Marte ha 2 Lune mentre a Giove, fino ad oggi, ne abbiamo contate 79. Saturno ne ha addirittura 82. Noi esseri umani eravamo abituati ad ammirarne una sola di Luna (dalla terra) ma nel 2016 ne abbiamo scoperta una seconda!
La scoperta è avvenuta presso l’osservatorio Haleakala, situato nelle Hawaii. L’abbiamo quindi chiamata Kamo’oalewa, termine che fa riferimento al cantico hawaiiano della creazione Kumulipo e che indica un oggetto celeste in movimento.
Ha un raggio di 20,5 metri e gira intorno alla nostra orbita in maniera ripetitiva, con un periodo di rivoluzione di 366 giorni, e con un periodo di rotazione estremamente veloce. Ben 28 minuti! La definizione di quasi-satellite deriva dalla traiettoria della sua orbita, che include un passaggio ravvicinato alla Terra.
È troppo piccola per avere effetti sulla Terra (come per esempio le maree). La sua traiettoria, però, è sicuramente non convenzionale, in quanto distorta dalla forza di gravità del Sole.
Studiando i campioni lunari riportati dalla Missione Apollo 14 nel 1971, abbiamo scoperto che Kamo’oalewa è un pezzo di Luna che probabilmente si è staccato in seguito a un impatto con qualche asteroide.
Una collisione che potrebbe essersi verificata in un arco di tempo compreso tra 100mila e 500 anni fa.
Altre ipotesi suggeriscono che Kamo’oalewa venga dalla fascia di asteroidi che si trova tra le orbite di Marte e Giove. Da lì sarebbe stata catturata gravitazionalmente da parte del sistema Terra-Sole.
Rispetto alla nostra prima Luna questa è “nascosta” in quanto non illumina ed è così piccola da non essere visibile a occhio nudo: si presenta, vista dal telescopio, sotto forma di pixel di luce. Lo spettacolo è incredibile!
Può essere osservata dalla Terra solo in Aprile e non senza difficoltà.
Grazie a una raccolta dati durata cinque anni, sfruttando due telescopi localizzati in Arizona, sono state ottenute delle analisi fotometriche e spettroscopiche di questo oggetto senza precedenti. Si tratta in particolare del Large Binocular Telescope (LBT) e del Lowell Discovery Telescope (LDT). Grazie a essi è stato possibile comprendere qualcosa di nuovo sulle sue caratteristiche fisiche e sulla sua composizione.
Attraverso le analisi fotometriche, i ricercatori studiano la luminosità di un oggetto celeste. L’obiettivo è di ottenere informazioni quantitative sulla sorgente analizzata. In questo caso specifico, la luce di Kamo’oalewa deriva dai raggi solari riflessi. Con la combinazione di un’indagine spettroscopica, da cui si ricava una descrizione qualitativa invece, sono stati ottenuti dei risultati particolarmente interessanti.
I ricercatori hanno infatti identificato tracce di minerali silicati, dei materiali rocciosi. Inoltre è emerso un alto grado di “contaminazione”. La superficie dell’asteroide è stata modificata da bombardamenti di micrometeoriti o particelle del vento solare, incontrate durante il moto attorno a Sole e Terra. Successivamente a questa analisi, non poteva mancare il confronto con oggetti di simile natura. Tra questi, un campione della superficie lunare, raccolto durante la missione Apollo 14. Quest’ultimo raffronto ha rivelato straordinarie somiglianze.
Questo piccolo quasi-satellite terrestre purtroppo rimarrà a farci compagnia solo per altri 300 anni, poi la sua instabile orbita cambierà e proseguirà il suo viaggio verso chissà dove…