Domande, queste, che sono state ampiamente studiate e creativamente risolte nelle numerose opere di letteratura e non solo: il libro Copenaghen di Michael Frayn, che raccoglie la trascrizione dell’omonimo spettacolo teatrale, ci narra di un incontro fittizio avvenuto tra Bohr e Heisenberg in cui vengono discussi i più assillanti interrogativi morali ed etici riguardanti l’energia atomica e il suo utilizzo per fini bellici.
La svastica sul sole, romanzo di Philip U. Dick, anche conosciuto come The Man in the High Castle, da cui è stata tratta l’omonima serie tv del 2015 distribuita da Amazon Studios, racconta di un mondo ucronico in cui la Germania ha vinto la guerra e ha stabilito un nuovo ordine mondiale con l’aiuto del Giappone.
Di esempi del genere ne è piena la letteratura, sia fittizia sia storica, con stormi di studiosi che per anni si sono interrogati sui numerosi se della storia dell’umanità.
Christopher Nolan si pone questo interrogativo, e la sua risposta è un film di 3 ore con un cast stellare che indaga il prima, il durante e il dopo la costruzione della bomba atomica, mostrandoci l’abilità dell’America di creare e distruggere i propri eroi.
Il film si basa sul libro American Prometeus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer, biografia scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin. Più di 700 pagine trasformate in una sceneggiatura di 3 ore che, tuttavia, non mette in scena un film biografico. Infatti, nulla è mostrato sull’infanzia e l’adolescenza turbolenta del futuro fisico teorico, ma si esplorano principalmente gli anni nei quali, grazie ad Oppenheimer, la fisica quantistica viene inserita all’interno dei curricula universitari negli Stati Uniti, per poi passare a raccontare del progetto Manhattan e della creazione della cittadina di Los Alamos, in cui venne effettuato il primo test della bomba atomica.
Il film si sviluppa su due diverse narrazioni, che oscillano e si intrecciano tra loro per tutta la durata della pellicola: la prima, intitolata “Fissione”, in cui il film è raccontato con colori vividi e brillanti, segue la narrazione del progetto Manhattan secondo il punto di vista soggettivo di Oppenheimer stesso; la seconda, invece, è intitolata “Fusione”, e con sequenze in bianco e nero segue la vicenda della nomina a segretario di commercio di Lewis Strauss (interpretato magistralmente da Robert Downey Jr). Il motivo di questa doppia scelta sui colori si ritrova nel desiderio del regista di raccontare, attraverso il bianco e nero, una versione oggettiva e da un diverso punto di vista della storia di Oppenheimer.
Infatti, una superba e sensuale Florence Pugh interpreta la comunista Jean Tatlock, con cui Oppenheimer ha avuto una storia che lo segnerà profondamente in futuro, soprattuto per i legami che la donna ha con il partito comunista. Florence Pugh domina magistralmente quelle poche scene in cui è presente, che rappresentano anche le prime scene di sesso e nudità prolungata presenti in un film di Nolan. Ma non fatevi ingannare: non è strategia di marketing, poiché queste scene sono state ben inserite all’interno della narrazione, con un vero e proprio significato.
L’altra donna della vita di Oppenheimer, Kitty, colei che poi diventerà sua moglie, è interpretata da Emily Blunt. Fortunatamente, il personaggio esce fuori dall’archetipo della moglie che sostiene e soffre per il perseguitato marito, rappresentando in tutta la drammaticità un’alcolista cinica che non approva la strategia del marito di fare da martire e capro espiatorio fino all’ultimo.
Il già citato Robert Downey Jr mostra in questo film tutta la sua versatilità. Guidando la parte della “Fusione”, l’attore interpreta Lewis Strauss, l’altezzoso commissario dell’energia atomica che, nel corso della pellicola, cerca di entrare a far parte del circolo politico di Eisenhower come segretario al commercio. Se all’inizio tutta questa vicenda può sembrare slegata dal resto della narrazione, nell’ultima parte del film diventa fondamentale per comprendere le reali conseguenze attorno alla vicenda della bomba atomica.
Anche il resto del cast secondario è composto da nomi importanti del cinema odierno: Kenneth Branagh interpreta Niels Bohr, un Gary Oldman quasi irriconoscibile si cimenta nella parte del presidente americano Truman, e poi ancora Rami Malek, Alden Ehrenreich e tanti altri.
Ma il centro di questa rosa di nomi è proprio lui, Cillian Murphy nel ruolo di J. Robert Oppenheimer.
L’attore, alla sua sesta collaborazione con Nolan e la prima come protagonista in un suo film, riesce a dare prova di grande intensità emotiva quando si tratta di mostrare i demoni interiori del suo personaggio, attraverso intense espressioni che vengono magistralmente colte dal registra con i numerosi primi piani che permettono allo spettatore di cogliere ogni più piccola variazione di espressione.
D’altronde, il personaggio di Oppenheimer è decisamente complesso: osannato come un eroe per aver messo fine alla guerra, spezzato dal senso di colpa per quanto successo a Hiroshima e Nagasaki, e costantemente alla ricerca di espiazione attraverso il martirio negli anni a seguire.
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Allerta Spoiler! 😉
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Ed è proprio la sequenza del countdown finale prima dell’esplosione quella che racchiude in sé tutte le aspettative dello spettatore, senza deludere neanche per un secondo.
Interessante notare il dettaglio riguardante il ritardo del suono rispetto all’esplosione, forse insignificante per il pubblico generale, ma che sta a cuore di tutti i fisici e gli scienziati presenti in sala.
In conclusione, Oppenheimer rappresenta un film Nolaniano per eccellenza. Certamente non racchiude quel senso di maestosità tipico della trilogia su Batman, e non risulta essere neanche così scientificamente complicato e intricato come Tenet o Inception, ma si avvicina maggiormente all’altro dramma storico di Nolan, Dunkirk, richiamando alla mente la complessità e la solennità tipiche di Interstellar.