«Una persona sembra più bella quando sorride», così affermava Frances Hodgson Burnett. Peccato che, per quanto un’affermazione del genere possa essere veritiera, nella società odierna un sorriso (anche con labbra e denti perfetti) non basta a farci essere belli.
Senza addentrarci nel profondissimo e desolatissimo concetto di cos’è la bellezza, se sia qualcosa di soggettivo o oggettivo, parliamo di un fenomeno un po’ più concreto. La K-Beauty.
Oggigiorno dovrebbe essere un po’ superfluo spiegare cosa sia quella “K” davanti ma, per chi ancora non lo sapesse, la K sta per K(C)orea. La Corea che è un terzo dell’Italia come superficie, ma che conta più o meno la stessa popolazione, è un Paese che da qualche anno a questa parte sta affermando il proprio dominio in diversi campi.
Ce ne sono veramente tanti, a partire dalla tecnologia, la musica con il K-Pop, il cinema e le serie tv (Parasite e Squid Game) fino ad arrivare all’argomento di oggi: la K-Beauty.
Cosa si intende per bellezza coreana? E perché sta avendo tutta quest’attenzione?

Quello che sta avendo tanto successo nel mondo sono i prodotti coreani di bellezza e, in generale, le tecniche di cura della propria pelle. Oltre, ovviamente, alle tecnologie di chirurgia plastica che hanno portato la Corea ad essere denominata “capitale del mondo della chirurgia plastica”.
Ma perché questo mercato è così fiorente? E da dove deriva questa attenzione, quasi maniacale, per la bellezza?
Il mercato della K-Beauty e l’ecosistema coreano
Innanzitutto, il mercato del Beauty nel mondo è oggi guidato dall’Asia, in particolare da Cina e Giappone. Da un parte i prodotti per il make-up, dall’altra quelli per la skincare. La Corea si piazza tra i dieci più importanti e fruttuosi beauty markets al mondo, con una stima (nel 2019) di 9.4 miliardi di dollari.
I prodotti coreani li ritroviamo in tutta l’Asia, ma adesso anche in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti. Inoltre, persone da tutto il mondo si recano in Corea del Sud per interventi di chirurgia estetica.

Insomma, ancora una volta si può parlare di fenomeno Corea. E diciamo “ancora una volta”, perché i motivi per conoscere il Paese del calmo mattino sono molteplici, come abbiamo accennato all’inizio. Quello che si è sviluppato in Corea è un vero e proprio ecosistema, dove i diversi mercati sono collegati l’un l’altro per, appunto, creare il fenomeno.
È ormai entrata nell’Oxford Dictionary la parola “Hallyu” ovverosia “onda coreana”. Un termine che gli studiosi hanno scelto per indicare questo grandissimo successo dei prodotti culturali e non provenienti dalla Corea.
Dunque, la K-Beauty si inserisce in questa grande e prospera ondata, che non ha fatto che portare la Corea ad arrivare al decimo posto al mondo per il PIL. La K-Beauty si inserisce nell’Hallyu anche perché il fenomeno si è diffuso (e si diffonde tuttora) soprattutto grazie ai K-drama e agli idols (componenti dei gruppi K-Pop) che fanno da testimonial.
Per fare un esempio concreto, le componenti delle BlackPink, il gruppo femminile più famoso a livello internazionale, sono tutte testimonial di brand diversi, mostrandosi come raffinate rappresentazione di un certo marchio. Addirittura, le star del K-Pop guadagnano di più dall’endorsement che dalla musica.
L’esempio più lampante, che ha portato a fare veramente attenzione alla K-beauty, è stato con un K-drama. Parliamo di My Love from the star, del 2013. Nella serie, la protagonista indossa un rossetto rosso brillante (che di solito non si vedeva addosso alle donne coreane), di cui però non si conosce la marca, poiché nello show non viene mai inquadrata. Fatto sta, che il rossetto è piaciuto così tanto che ne è stata scoperta la marca e le vendite di quel determinato modello sono volate alle stelle, soprattutto in Cina.
Questo avvenimento è in realtà un esempio ben riuscito, e potremmo dire indiretto, di product placement. Da allora, i K-drama sono stati veicolo di pubblicità indiretta per moltissimi prodotti di bellezza. È ormai consuetudine vedere delle scene in queste serie dove la protagonista è seduta alla sua toeletta per il rito della skincare oppure per il trucco prima di un appuntamento.

