Non è facile fare un film prequel di due film come Kingsman – Secret Service, e Kingsman – Il cerchio d’oro; due pellicole decisamente action con tratti surreali ed un sottofondo di grottesco british che sorprendentemente mi hanno appassionato e divertito.
Non è affatto facile, dicevo, perché il mix di ironia, grottesco ed azione che traspare da ogni inquadratura è perfettamente calato nell’epoca moderna e pensare ad un prequel ambientato agli inizi del ‘900 potrebbe stridere eccessivamente. Ma, fortunatamente non è stato così.

In questa terza pellicola di Matthew Vaughn, approfondiamo quello che viene solo accennato da Harry Hart (Colin Firth) nel primo episodio e cioè come è nato il servizio segreto più signorile e raffinato dopo la serie di James Bond.
Il personaggio di Harry descrive la nascita della Kingsman come la necessità di creare un servizio segreto slegato dalla politica e totalmente indipendente quando i suoi fondatori si sono ritrovati senza eredi: poche parole, ma ben assestate nella mente dello spettatore che, memore del passato (o meglio del futuro) accetta di buon grado tutto quello che gli viene presentato davanti agli occhi; ovvero un film godibile, in linea narrativamente e visivamente con gli altri due, anche se leggermente cerchiobottista nel finale.

Quello che maggiormente mi ha deluso, infatti, non è neanche il finale ma la coda dopo i titoli che sembra ammiccare ad una sorta di complottismo tanto in voga oggi.
Ma in fin dei conti Kingsman è anche questo; una trilogia che può piacere sia ai Repubblicani che ai Democratici, sia ai Lauristi che ai Conservatori.
Qualcuno potrebbe dire che è anche questa la sua forza, ed è vero. È anche vero, però, che questa sorta di filosofia diafana può essere un muro insormontabile per chi fa della propria scelta etica qualcosa di imprescindibile.
Per quanto riguarda la recitazione, invece, la presenza di un eccellente Ralph Finnes e del figlio Conrad (Harris Dickinson), contornato da servitori illuminati come i personaggi di Polly (Gemma Arterton) e Shola (Djimon Hounsou), fanno scorrere il film velocemente ed in modo appassionato. Da notare in particolar modo il dialogo nella trincea del personaggio di Conrad, toccante ed illuminante, ed il discorso con poesia di Finnes, in chiesa, al cospetto del Re d’Inghilterra e di tutte le massime cariche dello stato.
Dal punto di vista registico, oltre ad un uso eccellente dei cambi di campo e delle riprese acrobatiche, memorabile è la scena di Nostradamus durante il combattimento. Veramente coinvolgente, fluida e dal mio punto di vista degna di fare scuola.

È un film che vale il biglietto di sala? Ieri sera dopo l’anteprima avrei detto di no. Ma oggi, dopo appena 14 ore e ripensandoci… È diventato un deciso sì.
Perché la bellezza di un film non si misura in quello che ti lascia immediatamente dopo la visione, bensì quello che ti lascia nel cuore e nello spirito a distanza di tempo.
Dulce et decorum est pro patria mori. Vedendo il film, capirete il perché di queste parole.
Buona visione.