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Francesca La Scala: «Dirigere uno spettacolo è come partorire (con gli stessi dolori a volte)!»

Oggi conosciamo meglio Francesca La Scala: attrice della scena teatrale romana che spazia, con animo versatile, dal comico al drammatico, dal teatro al cinema e che, ora, si cimenta anche con la regia.

Il suo nuovo progetto teatrale Qua Siamo, che la vede appunto nelle vesti di regista, debutterà il 14 e 15 novembre al Teatro Porta Portese di Roma. 

Ph Francesca La Scala nel back stage, ritratta da Francesca Rachele Bartoli

Tu nasci come attrice: quando hai iniziato la tua carriera e perché hai scelto questo mestiere?

«In realtà nasco come ballerina e cantante, il teatro è arrivato in un secondo momento, a 17 anni.

Credo che, più che scegliere, io sia stata scelta nel senso che mi veniva tutto in modo molto naturale.

Ci sono persone a cui viene facile la matematica, a me fare una spaccata, un acuto o immedesimarmi in qualcun’altra.»

Anche se ho dovuto combattere per fare questo mestiere, in quanto non sono una figlia d’arte e la mia è una famiglia modesta, ma il teatro era il luogo in cui sentivo di potermi esprimere e crescere come individuo.

Che tipo di percorso artistico hai intrapreso?

«Va da sé che, avendo avuto una formazione in diverse discipline, anche il mio percorso è stato piuttosto variegato!

Ho vinto una borsa di studio al Conservatorio Teatrale ex Scaletta (dove ho studiato con G. B. Diotaiuti e A. Pierfederici). Dopo il corso, ho fatto molta ricerca sperimentale e nuova drammaturgia.

Ho lavorato per anni con la Compagnia delle Stelle al teatro Sistina, in musical per ragazzi.

Ho fatto prosa, commedia e anche ora, dopo tanti anni (circa 30), ho la necessità di andare oltre i miei limiti!

Lavorare con registi diversi, acquisire sempre nuovi strumenti per elaborare un personaggio e restituirlo al pubblico, negli ultimi anni anche lavorando nel cinema indipendente non solo in teatro.»

Photo by Gabriella Deodato

Che cosa pensi del mestiere dell’attrice oggi in Italia? Quali criticità hai riscontrato in questa professione?

«Sono stata sempre fuori da ogni tipo di logica del tipo: “frequento un certo ambiente x perché mi permette di arrivare a y“. Probabilmente sbagliando, in quanto così arrivi a sapere le cose sempre più tardi degli altri meglio “inseriti”…

I provini per esempio, oggi sembra che con i social sia tutto più accessibile ma in realtà credo sia ancora peggio. Basta avere un bel po’ di follower, a quanto pare, per diventare un personaggio di successo, ma ciò non vuol dire essere un professionista.

Credo che, mentre all’estero sanno ben distinguere le due cose e sfruttarle entrambe, qui no. O fanno finta di non saperlo… Se non con rare eccezioni, si dà risalto, e soprattutto lavoro, a persone che tutto sono tranne che artisti e si lasciano ai margini i veri professionisti del settore (uomo o donna che siano.» 

Photo by Gabriella Deodato | MUA Viviana De Franco

Come è avvenuto il passaggio alla regia?

«Per quanto riguarda la regia, all’inizio è stato per necessità.

Per alcuni anni ho avuto una mia compagnia di teatro per ragazzi, eravamo in tre a fare tutto e ci siamo divisi i compiti.

A me è toccato di montare gli spettacoli.

Dirigere è come partorire (con gli stessi dolori a volte).

Devi comporre un puzzle, creare quasi dal nulla, ma la verità è che spesso i colleghi chiedono la mia opinione e spesso mi sono ritrovata a tirar fuori idee alle quali altri non avevano pensato. Oppure a dare una chiave diversa di interpretazione, così tre anni fa ho scritto e diretto uno spettacolo per Loretta Rossi Stuart inserendo anche dei video con la mia regia.

Mi sentivo molto più emozionata, in regia, di quando vado in scena io stessa.

Poi durante il lockdown ho frequentato dei seminari di regia on line tenuti dal maestro Giancarlo Fares.

Diciamo che la mia sete di imparare non si placa mai…»

Raccontaci questo nuovo progetto intitolato “Qua Siamo”…

«Marina Vitolo mi ha proposto di dirigere lei e Flavia Di Domenico in questo progetto.

Hanno scritto un testo che parla di due attrici eterne rivali: molto divertente, il tema è proprio quello della notorietà e anche dei fallimenti.

Ho capito subito che, nonostante sia una commedia brillante, si poteva tirare fuori un bel lavoro dolce amaro.» 

Francesca La Scala in S’Ignora, in scena al Teatro dell’Orologio di Roma 

Dopo tanti anni di duro lavoro, come valuti le risorse economiche destinate alla cultura, in Italia, e le tutele per i lavoratori dello spettacolo?

«Se parliamo di risorse pubbliche, credo che andrebbero distribuite meglio.

La recente situazione con la pandemia ha sicuramente evidenziato che il nostro settore va regolarizzato diversamente, tutelato di più.

Non siamo un settore economico accessorio ma necessario alla crescita e al benessere della collettività.

Gli investitori privati, a meno che non siano dei mecenati, ovviamente pensano al profitto personale ma lo stato dovrebbe garantire la cultura ai cittadini tutti, anche a chi non può permettersi di andare a teatro.

In questo momento per esempio sto collaborando con un’altra compagnia in un progetto per le scuole che ha come focus la cultura e come questa può letteralmente salvarti la vita, dandoti gli strumenti per comprendere la società.»

Il grado di civiltà di un popolo passa sempre attraverso la sua capacità di riconoscere la bellezza e l’importanza dell’arte. 

Photo by Gabriella Deodato

Quali progetti hai per il futuro?

«Se c’è una cosa che mi fa dimenticare la recitazione, il teatro, insomma il lavoro in generale è partire per paesi lontani che non conosco. Mi intristisce molto pensare che al momento viaggiare non è sicuro.

Ho un’anima piuttosto vagabonda quindi spero che questa situazione si normalizzi, per poter tornare a scoprire culture diverse dalla mia. Processo che poi fa parte sempre di una certa ricerca interiore.

Per quanto riguarda il lavoro, mi sto dedicando, con il mio compagno Francesco de Laurentiis e il mio amico regista Matteo Scarfò, alla produzione di cortometraggi.

Attualmente la nostra ultima produzione è su MYmovies per chi volesse curiosare, il titolo è Pale blue dot – a tale of two stargazers. Girato tra la Sila e Terracina, sta vincendo tantissimi premi qui e all’estero ed è una grande soddisfazione anche perché la fantascienza è il genere amo di più.

Abbiamo in cantiere anche un lungometraggio.

Ho ricominciato a cantare seriamente, sotto la direzione della fantastica Sarah Biacchi la quale mi ha fatto riscoprire questa parte di me che avevo un po’ messo in disparte.

È come se il nastro si stesse riavvolgendo e la vita mi dicesse che le risorse che abbiamo rimangono solo sopite, negli anni… Basta stimolarle di nuovo per vederle rinnovarsi, di questo passo conto a 70 anni di mettere finalmente le punte

Cover Ph: Francesca La Scala nel back stage, ritratta da Francesca Rachele Bartoli.

Alessandra Magrini
Siamo tutte stelle e meritiamo di brillare. Ho camminato, osservato, vissuto già diecimila secoli e mille vite... Qualcuna è arrivata anche qua.

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