Origini e storia della cosmesi in Corea
Ma nonostante i prodotti di bellezza coreani stiano vivendo adesso la loro età dell’oro, non sono di certo gli ultimi arrivati. Di make-up in Corea se ne può parlare addirittura a partire da circa il 60 a.C., con diverse fasi di utilizzo e di mode che vanno di pari passo con le diverse fasi della storia del Paese. Interessante, ad esempio, guardare al secolo scorso, quando la Corea era sotto il dominio giapponese. La dominazione del Paese vicino ha influenzato molto la cultura, le mode e gli atteggiamenti stessi dei Coreani. Negli anni ‘20 del secolo scorso erano i prodotti giapponesi gli unici ad essere venduti e usati in Corea e solo negli anni ‘50 i prodotti coreani ebbero la loro rivincita.
Rivincita che durò poco poiché, con la Guerra di Corea, il mercato della K-Beauty vide nuovamente un calo.
Solo con la fine dell’ennesima guerra e la divisione delle due Coree, il mercato si riprese. Soprattutto perché, per la ripresa, si scelse la strada del protezionismo. Quest’ultima, obbligava tutti gli abitanti a comprare esclusivamente prodotti coreani e non provenienti dall’estero (soprattutto da Cina e Giappone).
Gli standard di bellezza oggi
Vista la storia passata dal Paese, la scelta del protezionismo sembrerebbe essere stata quella più giusta e quella che ha permesso alla Corea di essere dov’è oggi. E proprio la storia ha dettato le mode degli standard di bellezza, che ad esempio vogliono la pelle bianca, o comunque il più chiara possibile, per distinguersi da chi ha una pelle più olivastra e scura (ma naturale) che indicherebbe chi lavora nei campi o che svolge lavori manuali.
Un po’ come lo è stato in Occidente nei secoli scorsi, la pelle chiara è simbolo di eleganza e dell’essere benestanti.
Questo è solo un esempio degli svariati standard di bellezza coreani. Se volessimo elencarli, la lista diventerebbe piuttosto lunga e ai più, forse, farebbe storcere il naso. Perché sembrerebbe quasi che i coreani abbiano degli standard di bellezza per ogni singola parte del corpo.
Potreste chiedervi se tutte queste “regole” così severe siano una questione di moda. Ebbene, non solo. La Corea è un Paese molto competitivo, probabilmente perché come dicevamo, in un Paese che è un terzo dell’Italia, vivono circa 50 milioni di persone, la maggior parte concentrate nei due centri principali del Paese, ovvero Seoul e Busan.
Non solo la densità di popolazione, ma anche la rapidissima crescita economica che ha caratterizzato la Corea negli ultimi decenni, hanno portato i giovani (ma in realtà chiunque) a fare di tutto pur di lavorare nelle grandi aziende e conglomerati (i cosiddetti chaebol) del Paese.
Purtroppo, è un dato di fatto che per ottenere il lavoro l’apparenza fisica conti, anche tanto. Infatti, quando i coreani inviano il loro curriculum, deve esserci sempre una foto allegata che è, spesso, la prima cosa che viene guardata dei candidati.
Per questo, la cura del proprio aspetto da una parte e operazioni di chirurgia estetica dall’altro sono la normalità in Corea.
Questo è anche uno dei motivi per cui non sono solo le donne coreane ad essere attente alla cura del corpo, ma lo sono anche gli uomini. Secondo una recente ricerca di GlobalData, il 75% degli uomini coreani si sottopongono a trattamenti di bellezza almeno una volta a settimana e utilizzano prodotti di K-Beauty. Questo dato è ancora più presente negli individui della Generazione Z, quindi chi è nato dopo gli anni 2000.
Per una questione anche genetica, i coreani non hanno molta peluria sul viso, il che permette loro di applicare il trucco più facilmente. Trucco e trattamenti di bellezza non sono visti come qualcosa di “effeminato”, come invece si pensa spesso in Occidente.
Da una parte una questione genetica, dall’altra il voler apparire belli per essere accettati porta il popolo coreano a non avere pregiudizi pesanti verso il trucco e la chirurgia estetica. Che si parli di donne o di uomini.

