Film d’apertura della sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, The eyes of Tammy Faye, diretto da Michael Showalter, ripercorre la carriera televisiva della famosa coppia di predicatori Jim Bakker e Tammy Faye. Negli anni in cui l’America, governata da Ronald Reagan, era contro gli omossessuali, Tammy Faye e Jimm Bakker sconvolsero l’opinione pubblica evidenziando l’importanza dell’accettazione di ogni persona predicata dalla figura di Gesù.
Basato sul documentario omonimo di Fenton Bailey e Randy Barbato, il film racconta l’ascesa e il declino dei due telepredicatori evangelisti che, tra gli anni ’70 e ’80, crearono uno dei più grandi network televisivi sulla religione. Il regista parte dall’infanzia di Tammy arrivando all’incontro adolescenziale con Jim e alla “chiamata” che ha portato entrambi a predicare per tutta l’America fino a raggiungere il mondo della televisione. Questi primi anni ci vengono presentati come un continuo periodo di pace e felicità, ma la situazione inizia a peggiorare quando la coppia inizia a farsi corrompere dal successo.

Il film ci mostra quello che avviene dietro le quinte dello show focalizzandosi nelle vite dei due personaggi e negli aspetti della loro esistenza colti superficialmente nella trasmissione. The Eyes of Tammy Faye è la storia vista dagli occhi della protagonista che ha trovato l’amore in Dio: fin da quando era bambina crede che Egli si trovi all’interno del suo corpo e della sua testa, da pregare così in silenzio perché sicura di essere ascoltata.
L’opera di Michael Showalter non è la classica storia scontata sulla parabola del successo ma è l’evoluzione, ben ricostruita, della relazione tra due persone piena di contraddizioni e incertezze: un amore, il loro, forse di facciata o forse veramente corrisposto dove niente è come sembra in una vicenda dove l’apparenza è la cosa più importante.
The Eyes of Tammy Faye è un biopic ben fatto con delle ottime prove attoriali, soprattutto quella di Jessica Chastain, che riesce a sfruttare bene le sue qualità, mancando, però, quel qualcosa in più per risultare, in questo genere, un gradino sopra tutti.