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Ascoltare il cosmo con l’Einstein Telescope

Un grande progetto di ricerca potrebbe ben presto approdare sulle coste della nostra amata penisola italiana, più precisamente nel territorio sardo. Si tratta dell’Einstein Telescope, un interferometro di terza generazione con lo scopo di rilevare le onde gravitazionali.

L’Italia ha presentato la propria candidatura individuando l’area della miniera dismessa di Sos Enattos in Sardegna come sito per il rilevatore, e al momento è un testa a testa con la candidatura congiunta di Paesi Bassi, Germania e Belgio.

Una volta ultimato, questo nuovo esperimento avrà avviato una vera e propria rivoluzione tecnologica in moltissimi settori dell’industria, tra i quali quello dell’elettronica, della robotica e dell’ottica, mostrando come l’avanzamento scientifico e quello tecnologico non possano che andare fianco a fianco per far progredire l’intera umanità.

Il progetto Einstein Telescope

Come il nome fa intuire, l’Einstein Telescope (ET) è dedicato ad Albert Einstein, che per primo ipotizzò l’esistenza delle onde gravitazionali, principale oggetto di ricerca di questo telescopio. Ad essere precisi, in realtà, l’ET non sarà in osservazione delle onde gravitazionali, ma piuttosto in ascolto: infatti, le onde gravitazionali possono essere considerate come la voce o l’eco degli eventi astrofisici estremi che si verificano nell’universo.

Il progetto di ET segue le orme degli esperimenti da Nobel di LIGO e Virgo, che nel 2015 hanno portato alla prima osservazione delle onde gravitazionali e hanno aperto la strada all’astronomia gravitazionale (ossia lo studio del cosmo attraverso le onde gravitazionali) e all’astronomia multimessaggera (ossia l’utilizzo di più messaggeri cosmici per studiare lo stesso fenomeno astrofisico). L’Italia è stata protagonista dell’inizio di questo nuovo settore della ricerca scientifica grazie all’esperimento Virgo, che si trova all’European Gravitational Observatory (EGO), situato vicino a Pisa.

L’idea alla base del progetto di ET è quella di costruire un enorme laboratorio sotterraneo, a circa 100 o 300 metri di profondità, per ospitare un rilevatore di onde gravitazionali all’avanguardia. La differenza rispetto agli esperimenti ancora in uso oggi si trova principalmente nel volume di universo che ET sarà in grado di osservare: circa mille volte maggiore di quello attualmente studiato.

Basato sulla stessa tecnica di interferometria di Virgo e LIGO, il progetto di ET prevede un rilevatore di forma triangolare con i bracci lunghi 10 chilometri (contro i 4 chilometri di LIGO e i 3 chilometri di Virgo). La particolare disposizione dei bracci, così diversa da quella dei suoi predecessori, serve a migliorare sensibilmente l’efficienza dell’esperimento e a studiare segnali molto deboli, che altrimenti sarebbero difficili da rilevare.

Il funzionamento di un interferometro come ET è molto semplice: all’interno dei bracci sotterranei sono racchiusi dei fasci laser che sono riflessi da degli specchi posizionati alla fine della lunghezza dei bracci. Una volta riflessi, i fasci laser tornano indietro e si sovrappongono, formando così quella che viene chiama figura di interferenza. Ciò accade perché la lunghezza dei diversi fasci è la stessa, e di conseguenza quando si sovrappongono formano questa figura di interferenza perché sono uguali tra di loro.

Tuttavia, quando un’onda gravitazionale attraversa l’interferometro, crea un’oscillazione nella lunghezza dei bracci e di conseguenza lo spazio che i fasci laser percorrono sarà diverso. Non potendosi più sovrapporre perfettamente, i fasci laser, una volta ricomposti alla fine del loro percorso, non creano più la stessa figura di interferenza.


Rappresentazione grafica del funzionamento di Ligo, interferometro di seconda generazione su cui si basa il progetto per ET. Crediti: Ligo website.

Ecco, questa modifica alla figura di interferenza è quello che misurerà ET. L’unico dettaglio importante è che queste variazioni saranno dell’ordine di una frazione di miliardesimo del diametro di un atomo, ed è questo il motivo per il quale ET rappresenterà l’avanguardia tecnologica nella ricerca dell’astronomia multimessaggera: sarà necessaria, infatti, una collaborazione attiva e continua tra ricerca e industria, per fare in modo che l’esperimento riceva le più avanzate tecnologie disponibili.

Gli obiettivi scientifici dell’Einstein Telescope 

L’obiettivo principale di ET sarà quello di studiare il cosmo attraverso le onde gravitazionali. Come già spiegato nell’articolo riguardo al telescopio spaziale Euclid, ad oggi il 95% del nostro universo è formato da materia oscura ed energia oscura, due componenti di cui sappiamo veramente poco al momento. ET potrà aiutarci a comprendere meglio questa parte del cosmo, cercando di verificare alcune ipotesi sulla loro natura, come ad esempio la possibilità che la materia oscura sia contenuta in quelli che vengono chiamati buchi neri primordiali, praticamente impossibili da vedere e rilevabili solamente attraverso le onde gravitazionali che derivano dalla fusione di questi mostri antichi.

Inoltre, studiando all’indietro la storia dell’universo fino al momento in cui è apparsa la prima luce, ET potrebbe arrivare a comprendere l’origine e l’evoluzione del cosmo con una sensibilità mai raggiunta fino ad ora.

