepuberale che poi si sia aperta, si sia svuotata e il buchino di apertura della cisti, con lo sviluppo – cioè dopo la pubertà e il conseguente allungamento della corda vocale -, si sia allungato, diventando una solcatura. Questa solcatura può creare un’aderenza tra l’epitelio e la corda vocale.
La voce tipica di chi ha una vergeture o un sulcus profondo è una voce stimbrata, perché l’onda mucosa non va a viaggiare su tutta la superficie della corda ma si ferma, e quindi si ha una voce priva di armonici, che si sente poco, soprattutto in ambienti rumorosi. In questo caso il soggetto cosa fa? Aumenta la pressione sottoglottica, alza la laringe e la voce diventa anche più acuta.»
Ci sono cantanti che hanno fatto di una loro anomalia congenita alle corde vocali la propria peculiarità e la propria fortuna (es. Damiano dei Maneskin, Gianna Nannini, ecc.)?
«Sì, ci sono degli artisti portatori di questa anomalia. Ora, se l’anomalia è poco profonda e superficiale, non si creano problematiche particolari.
Ci sono anche cantanti come Gianna Nannini, dove un leggero sulcus, diventa la caratteristica vocale dell’artista. Certo, se la Nannini avesse voluto fare canto lirico magari il suo timbro vocale non sarebbe stato l’ideale, ma nel suo registro musicale, nel pop/pop rock il suo timbro ha funzionato bene perché dà quella timbrica caratteristica che piace agli ascoltatori ed è diventata la sua peculiarità principale. Certo devono essere anomalie tali da non determinare un decadimento della voce o un’afonia e permettere al cantante di portare a termine un concerto.
Nel caso fosse necessario si possono fare chirurgicamente dei riempimenti con acido ialuronico che possono rendere ancora vibrante la mucosa.
In generale comunque queste anomalie congenite tendono ad essere preservate divenendo una caratteristica individuale dell’artista.»
Alcuni studi si sono concentrati sulla similitudine tra l’apparato fonatorio (laringe e corde vocali) e l’apparato riproduttivo femminile.
Esiste un rapporto/connessione tra voce e situazione ormonale?
«Nel periodo pre-ciclo, proprio per un fatto di bilancio ormonale, la corda vocale stessa tende a gonfiarsi e abbiamo quindi una tendenza edematosa nella sotto mucosa, sento la voce che diventa più pesante, quindi in quel caso le bromeline – a base di gambo di ananas – hanno un’azione sgonfiante, antiedemigena e drenante e aiutano a gestire il problema.»
Spesso una delle cause principali di disturbi vocali è il reflusso gastroesofageo, o meglio laringo/faringeo, che porta a molti disturbi: disfonia, raclage, tosse stizzosa, scolo retronasale, laringospasmi.
Ci suggerisce una formula magica per sopravvivere a questo disturbo molto diffuso e fastidioso?
«Il reflusso faringo-laringeo è quello di cui soffrono di più i cantanti, dove non ho sintomatologie digestive o acidità di stomaco date dagli acidi che salgono, ma ho sintomi per lo più vocali, quali:
- il raclage, il continuo bisogno di schiarire la voce dovuto al fatto che l’epitelio cordale, che è lubrificato dalle ghiandole di muco, come abbiamo detto prima, se c’è il reflusso, si disidrata, il muco diventa più vischioso e più appiccicoso fermandosi sulle corde vocali;
- il bolo faringeo, la difficoltà, il bisogno di spingere nella deglutizione, dovuto all’infiammazione delle aritenoidi dovuta alla risalita dei vapori acidi;
- l’opacità vocale al mattino;
- la tosse stizzosa, poiché vado a stimolare il nervo vago e c’è una tosse secca, senza materia.
Cosa fare? Sicuramente sono due i fattori principali su cui agire: l’alimentazione e lo stress. Sullo stress possiamo utilizzare tutte le tecniche di rilassamento che abbiamo a disposizione, per il resto non possiamo certo chiuderci in una campana di vetro!
Sull’alimentazione invece dovremmo evitare tutti i cibi acidi quindi pomodoro, caffè, cioccolato, bevande gassate, agrumi, menta, soprattutto a digiuno e mai la sera.
- Andiamo a dormire almeno due ore dopo aver terminato la cena.
- Usiamo un cuscino alto per coricarci a letto.
- Mettiamoci a dormire sul fianco sinistro così da seguire meglio la curva dello stomaco per non stressare il cardias.
E a livello farmacologico seguire una terapia a base di inibitori protonici e alginati.»
Il ruolo della Logopedia: sappiamo che i cantanti per tenere in forma la propria voce fanno dei veri e propri esercizi, una sorta di palestra vocale.
