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Il laboratorio nanotech on-chip Braiker: innovativo, veloce e preciso

La nostra missione è lo sviluppo e la commercializzazione di laboratori on-chip ad alta tecnologia, che uniscano le nanoscienze e algoritmi di intelligenza artificiale per analisi molecolari veloci, precise ed a basso costo.

Siamo il primo spinoff tecnologico del laboratorio NEST della Scuola Normale Superiore di Pisa e dell’Istituto Nanoscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Abbiamo chiesto a tre scienziati (Matteo Agostini, Marco Cecchini, Marco Calderisi) i segreti della ricetta del successo nella ricerca italiana: prendete le nanotecnologie, aggiungete l’intelligenza artificiale e mescolate, sapientemente, l’innovazione che si crea da ricercatori di alto livello.

Ci può raccontare il percorso personale e professionale che l’ha portata al ruolo che ricopre oggi?
Matteo Agostini: «Sono nato a Latina, nel 1988. Lì ho studiato ingegneria elettronica, nella sede distaccata della Sapienza, e poi ho proseguito con una magistrale in Ingegneria delle Nanotecnologie Industriali a Roma, sempre presso la Sapienza.

Appena laureato, nel 2013, mi trasferisco a Pisa per un intership presso l’IIT nel Laboratorio NEST, laboratorio di nanotecnologie e nanoscienze.

È in quel momento che mi si apre il mondo della ricerca e decido di intraprendere un dottorato presso la Scuola Normale Superiore, continuando a lavorare proprio nel Laboratorio NEST.

Durante il dottorato mi formo come ricercatore ed ho l’opportunità di viaggiare tanto.

Al termine del dottorato, nel 2018, mi trovo di fronte all’opportunità di continuare a far avanzare le mie ricerche e portarle sul mercato.

Ed eccomi qui, come amministratore del primo spinoff del laboratorio NEST della Scuola Normale Superiore e del CNR-NANO

Cosa significa essere un giovane ricercatore, oggi, in Italia? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della professione?
«Tra i vantaggi ci sono sicuramente la libertà di gestire il proprio tempo e i propri impegni, la possibilità di viaggiare tanto e di aprire la mente, e ci si ritrova molto presto ad essere responsabilizzati nella gestione di progetti e di nuovo personale.

Il principale svantaggio è che questo tipo di lavoro è precario quasi per definizione fino a che non si raggiunge una maturità professionale molto alta (mi riferisco all’essere assunti in università/enti di ricerca ad età abbastanza avanzata).»

Questo problema è presente in tutta Europa ma in Italia è particolarmente accentuato a causa della gestione della pubblica amministrazione.

Tre consigli ai giovani studenti universitari che desiderano intraprendere la sua professione…
«Se hanno intenzione di fare un dottorato e intraprendere una carriera da ricercatore gli direi:

  • Fate un dottorato in una università o centro di ricerca di ottima qualità e noto a livello internazionale
  • Non abbiate paura di sbagliare, l’errore è alla base della ricerca
  • Lavorate su un tema e con modalità che vi piacciono, il dottorato è già di per sé stressante, avrete bisogno di sentirvi contenti di quello che state facendo.»

…Che cos’è INTA Systems?
«INTA è il primo spinoff del Laboratorio NEST della Scuola Normale Superiore e del CNR-NANO di Pisa.

Abbiamo l’onore di essere la prima avventura imprenditoriale di questo importante centro di ricerca sulle nanotecnologie e nanoscienze in generale!

L’azienda infatti rispecchia quella che è l’anima del laboratorio (estremamente multidisciplinare nell’ambito delle nanoscienze): si occupa di nanotecnologia sia dal punto di vista della Fisica che della Biologia.

La società è stata fondata nel 2020 con lo scopo di portare sul mercato dei laboratori on-chip per analisi molecolari veloci, in ambito biomedicale e non.»

Come e quando è nata l’idea del vostro progetto (il laboratorio nanotech on-chip, Braiker)?
«BRAIKER era il mio progetto di dottorato in Normale, sotto la supervisione di Marco Cecchini (ricercatore CNR-NANO, impegnato da oltre 15 anni nella ricerca sulle nanotecnologie e nanoscienze) e con la partecipazione nel progetto di Marco Calderisi (CEO di Kode Solutions, azienda che si occupa di Intelligenza Artificiale).»