La miniera d’oro della chirurgia plastica
A proposito di chirurgia plastica nonostante sia ampiamente accettata in Corea, si sta parlando di abuso della stessa. Le critiche all’uso massiccio di chirurgia estetica derivano anche dalle discriminazioni che sono molto comuni sul posto di lavoro per le persone “meno belle”. Il Presidente Moon Jae-In ha iniziato a porre delle leggi che possano contrastare il fenomeno, innanzitutto facendo togliere, entro il 2022, i manifesti pubblicitari di cliniche di chirurgia dalle stazioni metro. Un’iniziativa che potrebbe essere utile, ma che comunque va a scontrarsi con il numero impressionante delle stesse nel quartiere di Gagnam. Nel quartiere, reso famoso nel mondo grazie alla canzone di Psy, si contano infatti più di 500 cliniche estetiche, praticamente ad ogni angolo.
L’altra iniziativa presa dal Presidente sudcoreano è stata quella del “blind hiring” ovvero del cosiddetto “selezionamento al buio”. Questo tipo di selezione prevederebbe un curriculum senza foto, così da smettere gradualmente le assunzioni basate sull’aspetto esteriore. Peccato che, per ora, questo tipo di selezione si può applicare solo nei settori pubblici, mentre quelli privati e più ambiti, guardano ancora alla superficie.
Quando è iniziata però questa “pratica” della chirurgia estetica in Corea del Sud?
Subito dopo la liberazione del Paese dal dominio giapponese, i coreani hanno fatto di tutto per distinguersi dal popolo che li aveva oppressi per tanti anni. Una delle cose, è stata cambiare i propri tratti che, vuoi o non vuoi, richiamavano quelli dei loro vicini.
La prima operazione di questo genere è stata realizzata da un medico americano, il Dr. D. Ralph Millard che era di stanza nel Paese durante la Guerra di Corea. Il primo a chiedergli la cosiddetta “double eyelids surgery” o blefaroplastica (operazione per la correzione delle palpebre, che porta gli asiatici ad avere un doppia palpebra invece che il naturale monolidio) fu un interprete coreano. L’operazione, eseguita in primis in Giappone, divenne di moda tra le donne coreane che sposavano americani o che lavoravano nel mercato sessuale.
Ciò ha portato a pensare che facessero l’operazione per assomigliare di più agli occidentali (e oggi, per molti versi, questo pensiero è ancora presente).
Millard stesso, invece, ha affermato che la ragione per cui i coreani richiedevano molto l’operazione era per il desiderio di essere più espressivi, data la rinascita del Paese. Infatti, lo sguardo asiatico sembrerebbe essere generalmente inespressivo, misterioso e passivo.
La Corea (e la K-Beauty) verso il futuro
Oggi, quest’operazione, è quella più praticata in assoluto in Corea e, di conseguenza, anche quella più economica. Basti pensare che molto spesso questo tipo di operazione (o altri ritocchini) viene regalata alle/ai liceali dai propri genitori (prima di iscriversi all’università e lavorare).
Nonostante tutto ciò, anche in Corea le “mode” vanno e vengono. A quanto pare, quest’anno, si sta diffondendo invece la tendenza a non farsi la blefaroplastica, ma lasciare il naturale monolidio.
In generale, la Corea del Sud è un Paese estremamente avanzato sotto molti punti di vista, ma per altri è ancora troppo legata a tradizioni e pregiudizi. Uno dei motivi di questo atteggiamento collettivo potrebbe essere la rapidissima e sistematica evoluzione che ha affrontato nell’ultimo secolo. Un’evoluzione che gli ha forse fatto “bruciare” alcune delle tappe che in Occidente sono state percorse in molto più tempo.
Nonostante tutto, le nuove generazioni sembrano essere più aperte rispetto ai loro nonni e genitori. Oltre a questo, la grande diffusione della cultura coreana e, in generale del Paese in Occidente, sta portando piano piano l’intero popolo a rivalutare alcune cose e ad aprire maggiormente i propri orizzonti.
Ci sarebbe ancora molto da dire sulla K-Beauty che, naturalmente, è in continuo sviluppo. E un articolo a parte sarebbe da fare solo sulla skincare e i suoi famosi 10 passaggi (probabilmente arriverà molto presto!). Ma intanto è importante risalire alle origini del fenomeno per comprenderne il successo e non rimanere sorpresi, nel futuro, quando i prodotti sudcoreani domineranno ogni scaffale dedicato alla bellezza. E non solo.