Ci fa un esempio degli esercizi di riscaldamento vocale più utilizzati che magari possiamo utilizzare anche noi prima di un discorso o di una call lavorativa?
«Di solito il cantante per riferimento ha i classici e tradizionali esercizi di logopedia (come il trillo labiale, il mugolio). Ultimamente si sono aggiunti i SOVTE (“Semi occluded vocal tract exercises”) un acronimo che sta per esercizi a vocal tract semi occluso: se la nostra cavità di risonanza viene ristretta la risonanza sale, si crea cioè un’impedenza, ossia una pressione retrograda che va a relazionarsi sul piano glottico rispetto alla pressione sottoglottica e quindi in questo modo si vanno a rinforzare gli armonici centrali del suono e la sua proiezione, facendo lavorare meglio le corde vocali.
Per questi esercizi si utilizzano o delle cannucce sottili nell’aria o anche delle mascherine da ventilazione.
Nel caso delle cannucce, si preferiscono quelle del domopack. In America per esempio, si utilizzano le cannucce sottili per mescolare il caffè; qui in Italia non ci sono poichè noi per mescolare lo zucchero nei nostri caffè utilizziamo le palettine di plastica.
La cannuccia stretta, dove l’impedenza è tanta, di solito è consigliata al cantante esperto.
Ai principianti invece, all’inizio, si preferisce far usare una cannuccia larga, immersa per 5/6 cm in una bottiglietta d’acqua da passeggio; soffiando nell’acqua si formano delle bolle, senza fare sforzo diciamo. Questo ha un effetto massaggiante sulle mucose delle pareti della cavità di risonanza, che se massaggiate si tonificano e la tonificazione esita in una miglioramento della vibrante acustica, quindi, in soldoni, il timbro della voce diventa più brillante, più proiettato.
È un po’ l’effetto che faceva l’acciuga che mangiavano i tenori dell’800. Perché mangiavano l’acciuga? Perché è salata, e il sale a contatto con le mucose le tonifica, quindi se la mucosa è più tonica, la voce diventa più brillante. Poi magari avevano problemi di pressione! Ma questo è un effetto collaterale.
Oltre alla cannuccia viene usata una mascherina da ventilazione, dove tappo il buco da cui esce l’aria con la mano e ci faccio all’ interno dei vocalizzi. Avendo le labbra libere rispetto all’esercizio della cannuccia, qui posso anche articolare un testo o le parole di una canzone. Facendo questo esercizio prima di una performance sento la voce con una maggiore risonanza e quindi entro in scena senza spingere sulle corde vocali. Questa è una modalità che viene utilizzata spesso.»
Ci dia tre ingredienti magici per mantenere le nostre corde vocali in condizioni ottimali!
«L’idratazione è importante poiché mantenere una corda vocale idratata rende la performance più agevole, mi fa lavorare di meno e sottopone meno al rischio di sforzo, di danno. Quindi bere regolarmente e tanto durante il giorno (e non solo prima della performance vocale altrimenti sorgono altre necessità!), idratarsi con inalatori caldo umidi (o bagno turco), e utilizzare pectina e acido ialuronico (in compresse, spray nasali, spray orali, aerosol) che sono lubrificanti.
La pectina si trova nei vegetali, quindi in frutta e verdura. Cosa fa la pectina?
A volte le nostre nonne, per fare la marmellata fatta in casa, andavano in drogheria ad acquistare questa bustina bianca, che altro non era che pectina estratta dalle mele, la quale, a contatto con l’acqua, forma un gel tridimensionale dentro le cui maglie rimangono intrappolate le molecole d’acqua. In questo modo la marmellata rimaneva morbida, non si seccava e si conservava bene. La pectina quindi, a contatto con le nostre mucose, genera un effetto idratante.
È contenuta anche nella mela acerba. Se la mela è troppo matura (per l’idrolisi enzimatica delle pectine) si perde un po’ la concentrazione di pectina. Infatti ricordo il maestro Pavarotti che prima di entrare in scena stava ancora masticando qualcosa. Allora pensai: “Secondo me lui ha un segreto! Gli chiedo che cosa mangia prima di entrare in scena!” e decisi di chiederglielo. E lui mi rispose: “Io mangio uno spicchio di mela verde con la buccia”. Quindi, sentendosi più lubrificato a livello vocale, senza saperlo, riconosceva le proprietà della pectina. La maggior parte della pectina è contenuta però nella parte bianca della buccia degli agrumi, nella parte che sta tra la buccia esterna e la parte interna del frutto, chiamata albedo, che contiene il 30% di pectina. La pectina è anche amarognola e il gusto amaro favorisce l’idratazione. Quindi ingerire qualcosa di amaro può aumentare la salivazione.»