Il progetto è iniziato nel 2013 ed è passato da essere una ricerca di base ad avere già un primo riscontro dal mercato.

Come è composto il vostro team?
«INTA è stata fondata da me, Marco Cecchini e Marco Calderisi. Io sono l’amministratore delegato, Cecchini il CTO e Calderisi gestisce la parte di data science e intelligenza artificiale.

Nel CDA sono presenti anche i due fondi di investimento che sono entrati in società a fine Marzo 2021, Anna Amati socia di Eureka! Venture e Giovanni Polidori socio di A11 Venture.»

Qual è la mission del vostro progetto?
«Portare sul mercato una nuova generazione di dispositivi di analisi, in grado di misurare velocemente e in maniera portabile una serie di analiti biologici come batteri, virus, proteine e anticorpi.»

Quali sono le applicazioni concrete e future del progetto?
«La prima applicazione sarà l’individuazione di traumi cerebrali tramite analisi del sangue veloci. Ci concentreremo anche su rilevazione di virus e batteri e stiamo studiando altre applicazioni strategiche anche in ambito food-analysis

Come funziona, concretamente, il lab-on-chip BRAIKER?

  • Da una singola goccia di sangue, BRAIKER rileva un pannello di biomarcatori.
  • Il paziente riceve una diagnosi più precisa senza analisi inutili (e invasive).
  • Se necessario, il personale medico decide per ulteriori analisi riducendo tempi e costi per l’ospedale o per la struttura sanitaria.

Data l’elevata versatilità di Braiker, verranno sviluppate anche applicazioni come la rilevazione veloce di virus e batteri on-chip? Funzionalità che sarebbe ovviamente molto utile nel contrasto del SARS-CoV-2…
«Assolutamente sì! La rilevazione del SARS-CoV-2 rientra fra le strategie di INTA. Speriamo di poter dare il nostro contributo anche in questo senso!

Quindi Detection del SARS-CoV-2, sempre in studi biologici, combinata probabilmente con un test antigienico sempre in maniera “portatile” e contemporaneo all’individuazione del Coronavirus. Un nuovo tool che al momento non esiste sul mercato.»

Adesso di che cosa avreste bisogno per sviluppare al meglio il vostro progetto? Ulteriori fondi di investimento, collaboratori specializzati a supporto del team oppure…
«L’investimento ricevuto ci ha permesso di iniziare a lavorare per la realizzazione del nostro prodotto.

Nei prossimi mesi ingegnerizzeremo il dispositivo e lo valideremo su alcune applicazioni strategiche.»

Successivamente avremo bisogno di nuovi investimenti e di ampliare il nostro team per poter andare sul mercato nel più breve tempo possibile.

Se ce lo può svelare, il vostro team ha già in cantiere un nuovo progetto con il quale “stupirci” nuovamente?
«…Certo che ce l’abbiamo!

Provenendo dal mondo della ricerca, l’esplorazione di nuove soluzioni tecnologiche è alla base del nostro modo di pensare.

Bisogna però tenere presente anche la proprietà intellettuale, per questo non posso svelarlo!

A parte gli scherzi, finanzieremo un dottorato di ricerca presso la Scuola Normale Superiore proprio per sviluppare tecnologie ancora più performanti, facili da usare e a basso costo

Tre “ingredienti” per la “ricetta” della ricerca di successo, come si sta rivelando quella da voi realizzata.
«Siccome odio la parola resilienza, dirò: determinazione, curiosità e un po’ di incoscienza

A livello personale e professionale, dove si vede o dove spera di arrivare da qui a dieci anni?
«Posso dire qualsiasi cosa, non ci ho mai azzeccato!

A parte gli scherzi, spero di creare nuove opportunità professionali e di crescita in questo territorio.»

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Cover Photo by Ian Schneider on Unsplash  

Miriam Bendìa
Tra un viaggio e l’altro, vive a Roma. Ha scritto un pugno di libri. Come Philippe Daverio, sostiene che la vita con l'arte talvolta migliora l'arte della vita. Sogna molto, la notte. E ha imparato, al risveglio, a fidarsi delle proprie visioni oniriche.

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