Era da più di un anno che aspettavamo il nuovo film di Wes Anderson, ma finalmente The French Dispatch è arrivato.
Anche in questa sua ultima fatica, il regista americano sottolinea il suo stile e la sua mano, che nel tempo gli hanno permesso di distinguersi nel panorama cinematografico mondiale.
Le inquadrature perfettamente centrate, i colori pastello, i personaggi bizzarri, ma pieni di cuore sono solo alcune delle caratteristiche del cinema di Anderson.
Il presupposto del film è molto curioso. Il French Dispatch è un supplemento settimanale del quotidiano Evening Sun di Liberty, Kansas. Una redazione statunitense (inventata) racconta ogni settimana la cultura, le persone e gli avvenimenti della fittizia cittadina francese, Ennui-sur-Blasé. Il tutto è ambientato in un tempo imprecisato del secolo scorso.
La redazione vede i contributi dei giornalisti più disparati e specializzati in diverse cose. Il suo direttore, interpretato da Bill Murray, è completamente devoto alla sua redazione. L’unica cosa essenziale per lui è che nessuno pianga.
The French Dispatch mette in scena quattro storie o reportage pubblicati sull’ultimo numero del settimanale, che avrebbe chiuso i battenti con la morte del suo direttore. Il film dunque non ha una storia unica, ma piuttosto vediamo dei bozzetti di vita della cittadina francese, raccontati attraverso le parole dei giornalisti. Giornalisti che hanno volti molto conosciuti e cari al regista. Da Owen Wilson a Frances McDormand per arrivare a Jeffrey Wright e Tilda Swinton.
L’eccezionale cast è sicuramente uno dei pro del film, che vede nomi importanti quali quello di Edward Norton o Willem Dafoe fare anche una breve comparsa all’interno delle storie. Protagonisti invece dei bozzetti rappresentati sono Benicio del Toro, Léa Seydoux, Adrien Brody, Timothée Chalamet, Mathieu Amalric e tanti altri.
Ancora una volta, Wes Anderson ci dimostra la sua maestria nella messa in scena, privilegiando questa volta il bianco e nero per quasi la maggior parte del film, intervallato in scena specifiche, dal colore. Nell’ultima storia, il regista riesce anche a trovare il posto per un inserto animato, che ricorda uno stile fumettistico.
In generale, lo stile del film riprende quello dei lungometraggi francesi del secolo scorso.
La grande attenzione alla messa in scena e ai dettagli è sicuramente ammirevole e un modello irreplicabile, ma particolarmente in questo ultimo film sembra che l’intento di Anderson sia appunto solo quello di stupire lo sguardo. Se il film avesse avuto una storia univoca sarebbe stato molto difficile giocare così tanto con la messa in scena come ha fatto il regista. Dunque “l’espediente” di raccontare storie diverse (quasi come se fossero dei cortometraggi) ha forse salvato il film dal perdersi completamente nel turbinio della macchina da presa, dei suoi svariati personaggi e colori.
Nonostante tutto, The French Dispatch si presenta come un’esperienza unica per lo spettatore, sia per la sua originalità, sia per lo stile unico di Anderson. Ogni storia raccontata è a suo modo interessante e coinvolgente, grazie anche alle stellari performance del cast.
Da Benicio del Toro che interpreta un artista violento, in carcere per omicidio a Timothée Chalamet che veste i panni di uno studente brillante e rivoluzionario fino all’ultimo racconto con Jeffrey Wright e Mathieu Amalric che si lanciano in un inseguimento e salvataggio.
Ogni storia è peculiare, così come ogni persona che potrebbe abitare una cittadina simile a Ennui-sur-Blasé. Ogni tanto anche la quotidianità più banale può tingersi di bizzarro ed è qui che Wes Anderson eccelle.