Troviamo la pectina in farmacia in compresse?
«No, però fanno delle preparazioni a base di gel di pectina, dei gel, degli spray o dei preparati da fare in fumenti.»
Qual è il rimedio dell’ultimo minuto per un artista che debba esibirsi a breve ma che, ahimè, abbia una fonastenia o una totale afonia. Che si fa in quei casi?
«Per salvare la recita o il concerto serale, se si rimane senza voce, si ricorre al cortisonico.
Il problema è sovrastare eventualmente un ripensamento sulla tecnica o sul reflusso gastroesofageo. Se accade spesso di rimanere senza voce vuol dire che c’è qualcosa che non va e non posso sempre ricorrere al cortisonico come ultima spiaggia. È Importante inoltre sapere che il cortisonico, oltre ad avere un effetto benefico sull’infiammazione cordale, è anche un euforizzante ed un eccitante, e proprio per questo mi fa anche affrontare la prestazione un po’ a cuor leggero, penso “Ok la voce mi è tornata, allora ci do’ dentro!”. In realtà devo stare un po’ cauto in quanto devo sempre pensare che sto cantando su un cortisonico. È come anestetizzare una zona prima di andare a sbattere, non sento niente.
Ricordo, quattro o cinque anni fa, Laura Pausini che doveva partecipare alla prima serata del Festival di San Remo come ospite: telefona a Fiorello completamente afona dicendo di non poter cantare. Fiorello le risponde di non preoccuparsi, che tra qualche giorno si sarebbe rimessa e che l’avrebbero riospitata il sabato così da fare la sua presenza alla finale. Lei mi telefona allarmatissima dicendomi: “Sabato devo essere all’Ariston a cantare, senti che voce che ho!” E così cortisone, cortisone e cortisone per tutti i giorni a precedere la performance. Laura, quel giorno, ha cantato benissimo se non fosse che, ad un certo punto, ha staccato il microfono, è scesa dal palco dell’Ariston, è andata fuori davanti ai fan che aspettavano al freddo e al gelo e si è messa a cantare a squarciagola! Tutto questo a causa dell’effetto euforizzante del cortisonico!»
Se dovesse scegliere una caratteristica che accomuni, nonostante la diversità di generi e personalità, gli artisti/cantanti, qualche sceglierebbe?
«Ci sono varie personalità dell’artista in generale, infatti c’era un gruppo di psicologi che ha studiato le diverse personalità degli artisti, dal disturbo schizoide al disturbo narcisistico, al disturbo ossessivo-compulsivo, a quello nevrotico.
Lo schizoide è quello che ti fa telefonare il giorno della recita dal suo manager perché deve osservare 24 ore di silenzio assoluto; un’altra tipologia è quello che dopo la recita va a cena con gli amici, come Gigi Proietti, che dopo lo spettacolo veniva fuori a cena e continuava a fare spettacolo fino alle 4 di notte! Un grande istrione in quel senso.
Oppure c’è quello ossessivo-compulsivo che ha sensi di persecuzione continui quindi qualsiasi cosa succeda in teatro è tutto contro di lui, oppure ci sono quelli che ti telefonano anche alle due di notte senza ritegno, senza tenere conto del fuso orario perché hanno un problema e quindi in ordine di importanza vengono prima loro stessi.
Sono molto laringo centrici soprattutto i cantanti lirici, tutto il mondo funziona in base allo stato di salute delle loro corde vocali: può succedere qualsiasi cosa ma se le loro corde vocali stanno bene tutto va bene e parlano solo di quello.
Mentre invece ci sono altri soggetti, che parlano di tutto fuorché delle proprie corde vocali, come faceva Lucio Dalla, che parlava di problemi sociali o problemi di qualsiasi altro genere. Era fantastico!
Poi c’è quello ossessivo-compulsivo che si guarda le corde vocali da solo, prima della recita, alla fine del primo atto e alla fine della recita e continua a mandarmi tutti i video delle corde vocali girati con l’iPhone!»
Ci racconta un aneddoto, una situazione divertente o particolare, avvenuti in questi anni di carriera/una richiesta bizzarra che le è stata fatta da un artista in questi anni e che le è rimasta in mente?
«Sì, una riguarda una chiamata alle sette di mattina di domenica chiedendomi: “Dottore, è meglio fare la sauna o il bagno turco per le mie corde vocali?”.
O l’altro che mi chiama e mi dice: “Ho sentito la mia ragazza nell’altra stanza che ha starnutito, fra quanto posso entrare?”.
