Perché analizziamo il clima del passato? Ce lo racconta la paleoclimatologa Michela Leonardi da Cambridge.
Tutti noi siamo, o dovremmo essere, interessati alla situazione climatica globale. Come sappiamo, i cambiamenti innescati dalle attività umane sono una seria minaccia alla nostra stessa esistenza futura, nonché un fenomeno che influenza economia, agricoltura, migrazioni e guerre nel nostro presente. Molti scienziati si dedicano quindi allo studio del clima e alle possibili soluzioni per far fronte a quella che si presenta come una vera e propria crisi climatica.
Ma alcuni di loro si interessano in particolare al clima del passato, quello che ha influenzato l’evoluzione dei viventi, compresa la nostra specie.
Ne abbiamo parlato con Michela Leonardi, ricercatrice Post Doc presso l’Università di Cambridge, nel Regno Unito: un’archeologa, specializzata in paleobiologia che studia come i cambiamenti climatici abbiano influenzato la nostra storia passata, presente e in parte futura.
Quindi ti occupi di paleoclima… Ho letto uno dei tuoi articoli sul periodo post glaciale. In genere in questi articoli ci si occupa di specie che con il cambiamento climatico si sono estinte, invece tu ti sei concentrata su quelle che sono sopravvissute. Puoi parlarcene?
«Il clima è sempre cambiato nella storia della Terra e questo non significa che quello che sta accadendo adesso sia “naturale”, perché i cambiamenti stanno avvenendo a una velocità mai vista prima. Detto questo, i cambiamenti sono sempre avvenuti; quello più famoso è l’ultima era glaciale… Tutta la parte nord del continente europeo era coperta dal ghiaccio perenne, quello che possiamo vedere ora in Siberia, quindi era diversa anche la disposizione delle piante.
Poco dopo il picco dell’era glaciale (21000 anni fa), 12000 anni fa c’è stata un’inversione verso il caldo. Questo ha fatto sì che molte specie non siano sopravvissute… La più iconica, a parte Neanderthal, è il mammut.
Ci siamo concentrati su quattro specie molto comuni: il cavallo, l’uro (l’antenato selvatico dei nostri bovini domestici), il cinghiale e il cervo. Il cavallo e l’uro sono animali da ambiente aperto, mentre cervo e cinghiale sono specie forestali.
I dati bibliografici e le datazioni al radiocarbonio sono stati associati alle ricostruzioni climatiche preistoriche.
Questo ha tre possibili interpretazioni:
- adattamento (ma i tempi sono troppo brevi),
- occupazione di nicchie rimaste libere dalle specie estinte dopo la glaciazione,
- selezione da parte umana delle specie cacciate (i nostri dati vengono da scavi archeologici, quindi resti di pasti).
Ricordiamoci che queste specie hanno un vantaggio evolutivo: flessibilità nella dieta e nella facilità di conquistare ambienti di tipo diverso.»
Parlaci di pastclim, una piattaforma digitale per analizzare il paleoclima. Cos’è? Come funziona? Come si può utilizzare, cosa ci può dire dell’evoluzione delle specie?
«La definizione migliore di pastclim l’ha data la divulgatrice Annalisa Plaitano: è un motore di ricerca per il clima del passato.
I miei colleghi del gruppo di Ecologia evolutiva dell’università di Cambridge hanno creato delle ricostruzioni del clima del passato (una cosa molto difficile, perché è influenzato da un insieme di concause) fino a 800 mila anni fa.
Il programma gira su R, un linguaggio di programmazione usato in ambito soprattutto biologico.
I dati si usano concentrandosi sul fatto che qualunque specie vive in un determinato ambiente e l’ambiente cambia col clima, che è stato uno dei motori dell’evoluzione delle specie nel tempo. Quindi studiare il clima ci dà un’idea di quello che stava succedendo in un determinato lasso di tempo e di escludere spinte dell’evoluzione dovute ad altri fattori. Per esempio nella storia della nostra specie alcuni avvenimenti erano dovuti al clima, alle innovazioni tecnologiche, ecc.
Per esempio uno studio evidenzia come l’emicrania è legata alla migrazione della specie umana dall’Africa verso climi più freddi. Capire queste cose, ci permette di capire come affrontare questa malattia, per la sua diffusione e per il suo aspetto epidemiologico e soprattutto medico.
Studiare l’evoluzione ci può quindi aiutare a risolvere problemi della nostra vita quotidiana.»
Credi che conoscere come il clima del passato ha influenzato l’evoluzione, possa darci indicazioni su quello che potrebbe cambiare in futuro?
«Per certi versi sì, per altri no. Analizziamo il percorso evolutivo: come eravamo, come siamo oggi e come siamo arrivati a quello che siamo. Possiamo avere delle indicazioni, così come valeva per animali che non si sono estinti nel periodo postglaciale: sapendo dove vivevano prima della glaciazione, abbiamo un’idea di dove potrebbero vivere in futuro. E quindi dal punto di vista della comprensione dei processi, il clima è fondamentale.
Le aree naturali sono sempre meno e sempre più frammentate. Quando il clima cambia una specie ha solo due possibilità: o si adatta o si sposta. Se si adatta ha bisogno di molto tempo, attraverso varie generazioni, quindi non è una strada percorribile. La seconda possibilità è che la specie si sposti, ma purtroppo oggi non può spostarsi ovunque voglia: pensiamo alle barriere causate da autostrade, città, coltivazioni… Quello che possiamo fare è mantenere le aree naturali che ci sono, aumentarne il numero e conservare un elevato livello di diversità all’interno di esse, per far sì che più specie possibili possano sopravvivere. Questo è il primo passo.»
Hai creato un progetto di un gioco da tavolo sul tema del clima: “Climate change – The board game“. Puoi spiegarci cosa ti ha spinto, a parte passione e divertimento, a crearlo? Pensi che sia uno strumento per avvicinare i “profani” alla questione climatica?
«L’ho creato perché dovevo fare per il Museo di Zoologia di Cambridge un’attività divulgativa pratica per le scuole, che avesse a che fare con il mio lavoro. Se i miei colleghi potevano portare terrari, conchiglie, animali ecc., io passavo tutto il giorno al computer.
Come realizzare una cosa del genere? Quindi ho pensato di portare nel pratico le simulazioni sul clima e sull’evoluzione genetica che utilizzavo ogni giorno.
Giocando, quando giocatori e giocatrici si rendono conto che non vincono, comprendono quanto sia complessa questa relazione tra evoluzione, sopravvivenza e clima, con il peso dei vari fattori coinvolti.
Il gioco, Climate change – The board game, è molto semplice ed è fatto per durare una mezz’oretta: è gratuito, scaricabile e stampabile dal sito. C’è anche la possibilità di giocare online.»