Grazie anche alle enormi dimensioni dello strumento, sarà possibile rilevare segnali molto deboli derivanti dalla fusione di oggetti astrofisici estremi, come le stelle di neutroni o i buchi neri troppo lontani per essere individuati con gli odierni esperimenti già in uso. Inoltre, ET ci darà la possibilità di osservare fenomeni ancora sconosciuti, come ad esempio il fondo cosmologico di onde gravitazionali, un “rumore” persistente e continuo che permane l’universo da sempre, ma decisamente troppo debole per essere rilevato con la sensibilità di adesso.

La creazione di un catalogo così esteso di eventi astrofisici estremi darà l’opportunità ai ricercatori di studiare in maniera sempre più dettagliata caratteristiche della fisica nucleare non realizzabili sulla Terra, mettendo in piedi un vero e proprio “laboratorio del cosmo”. Sarà inoltre possibile osservare il comportamento della relatività generale in ambienti estremi, come ad esempio all’interno di buchi neri supermassicci, per testare i limiti della teoria ed eventualmente aprire la strada alla tanto agognata unificazione con la meccanica quantistica.

Combinare l’infinitamente grande con l’infinitamente piccolo è sempre stato il sogno proibito della comunità scientifica, e grazie a ET potremmo essere un passo più vicini a realizzarlo.

La miniera di Sos Enattos

Il luogo che verrà scelto per ospitare questo importante progetto scientifico è di vitale importanza: per un esperimento così sensibile è necessario tener conto di numerosi fattori, quali le condizioni geologiche, l’accessibilità, l’infrastruttura, l’ambiente circostante e le considerazioni logistiche.

La miniera di Sos Enattos in Sardegna offre numerose ragioni di carattere geologico per essere considerata il luogo ideale per la costruzione di ET.

Innanzitutto, il territorio della Sardegna risulta essere un territorio con bassa attività sismica, complice il fatto che l’isola costituisce una microplacca, ossia una porzione separata della placca Euroasiatica che non è collegata alle regioni tettonicamente più attive. Questo si traduce nella quasi totale assenza di sismicità o vulcanismo, due fonti di rumore sismico che potrebbe disturbare in modo significativo le prestazioni del rilevatore di ET. Essendo inoltre un’area caratterizzata da formazioni rocciose massicce, questo sito italiano sarebbe ideale per la costruzione sicura degli ambienti sotterranei destinati a ospitare il laboratorio.

In aggiunta, nella zona della miniera di Sos Enattos non sono presenti molte falde acquifere, e questo contribuisce a ridurre al minimo la possibilità di infiltrazioni d’acqua negli ambienti sotterranei del laboratorio, che potrebbero causare seri problemi alla strumentazione. Infine, bisogna considerare anche che tutta la zona intorno al sito ha una densità di popolazione molto bassa, essendo caratterizzata da ampie zone rurali in cui l’attività umana e industriale è molto limitata. Tutto ciò contribuisce a rendere il luogo della miniera di Sos Enattos un ambiente “silenzioso” dal punto di vista fisico, con bassa attività sismica e isolato da qualsiasi “rumore” che potrebbe compromettere la precisione delle osservazioni condotte da ET.

Non bisogna dimenticare che l’ex miniera di Sos Enattos in realtà ospita già un sito scientifico: si tratta del laboratorio SAR-GRAV e dell’esperimento Archimedes. Il laboratorio SAR-GRAV si occupa già dal 2019 di realizzare un’infrastruttura a basso rumore sismico per rilevare e studiare le onde gravitazionali nel contesto della fisica della gravitazione e della geofisica. Attualmente, il laboratorio si sta occupando, insieme al suo esperimento Archimedes, di verificare l’idoneità del sito di Sos Enattos e di supportare la sua candidatura nell’ambito del progetto di ET.

Il comitato per la candidatura italiana per il sito del futuro Einstein Telescope

La candidatura italiana per il sito del futuro Einstein Telescope è supportata da un Comitato Tecnico-Scientifico costituito dalle menti più brillanti del nostro Paese. A capo del gruppo troviamo il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, mentre al suo fianco abbiamo l’ambasciatore Ettore Segui, già Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la scienziata dell’INF Marica Branchesi e il suo collega del Gran Sasso Institute Fernando Ferroni, e infine il presidente dell’INFN Antonio Zoccoli.

La candidatura è naturalmente sostenuta dal Governo Italiano, dal Ministero dell’Università e della Ricerca e dalla Regione Autonoma della Sardegna.

Se approvata, la costruzione di questo gigantesco rilevatore potrebbe beneficiare non solo la regione della Sardegna in termini di infrastrutture, posti di lavoro e collegamenti via terra, ma anche rilanciare la ricerca italiana e fornire il giusto riconoscimento che la comunità scientifica italiana merita da anni.

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E soprattutto ricordati… Non smettere mai di guardare verso le stelle.

Martina D'Arco
Martina D'Arco è una studentessa di Fisica delle Particelle con una grande passione per la scrittura sin da piccola. Dopo aver visitato il CERN per la prima volta nel 2018, aveva promesso a se stessa che sarebbe tornata, questa volta per restare. E così è stato: ha conseguito la laurea triennale in Fisica all'Università La Sapienza di Roma, e attualmente frequenta il Master in Particle Physics all'Università di Ginevra. La sua frase distintiva è: "Non smettere mai di guardare verso le stelle".

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