Ci sono persone ipocondriache che amano tenere tutto sotto controllo!
Oppure ricordo come aneddoto un artista trasformista che avevo invitato ad un mio convegno a Ravenna; sono incontri di Vocologia Artistica dove si illustrano tutte le varie caratteristiche degli stili vocali sia dal punto di vista della didattica che della fisiologia. Qui c’era questo famoso cantante e musicologo che faceva uno spettacolo sulle dive degli anni ’30 e ’40 e durante la performance si cambiava i vestiti, indossando vestiti dell’epoca.
Di solito noi chiediamo agli artisti che invitiamo al convegno di compilare una scheda tecnica con gli strumenti richiesti per la messa in scena (chi desidera il microfono, chi un determinato tipo di amplificazione, ecc.). Lui nella sua scaletta aveva scritto: “ferro da stiro”! Gli chiesi “Ma perché ferro da stiro scusa?” E lui rispose: “Perché gli abiti di scena me li devo stirare io prima di entrare in scena!”.»
Un dono di madre natura e la tecnica/lo studio. È meglio avere una voce discreta ma una costante applicazione nello studio o una voce magnifica anche senza una grande dedizione allo studio del canto? Cosa vale di più mettendo entrambi sul piatto della bilancia?
Se ho una voce nella norma come dire, potrò mai diventare una cantante famosa credendoci e studiando tanto?
«Qui si parla dell’equilibrio tra talento e studio.
Se vai alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe, qui a Ravenna, nella fascia pre absidale, trovi, in allineamento con la figura di Sant’Apollinare – che è il patrono del l’oratoria e quindi del linguaggio -, la mano del pantocrate che sbuca dalle nuvolette – che è il simbolo della parola, del verbo divino -; poi c’è questa specie di cuore con una serie di anelli sopra e un piccolo pezzo di laringe con l’uccellino che canta, cioè la voce. Questo rappresenta il connubio tra un sentimento/un’intenzione comunicativa, quindi il talento comunicativo, e l’aspetto meccanico, rappresentato dagli anelli tracheali, l’organo vocale. L’insieme delle due cose ti dà il prodotto voce.
Se io ho un’abilità, un istinto interpretativo connesso ad una scarsa tecnica perché non ho mai studiato, può darsi che diventi Mina! Mina non ha mai studiato, è un’autodidatta.
Più spesso succede che sì, magari ho tanto talento, ma, se non è supportato da una buona tecnica che mi permetta davvero di esprimere il talento allora non hai lo strumento per farlo. È come se io fossi Schumacher ma non avessi la macchina adatta.
Oppure al contrario se sono dotato di poco talento, di poca creatività e poco spirito interpretativo ma studio tanto e ho tanta tecnica, magari se sono in un’orchestra divento un buon strumentista di fila, però non diventerò mai un interprete di eccezione; però posso fare il mio mestiere di musicista nelle file di un’orchestra.
Quindi diciamo che ci vogliono tutte e due le cose.
A parte il fatto che poi oggi come oggi non è solo la voce che viene giudicata, ma la personalità e tanti altri fattori senza contare ciò che ci vogliono far piacere.
Non è che debba essere bello per forza quello che ascoltiamo, che ci possa trasmettere per forza qualcosa, perché a volte viene un po’ indotto e guidato quello che dobbiamo farci piacere. Adesso non voglio stare a fare polemiche ma a volte sento delle canzoni terribili, dove magari c’è l’inciso che non c’entra niente, come facciamo a dire che è bello? Preferisco alcuni gruppi che nella loro forza hanno un perché, anche nella loro estremizzazione. A volte nel pop sento delle cose terribili, ma questo vale nel pop come in tutti gli altri campi, anche nel campo lirico. Donizzetti per esempio ha scritto tanta roba che non è stata più eseguita ed è rimasta nel dimenticatoio, quindi ci sono cose belle e cose brutte in ogni ambito artistico.»
Qual è la soddisfazione più grande che lei porta nel cuore, in questi anni di lavoro e carriera?
«Vedere che si è instaurata con tanti di loro un’amicizia vera, amicizia nel senso di “intimità”, per cui c’è questo riconoscimento e rispetto reciproco, la dedizione, la loro hanno verso il mondo dell’arte e la mia verso di loro perché a me piace stare dietro le quinte. Quindi proprio il godere del successo degli altri è una cosa bella. Ed è proprio il fatto che gli altri se ne accorgano e che lo capiscono che ti dà forza.»
Quindi è l’empatia, il trovarsi, l’incontrarsi?
«Sì, ecco che infatti poi vengono a trovarmi ai congressi come atto di riconoscimento e di affetto e questa cosa mi fa molto piacere.»